ITALIA E LAICITÀ, L'ANALISI DEL VICEPRESIDENTE UCEI 

Crisi di governo e crisi della coscienza civile

Ci voleva una crisi di Governo perché, in sede istituzionale, si ricordasse al ministro dell’Interno che la laicità è un principio irrinunciabile dello Stato. 
Ha sicuramente sorpreso il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che nei suoi ultimi minuti da Premier ha attaccato Matteo Salvini, con un sussulto laico di cui non si può che rallegrarsi, anche se non cancella molti, troppi mesi di silenzio. 
L’uso e il richiamo a simboli religiosi in eventi pubblici, sempre più sfacciato negli ultimi mesi, era partito da Milano il 25 febbraio scorso, quando in piazza Duomo il ministro dell’Interno aveva giurato sul Vangelo e sul rosario e il 18 maggio, solo per citare gli episodi più eclatanti, aveva insistito dal palco della manifestazione sempre in piazza Duomo, affidando l'Ue "ai sei patroni dell’Europa" e "l’Italia, la mia e la vostra vita al cuore immacolato di Maria, che son sicuro - aveva concluso - ci porterà alla vittoria". A tacere di quanto avvenuto, all’apertura della crisi di governo, l’8 agosto, allorché, incontrando i cittadini nel suo tour calabrese, ha nuovamente ostentato pubblicamente il rosario.
Eppure il ministro avrebbe dovuto ben sapere che il Ministero dell’Interno alla cui guida da 14 mesi sedeva, racchiude nella sua vasta sfera istituzionale anche il Dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione, che opera nell'ambito delle "funzioni e compiti spettanti al Ministero nella tutela dei diritti civili", occupandosi di immigrazione, asilo, cittadinanza, e anche di confessioni religiose. E che in tale ambito è inserita, giova ricordarlo, la Direzione centrale per gli Affari dei culti, che ha il compito di vigilare sulla "concreta osservanza dei princìpi contenuti negli articoli 3, 8 e 19 della Costituzione e delle normative vigenti, ordinarie e speciali, in materia di libertà religiosa e di regolamentazione dei rapporti Stato-Confessioni religiose, per rendere effettivo il diritto alla libertà religiosa".
Ci è voluto dunque il dibattito in Senato per ricordarglielo e per sentir rivendicare in una sede alta il principio della laicità delle istituzioni, riconosciuto trent’anni fa in una storica sentenza della Corte costituzionale, la n. 203 dell’11 aprile 1989, che ha stabilito che la laicità è “principio supremo, che si pone ad un livello superiore sia rispetto alle leggi primarie che rispetto alle leggi di rango costituzionale”.
Vale la pena rileggere quanto ha detto Conte, dopo aver ricordato, quasi ce ne fosse stato bisogno, che la cultura delle regole e il rispetto delle istituzioni certamente non si improvvisano, ma sono qualità fondamentali: "Chi ha compiti di responsabilità dovrebbe evitare durante i comizi di accostare agli slogan politici i simboli religiosi" e, tra applausi scroscianti di gran parte dell’Aula e il volto contrito di Salvini che alzava gli occhi al cielo e baciava il rosario, ha concluso così la sua requisitoria: "questi comportamenti non hanno nulla a che vedere con il principio di libertà di coscienza religiosa, piuttosto sono episodi di incoscienza religiosa che rischiano di offendere il sentimento dei credenti e nello stesso tempo di oscurare il principio di laicità, tratto fondamentale dello Stato moderno".
Sono parole che Conte non aveva mai detto direttamente a Salvini, scontate ma importanti per la circostanza in cui sono state pronunciate e soprattutto perché hanno attirato l'attenzione di milioni di italiani su un tema non strettamente politico.
Certo, il Presidente Conte ha dimenticato di dire che gli episodi di "incoscienza religiosa" di cui si è reso responsabile il ministro dell'Interno non hanno offeso solo il sentimento dei credenti, ma anche quello dei non credenti e di chi professa altre confessioni religiose.
Ma va bene così: la lezione è stata impartita e si spera sia servita agli italiani.

Giulio Disegni, vicepresidente Unione delle Comunità Ebraiche Italiane

ISRAELE - PROSEGUE LA CACCIA AI TERRORISTI IN CISGIORDANIA 

Rina, giovane vittima dell'odio palestinese

“Volevo credere fosse solo un sogno ma poi ho visto Rina senza vita”. Il doloroso racconto alla stampa del rabbino israeliano Eitan Shnerb all'indomani dell'attacco terroristico palestinese in cui ha visto morire sua figlia Rina. La giovane di 17 anni è stata investita dall'esplosione di una bomba artigianale posizionata su un sentiero per una sorgente naturale in Cisgiordania. Nell'attacco il fratello di Rina è rimasto gravemente ferito. “Abbiamo iniziato a scendere verso la sorgente, e quando ci siamo avvicinati c'era una bomba lungo la strada. Ho sperimentato diverse bombe nella mia vita e mi sono sempre salvato, grazie a Dio. Ma questa ci ha preso”, ha raccontato Eitan Shnerb ai giornalisti dal suo letto d'ospedale, dove è ricoverato in condizioni stabili. “Ho sentito Dvir che gridava, e ho immediatamente chiamato Rina, gridando il suo nome: 'Rina, Rina'. Ho guardato in basso e ho visto che non era viva”. Centinaia le persone che hanno voluto portare un ultimo saluto alla giovane, sepolta nella sua città, Lod, nel centro d'Israele. “Mia cara Rina, ci è stato concesso di averti con noi per quasi 17 anni. Ci è stato concesso il meglio di te, la tua sensibilità, di vedere come ti sforzavi costantemente per migliorare, per imparare, per capire”, ha ricordato la sorella Tamar durante il funerale. “Questo buco non è solo sentito dalla famiglia; è un vuoto nel cuore della nazione. - ha proseguito la sorella - Questo spazio ora ha bisogno di essere riempito; il lavoro inizia ora. Carissima, cara Rina, grazie per gli anni passati con te, spero che insieme potremo compiere la missione che ci hai lasciato”.



