IL CONTROVERSO "UN POPOLO COME GLI ALTRI" DA OGGI IN LIBRERIA
Quelle trappole da evitare (anche da parte degli storici)
Prosegue il dibattito su “Un popolo come gli altri” (Donzelli editore), il nuovo saggio dello storico Sergio Luzzatto da oggi in libreria. All’interno del libro anche un attacco al giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche, che in passato, grazie anche al contributo di un testimone chiave, aveva decostruito parte dell’impianto su cui si fondava il libro Partigia e il tentativo di Luzzatto di gettare una grave ombra sulla figura di Primo Levi.
Pubblichiamo una riflessione della storica Anna Foa (nell’immagine).
Come storica faccio miei, devo dirlo subito, molti dei punti di partenza di Sergio Luzzatto. Ma non si tratta poi di grandi novità, o di proposte scandalose, bensì nella maggior parte dei casi di proposte storiografiche condivise dalla maggior parte di storici che si occupano di ebrei, in Italia come in Israele e negli Stati Uniti. Che uno storico debba parlare di storia degli ebrei e non di storia dell’ebraismo, questo mi sembra ovvio, a meno di non essere uno storico delle idee o del pensiero religioso. Noi storici, come diceva Marc Bloch, altro ebreo, siamo come gli orchi, andiamo dove sentiamo odore di carne e di sangue. Cioè della vita degli uomini. E ancora, mi sembra ovvio che la storia degli ebrei non deve essere vista con approcci particolari, come una storia a sé. Però questo lo dicono da cinquant’anni almeno la maggior parte degli storici seri, tranne quei pochi che ancora cercano nella storia degli uomini la mano di Dio. Una storia come le altre, non la storia del popolo eletto. Certo. In questo caso Sergio Luzzatto sfonda, mi sembra, una porta largamente aperta. E di nuovo, condivido con Luzzatto l’idea che l’introduzione del paradigma della vittima sia stato deleterio per ebrei e non ebrei. Su Israele, che è l’altro punto su cui la discussione può diventare accesa, Luzzatto maneggia in profondità la storiografia angloamericana ma anche quella israeliana. E molte delle critiche più accese ad Israele e alla sua politica sono, come nella recensione a Zertal, il frutto del confronto con una storiografia molto critica dal punto di vista della rilettura del passato e molto impegnata politicamente come quella israeliana. E gli storici, anche quelli israeliani, indagano e scrivono per creare conoscenza, discussioni, polemiche. Non diciamo che in Israele certe cose si possono dire e qui no. Vorrei suggerire, tanto per mostrare che anche in Italia la storiografia non è così arretrata come mi sembra Luzzatto pensi, il libro recente di Arturo Marzano, Storia dei sionismi, in cui molte delle sue suggestioni trovano spazio e discussione senza mai diventare provocazioni.
E ancora, Luzzatto è uno storico serio, che ha scritto libri importanti ed altri, come Partigia, che non sono piaciuti a molti, fra l’altro neanche a me. Ma questo succede e non solo tra colleghi, ma anche nel rapporto tra gli scrittori e il loro pubblico. Niente di nuovo sotto il sole, anche qui. Dirò di più: in questo libro sono citati, e recensiti, dal momento che di una raccolta di recensioni degli ultimi vent’anni si tratta, molti scrittori da me amati, come Amos Oz, molti storici da me apprezzati, molti libri prediletti. Eppure, mi ritrovo leggendo a volte irritata, altre perplessa, con la sensazione che la premessa del discorso non porti davvero alle conseguenze che Luzzatto ne trae. Che non ci sono intorno a noi solo integralisti religiosi e politici, che c’è molto spazio aperto alla discussione, che non siamo tutti, almeno noi storici ebrei, fondamentalisti e persecutori. Mi rendo conto che su Partigia, un libro che poteva apparire volto ad épater le bourgeois, la discussione è stata accesa, ma mi sembra che il riferimento principale di Luzzatto sia al dibattito sul libro di Ariel Toaff Pasque di Sangue. E qui mi sembra che Luzzatto tenda davvero ad esagerare. Gli storici che hanno criticato Toaff non lo hanno fatto perché pensavano che gli ebrei sono stati solo vittime, nella storia. O perché pensavano che degli ebrei nihil nisi bonum. Insomma, per motivi politici. Ma perché, semplicemente, consideravano le sue conclusioni metodologicamente sbagliate. E non perché contestavano che si potesse dire la verità sotto tortura, ma perché c’erano nelle analisi di Toaff buchi, salti in avanti, conclusioni che in base alle fonti utilizzate non potevano essere tratte.
