Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui         9 Gennaio 2020 - 12 Tevet 5780
PAGINE EBRAICHE - GENNAIO 2020

Memoria, urgenza del presente

Recenti episodi, in Italia e nel mondo, confermano l’urgenza di un lavoro intenso di Memoria e consapevolezza storica che aiuti a orientare scelte e decisioni. Dentro e fuori le scuole. Negli stadi e in altri luoghi pubblici di incontro dove la violenza prende quota. A volte anche in contesti istituzionali spesso inquinati da una dialettica politica che ha perso il senso della misura e il rispetto di sé e della propria storia. Una strada irrinunciabile, per difendere valori oggi messi a rischio da parole e comportamenti malati.
Il dossier Memoria, pubblicato sul numero di Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione, si propone di offrire alcuni spunti di riflessione partendo dalle iniziative messe in campo dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in vista del prossimo 27 gennaio. Mai come quest’anno, si racconta nel dossier, l’attenzione è dedicata al mondo dello sport e in particolare del calcio.
Nella parte alta del giornale lo sforzo per educazione e formazione rilanciato dall’ente in occasione dei recenti Stati generali dell’ebraismo italiano e un approfondimento dedicato al progetto “Prevenire il pregiudizio, educare alla convivenza” realizzato con il supporto del governo tedesco. Al centro la visione delle tre religioni monoteiste su concetti quali uguaglianza, diversità, parità, rispetto.
Protagonista dell’intervista del mese è la comunicatrice triestina Rosy Russo, che con il suo Manifesto della comunicazione non ostile variamente declinato ha aperto una nuova strada nella lotta alle parole dell’odio. “I ragazzi sanno che virtuale è reale, ma gli adulti, gli insegnanti, ancora faticano. Per educare i giovani – afferma – bisogna educare prima chi si occupa di loro”.
Tra i temi su cui si confronta la società israeliana la recente attivazione, nell’area di Tel Aviv, di un servizio pubblico di trasporto in funzione durante lo Shabbat. Di questo e di altro si parla nelle pagine di Eretz. Mentre in Orizzonti a tener banco è la recente ondata di attacchi antisemiti negli Usa oltre alla debacle in Inghilterra del laburista Jeremy Corbyn, fortemente auspicata da gran parte del mondo ebraico.
Da Israele arriva “la start-up che premia chi condivide”, di cui si racconta in Economia. Mentre le pagine della Cultura si aprono con una straordinaria mostra viennese, che ricorda Simon Wiesenthal in una veste inedita e commovente.
Si conclude in gennaio l’iniziativa del Corriere della Sera dedicata ai “grandi processi della storia”. Tra questi quello relativo alla condanna di Gesù, l’analisi della cui vicenda giudiziaria sembra soffiare su pregiudizi antichi. Sempre in Cultura, vi spieghiamo perché.
Un lavoro di due anni per restituire al pubblico un fondo che racconta molto dell’Italia fascista, della burocrazia messa in piedi dal regime per colpire i cittadini ebrei ed escluderli dalla vita del paese. È lo sforzo profuso dall’Archivio Storico di Intesa Sanpaolo, che ha dato vita a una mostra molto significativa.

DOMENICA 26 GENNAIO - L'INIZIATIVA UCEI CON LA COMUNITÀ EBRAICA LIVORNESE

Run For Mem, di corsa a Livorno
nel segno del ricordo consapevole

Quarto appuntamento, domenica 26 gennaio, con la Run for Mem. La corsa per la Memoria consapevole organizzata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane arriva a Livorno, in collaborazione con la locale Comunità ebraica, per un’iniziativa che, come già avvenuto in passato a Roma, Bologna e Torino, punta a ricordare “i drammatici eventi della Shoah e della seconda guerra mondiale, lanciando al contempo un messaggio di speranza, veicolato dai valori positivi di una giornata all’insegna dello sport condivisa con tutta la cittadinanza”.
La corsa, alla quale è possibile partecipare iscrivendosi gratuitamente sul sito UCEI, si svolgerà lungo un percorso di circa sette chilometri con partenza da piazza Benamozegh, di fronte alla sinagoga. Ospite d’onore ancora una volta Shaul Ladany, podista olimpionico israeliano sopravvissuto al campo nazista di Bergen Belsen e all’attentato palestinese di Monaco ’72. Una vicenda che ben ricordano altri due testimonial che saranno accanto a Ladany a Livorno, Rolando Rigoli e Mario Aldo Montano, che a Monaco vinsero entrambi l’oro olimpico nella scherma. Con loro anche l’ostacolista italiano Fabrizio Mori, campione mondiale nei 400 metri a ostacoli a Siviglia nel 1999.