Rassegna stampa

I grandi della Terra
si incontrano al G7

Al via ieri a Biarritz, in Francia, la riunione dei G7, apertasi con un incontro-pranzo a sorpresa tra il presidente Usa Trump e il presidente francese Macron. Quest’ultimo ha detto di aver due obiettivi fondamentali: “Diminuire le tensioni e aggiustare la situazione riguardo i commerci, e trovare nuove strade per rilanciare la nostra economia”. L’obiettivo francese – e non solo – è quello di cercare di porre un freno alla guerra commerciale tra Usa e Cina, che sta influenzando in negativo l’economia mondiale (Corriere e La Stampa). Altri temi caldi del G7, i rapporti con la Russia, la minaccia iraniana e l’accordo sul nucleare (che Francia, Germania e Gran Bretagna vorrebbero conservare), e il clima, con la situazione critica dell’Amazzonia (La Stampa).


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IL RICORDO DELLE STRAGI NAZISTE  

Italia e Germania, insieme 
per la Memoria

“Mai più nazionalismo sfrenato, mai più razzismo e violenza: dobbiamo ricordarlo nel momento in cui il veleno del nazionalismo torna ad infiltrarsi in Europa”. Lo ha detto nelle scorse ore il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, commemorando l’eccidio nazifascista di Fivizzano di 75 anni fa insieme al presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nel suo discorso, tenuto in italiano, Steinmeier ha richiamato le responsabilità tedesche per le stragi naziste compiute in Italia: “Sono davanti a voi come presidente federale tedesco e provo solo vergogna per quello che i tedeschi vi hanno fatto, mi inchino davanti ai morti e chiedo perdono per i crimini perpetrati da mano tedesca”. “Noi tedeschi sappiamo che la nostra responsabilità per questi crimini non ha fine” ha aggiunto, aprendo e concludendo il suo discorso con una citazione di Primo Levi: “Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”. Parole che Steinmeier ha voluto ripetere anche in tedesco come messaggio alla sua nazione. “Se accedessimo alla tesi dell'oblio, rischieremmo di dimenticarci anche che in quei drammi affondano le radici e le ragioni del lungo percorso che, attraverso la lotta in Europa contro il nazifascismo, attraverso la Resistenza, con il recupero dei valori democratici e di libertà, ci ha portato alle nostre Costituzioni e nel successivo percorso di integrazione europea, alla nostra comune prospettiva storica”, le parole del Capo dello Stato Mattarella.

Diritto e obbligo
“La nozione di obbligo sovrasta quella di diritto. Un diritto non è efficace di per sé, ma solo attraverso l’obbligo cui esso corrisponde; l’adempimento effettivo di un diritto non proviene da chi lo possiede, bensì dagli altri uomini che si riconoscono, nei suoi confronti, obbligati a qualcosa. L’obbligo è efficace allorché viene riconosciuto. L’obbligo, anche se non fosse riconosciuto da nessuno, non perderebbe nulla della pienezza del suo essere. Un diritto che non è riconosciuto da nessuno non vale molto.” Simone Weil, La prima radice. SE, Milano, 1990, p.13.
Da tenere a mente quando si tratta di ricominciare.
                                                                          David Bidussa, storico delle idee
Slealtà e realtà
Non può sorprendere più di tanto l’accusa che Donald Trump ha rivolto a quei cittadini ebrei americani che, votando per il Partito democratico, manifesterebbero «grande slealtà» (testualmente: «Penso che qualsiasi ebreo voti per un democratico dimostra che è poco informato oppure una grande slealtà»). Questione di fondo: slealtà nei confronti di chi? Degli Stati Uniti, di cui gli elettori in questione sono cittadini a pieno titolo? D’Israele, di cui, fino a scelta contraria, buona parte degli ebrei statunitensi non sono cittadini? Non si tratta di domande da poco. In tutta probabilità, Trump è scarsamente interessato agli «ebrei» come tali, nei cui confronti sembra nutrire una visione sostanzialmente stereotipata, ossia poco propensa a capire chi essi effettivamente siano (almeno cinque milioni di individui, vivacemente e bizzarramente differenti tra di loro, senz’altro molto legati all’American Heart and Soul), preferendo semmai ragionare secondo una logica di senso comune, di cui rivendica da sempre di essere l’esponente più titolato se non il campione. In franchezza, urlare all’antisemitismo da subito, è forse un poco eccessivo.
Claudio Vercelli, storico
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