Insomma, in questo mondo in cui tutto è estremizzato, dal linguaggio al pensiero, perché non cerchiamo almeno noi studiosi di evitare gli estremismi, le provocazioni? Di dire tutto, sì, di discutere senza remore, ma sommessamente, senza gridare.
Anna Foa, storica
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IL DOSSIER DI PAGINE EBRAICHE
Primo, il torinese cittadino universale
Nelle pagine del dossier "Primo Levi a Torino" curato da Daniel Reichel su Pagine Ebraiche di settembre, un tributo nel centenario della nascita del grande scrittore e Testimone, raccontato attraverso i luoghi cui ha dato un significato particolare parlandone nei libri o nelle interviste.
“I biografi di Primo Levi, dal miglior al peggior intenzionato, sembra vadano sempre a finire nella scala di casa sua. Cominciano e finiscono lì il loro discorso. Se dovessi parlare della sua casa io mi limiterei a citare le parole che lui stesso scrive in L’altrui mestiere: ‘Abito da sempre (con involontarie interruzioni) nella casa in cui sono nato’”. Non ama limitare Primo Levi alla geografia o a un luogo specifico il consulente letterario Domenico Scarpa, tra le colonne del Centro internazionale di Studi Primo Levi di Torino. Per Scarpa l’importante è il pensiero intellettuale del grande scrittore, non la collocazione sulla mappa della città del suo vissuto. Non che non abbia significato, afferma il ricercatore che assieme a Roberta Mori ha curato l’Album Primo Levi (Einaudi) “per rendere finalmente visibili dei fatti, dei luoghi, delle persone legate a Levi ma tenendo in conto che al centro ci sono l’opera e l’esperienza dello scrittore”.
Nell’Album è indicata una cartina che indica alcuni dei luoghi di Levi a Torino: dalla casa alla scuola elementare, dal negozio del nonno materno al liceo D’Azeglio, dalla sinagoga all’istituto di chimica. Torino fu il centro di partenza della storia leviana, ne influenzò la vita, come si racconta in queste pagine, ma – ammonisce Scarpa – sarebbe sbagliato circoscrivere il suo lavoro a una città.
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LA GIORNATA DEL 15 SETTEMBRE
"La differenza tra sogno e speranza"
È in programma domenica la ventesima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica, che avrà in Parma la città capofila per l’Italia. Visite guidate a sinagoghe, musei e quartieri ebraici, concerti, incontri d’autore, spettacoli teatrali, degustazioni casher e iniziative per i più piccoli: 88 le località in cui si cercherà di elaborare il tema di questa edizione, “Sogni. Una scala verso il cielo”.
"Vorrei connettere sogno e speranza e vorrei spiegare perché credo sia importante che il sogno non uccida la speranza. Perché parleremo di sogno il prossimo 15 settembre? Forse per non parlare della realtà" sottolinea David Bidussa in una riflessione pubblicata su Pagine Ebraiche di settembre. "Il sogno - aggiunge lo storico sociale delle idee - può talora configurarsi come presagio, come prefigurazione di un evento che accadrà o dare forma e configurazione a una vita e a una biografia. I sogni che incontriamo nel Tanakh sono questo: testimoniano di questo percorso. Ma non parlano di speranza". Tra sogno e speranza, prosegue Bidussa, c’è una differenza importante. "Il sogno è una raffigurazione al futuro di ciò che vogliamo o ci viene assicurato che ci sarà. La speranza, invece, non è certezza".
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L'EMISSIONE CONGIUNTA DEL FRANCOBOLLO CELEBRATIVO
"Israele e Santa Sede, 25 anni di amicizia"
“Questo francobollo simboleggia l’unicità delle nostre relazioni, gli stretti rapporti tra ebraismo e cristianesimo, Stato di Israele e Santa Sede”. Queste le parole con l’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede Oren David ha voluto commentare l’emissione di un francobollo congiunto, nel 25esimo anniversario dall’avvio delle relazioni diplomatiche, ad opera di Servizio Filatelico Israeliano e Poste Vaticane.
Un’iniziativa presentata in mattinata a papa Bergoglio, in occasione dell’udienza del mercoledì a Piazza San Pietro, dove l’ambasciatore David accompagnava tra gli altri il direttore del Servizio Filatelico dello Stato ebraico Elhanan Shapira e il capo dell’Ufficio Filatelico e Numismatico della Città del Vaticano Mauro Olivieri. E su cui lo stesso diplomatico è voluto tornare nel pomeriggio, ospitando nella propria residenza i protagonisti di questo sforzo comune, rappresentanti dell’ebraismo italiano e romano, esponenti della diplomazia.