IL LEADER DELLA COMUNITÀ HAREDI COLPITA A MONSEY, RAV ROTTENBERG

"Grazie per solidarietà dopo l'attacco di Chanukkah,
ora uniamoci per sradicare l'odio"

Rav Chaim Rottenberg, sopravvissuto all'attacco antisemita di Chanukkah nella sua casa a Monsey, ha esortato pubblicamente le persone a mettere da parte le differenze e a “lavorare fianco a fianco per sradicare l'odio”. Nella sua prima uscita pubblica dall'aggressione - in cui cinque persone sono state ferite, tra cui il figlio – rav Rottenberg, leader della Comunità haredi Netzach Yisroel, ha consegnato una preghiera all'indirizzo del governatore di New York Andrew Cuomo. Anche Joseph Gluck, l'uomo che ha fermato l'aggressore lanciandogli un tavolino da caffè in testa, era presente e ha ricevuto una standing ovation dal pubblico. “Non dimenticherò mai l'orrore di quella notte. Ma non dimenticherò mai anche come abbiamo continuato a festeggiare dopo l'attacco; come abbiamo continuato a gioire del miracolo di Chanukkah. Non dimenticherò mai la resilienza di quella notte e dei giorni successivi - la resilienza del popolo ebraico e la resilienza di New York. Non dimenticherò mai come, di fronte alla tragedia, siamo stati benedetti da D-o. La maniera miracolosa in cui l'aggressore è stato sopraffatto, che ha limitato quello che avrebbe potuto essere un evento ben peggiore e fatale”, le parole del rav, che nel suo discorso ha ringraziato il governatore Cuomo per la vicinanza e chiesto protezione per la comunità chassidica e per il suo stile di vita. 

QUI ROMA - LA MOSTRA AL MAXXI 

“Israele, un Paese che cammina mano nella mano"

“Mi ha colpito come tutti si tengano per mano. Sempre in ogni vicolo, in ogni piazza, si cammina mano nella mano”.
Fotografo professionista, appassionato di viaggi e arti visive, Carlo Mogiani ha scelto di raccontare Israele attraverso la cosa che sa fare meglio. Scatti che vanno a comporre “Mano nella mano”, la mostra fotografica che si inaugurerà nelle prossime ore al Maxxi su iniziativa del Karen Kayemeth LeIsrael (resterà aperta fino al 25 gennaio).
Un progetto che nasce nel settembre del 2018, quando Mogiani vola in Israele per documentare l’atmosfera festiva di Rosh Hashanah, il capodanno ebraico.

Setirot - Giorgio e Xenia
C’è voluto molto, moltissimo, troppo tempo perché il mondo introiettasse (e sarà poi successo davvero?) l’idea che i morti nella Shoah – anzi, direi tutti i morti – non sono numeri bensì nomi e cognomi, esistenze spezzate, Memoria con la M maiuscola. Già, ma le loro storie? Quelle sono relegate agli strazianti dolci ricordi di famiglia, oppure a libri e agli studi se il sommerso era in qualche misura “significativo” per la collettività. Faccio questa considerazione sconsolata, per nulla cinica come potrebbe apparire, soffermandomi su due intestazioni delle pietre di inciampo che saranno posate giovedì 23 a Firenze.
Stefano Jesurum
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Greed, capolavoro perduto
Gennaio 1920: Eric von Stroheim decide di trarre un film dal romanzo “McTeague: A Story of San Francisco” di Frank Norris, e di realizzarlo con la casa di produzione Goldwyn. Stroheim viene da Vienna ed è ebreo; regista di prima grandezza negli anni venti, continuerà a imporsi come attore fino al secondo dopoguerra, comparendo in pellicole indimenticabili come “La grande illusione” di Jean Renoir e “Viale del tramonto” di Billy Wilder. Secondo Orson Welles Stroheim è il migliore a recitare con gli oggetti: difficile dargli torto se si pensa, per esempio, alle scene in cui impersona il comandante della prigione tedesca von Rauffenstein nel film di Renoir.
Giorgio Berruto
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Suleimani e dintorni 
Sull’uccisione del capo dei pasdaran generale Suleimani si possono avere opinioni diverse. La si può considerare un legittimo atto di guerra in risposta ad altri atti di guerra di cui il gen. Suleimani portava la responsabilità, tanto più che egli non è morto nel suo letto, nella sua casa di Teheran, ma mentre si trovava in Iraq, sicuramente non in gita di piacere ma per continuare l’opera di destabilizzazione di quel Paese e per farne un ulteriore base di attacco contro Israele, dopo aver compiuto la stessa missione in Siria. Oppure la si può considerare un atto pericoloso, al di là di ogni giudizio sul ruolo del gen. Suleimani, in grado di produrre conseguenze negative nel quadro già tumultuoso del Medio Oriente. Si tratta di opinioni legittime, che vanno adeguatamente approfondite. 
Valentino Baldacci
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