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L'OMAGGIO AL GIORNALISTA SCOMPARSO QUATTRO ANNI FA
Le tre vite di Pirani (sul grande schermo)
Visse tre volte, Mario Pirani. La gioventù sotto il fascismo, perseguitato in quanto ebreo. Quindi, nel dopoguerra, prima da funzionario del Partito Comunista e poi da dirigente Eni. La terza fu invece dedicata al giornalismo e lo vide tra i protagonisti della nascita del quotidiano La Repubblica.
A raccontarne la biografia è “L’uomo che visse tre volte”, appunto, film documentario diretto da Irish Braschi che sarà presentato questo fine settimana, nell’Auditorio del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo Da Vinci, a Milano, in occasione del Festival Visioni dal Mondo Immagini dalla Realtà.
Il racconto di una vita che diventa occasione di racconto di un pezzo di storia italiana, con le sue luci e ombre, con le sue molte complessità.
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LA PRESENTAZIONE DEL VOLUME STORICO A RAVENNA
"Brigata Ebraica, eterna riconoscenza"
Il contributo della Brigata Ebraica nella liberazione dal nazifascismo fu centrale e determinante. Lo ricorda volume di recente pubblicazione, La Brigata Ebraica 1944 – 1946 (ed. Bacchilega), curato dal rav Luciano Caro, rabbino capo di Ferrara, e da Romano Rossi, presidente dell’Associazione Combattenti e Reduci “Friuli”.
Già presentato in febbraio alla Camera dei deputati, il volume arriva ora a Ravenna, città che con la Brigata ebbe e continua a mantenere un legame saldo.
L'opera sarà infatti presentata questo pomeriggio alle 17 nella sala Spadolini della biblioteca di Storia contemporanea Alfredo Oriani. Con gli autori il direttore della Fondazione Oriani Alessandro Luparini e il vicesindaco Eugenio Fusignani.
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Rassegna stampa
Israele verso il voto
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Setirot - Una speranza
Il witz, ovvero l’auto-ironia ebraica, si sa, è più che altro una difesa nei confronti dell’altrui ostilità, ma aiuta anche a fronteggiare depressione, delusione, rabbia. Così quando leggo che il 30 per cento degli italiani è analfabeta digitale e non usa neppure internet mi viene da dire: speriamo che nel nostro piccolo mondo comunitario questo “analfabetismo” aumenti a dismisura. Vivremmo tutti meglio.
Stefano Jesurum, giornalista
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Sogno e realtà
Come ha riportato recentemente su queste pagine Stefano Jesurum, Amos Oz amava ripetere che la realtà nasce dai sogni e che per questo credere nei sogni è tanto importante. In alcune occasioni, però, lo scrittore israeliano non si è fermato qui e ha legato il sogno a un altro nucleo fondamentale su cui ha a lungo riflettuto e scritto, quello del tradimento.
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Machshevet Israel - De scientia hominis
Alla Biblioteca Casanatense di Roma si trova un incunabolo del Morè nevukhim, La guida dei perplessi di Maimonide, dove nella terza parte, al capitolo XVI, la mano di un dotto lettore ha aggiunto, accanto all’ebraico, l’espressione latina ‘de scientia dei’ probabilmente vergata da un non ebreo, forse cristiano (suggerisce il semitista Marco Bertagna che ha studiato l’incunabolo).
Massimo Giuliani, Università di Trento
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Un concetto misterioso
Leggo un interessante articolo di Massimo Gaggi sul Corriere della Sera dell’11 settembre, Così la Cia creò l’LSD (per controllare le menti). Nel testo si parla di un controverso e peraltro già noto programma di sperimentazione finanziato dai servizi segreti statunitensi, che affidarono al chimico Sidney Gottlieb la somministrazione di questa nuova droga a cavie umane ai margini della società e quindi prive di difesa – prostitute, detenuti e pazienti psichiatrici – per testarne le reazioni e la resistenza mentale.
Sara Valentina Di Palma
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Nazionalismo e sovranismo
Può essere utile cercare di chiarire le differenze di significato storico che esistono tra nazionalismo e sovranismo e perché sul versante destro della politica italiana (ma anche europea) si preferisce oggi usare il termine “sovranismo” anziché quello, più tradizionale, di “nazionalismo”, anche se, a prima vista, le due tendenze appaiono sovrapponibili.
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