DAFDAF FEBBRAIO 2020
Un pensiero per l'Australia
Si affaccia un koala, in primo piano, e ad accompagnarlo ci sono uno struzzo e un ornitorinco, un’echidna e un bradipo, e molti altri animali tipici del continente australiano. È così, con la copertina di Luisa Valenti, che il numero 112 di DafDaf ha voluto rivolgere il suo pensiero alle vittime dei grandi incendi che hanno devastato l’Australia. A seguire, le pagine dedicate alla fotografia, e in particolare a Jessica Wynne, che “cerca sempre di puntare l’obbiettivo verso qualcosa di originale”. Spesso nelle sue immagini appaiono persone che riescono senza parlare a raccontare le proprie emozioni. Ma nel suo ultimo lavoro, che si intitola “Non cancellare!”, a parlare sono i segni delle lavagne utilizzate dai più importanti matematici del mondo.
Un altro genio occupa le pagine successive del giornale ebraico dei bambini: Isaac Asimov, autore di oltre 500 libri e di serie di successo, come il Ciclo dei robot e il Ciclo delle Fondazioni. Si chiamava in realtà Isaak Yudovich Ozimov, divenuto poi Asimov. Nato il 2 gennaio 1920 in una famiglia ebraica nel piccolo villaggio russo di Petrovicˇi, nella regione di Smolensk, in preda alla guerra civile, nel 1923 emigrò con i suoi genitori negli Stati Uniti. Insieme alla sua storia, DafDaf propone ai suoi lettori anche l’inizio di un racconto, uno spunto per poi continuare da soli.
Dalla fantascienza si passa poi allo sport, per raccontare l’ultima edizione della Run for Mem, la Corsa per la Memoria verso il futuro, arrivata quest’anno alla quarta edizione, a Livorno. A chiudere, l’usuale pagina sul calendario ebraico, questo mese dedicata a Shevat.
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LE REAZIONI DOPO L'ATTACCO XENOFOBO IN GERMANIA
"Razzismo e veleno dell'odio
dietro la strage di Hanau"
L'attentatore di Hanau, l'uomo che ha ucciso dieci persone nella notte e dopo si è tolto la vita, aveva dichiarato in un video di voler sterminare alcuni popoli che non si possono più espellere dalla Germania. Nel video, riporta l'agenzia Deutsche Presse-Agentur, l'uomo affermava anche che la Germania sarebbe controllata da una società segreta, lamentandosi delle persone di origine araba e turca. Per questo il suo attacco a due locali della Comunità turca è stato classificato dalle autorità tedesche come di matrice xenofoba e definito un “atto di terrorismo”. “Il razzismo è un veleno, l'odio è un veleno, che esiste nella nostra società, e che è già colpevole di troppi crimini qui: dai reati della cellula terroristica dell'NSU, al delitto di Walter Lubcke, fino agli omicidi di Halle”, ha denunciato la cancelliera Angela Merkel, inviando le sue condoglianze ai famigliari delle vittime (cinque di origine turca, raccontano i quotidiani) e l'augurio di pronta guarigione ai quattro feriti.
In merito alla strage, una dura critica alla politica e alla società tedesche è arrivata dal presidente del Consiglio centrale degli ebrei di Germania, Josef Schuster. “Per troppo tempo il pericolo del crescente estremismo di destra è stato banalizzato e sottovalutato”, la denuncia di Schuster. “La polizia e la giustizia sembrano avere problemi di vista all'occhio destro. Ora ne paghiamo il conto”. Secondo il presidente delle Comunità ebraiche tedesche “si pone adesso la preoccupante domanda di quanto si possano sentire sicure le minoranze e le persone che si impegnano per esse, e se queste possono ancora vivere in Germania”. Da qui l'appello a “tutte le forze democratiche” di stare unite “per ridurre le minacce estremiste. Di questo la responsabilità è della politica, delle autorità della giustizia e della società civile”. Un auspicio condiviso in Italia dalla presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, secondo cui "serve un'azione di contrasto chiara contro questi estremismi e contro chi soffia sul fuoco della rabbia. Bisogna affermare e capire una volta per tutte che le parole di odio non sono libertà di espressione del pensiero ma violenza annunciata; che questi movimenti, fatti di gruppi o singoli, vanno definiti come terroristi e non sono libere associazioni”. Poi il messaggio alle forze politiche: “Auspichiamo - afferma la presidente UCEI - che i politici, di ogni schieramento, e le istituzioni diano segnali chiari contro l'odio e non cavalchino, per ottenere consenso, la retorica dell'emarginazione dell'altro, del diverso”.
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LE VOCI DAL VATICANO A POCHI GIORNI DALL'APERTURA DEGLI ARCHIVI
“Pio XII, cadranno leggende nere”
La parola passa ora agli studiosi
Pochi giorni ancora e, come annunciato esattamente un anno fa da Bergoglio, l’archivio vaticano relativo all’intero pontificato di Pio XII sarà messo a disposizione degli studiosi. “La Chiesa non ha paura della storia, anzi la ama” disse allora il papa argentino. Per monsignor Sergio Pagano, prefetto dell’Archivio Segreto della Santa Sede, un’occasione per riscoprire la figura di Pacelli “in tutta la sua realistica portata e ricchezza”. Una linea confermata in queste ore, nel corso di una conferenza stampa che precede un ulteriore approfondimento su questi temi previsto per domani mattina all’Istituto Patristico Augustinianum. Per l’esponente vaticano, il quadro complessivo dovrebbe far cadere alcune “leggende nere”. Il lavoro di preparazione, ha annunciato, è stato svolto affinché “coi nuovi documenti il fumo si diradi”.
Affermazioni che potranno ora essere vagliate dagli addetti ai lavori, alle prese con una immensa mole documentale finora inaccessibile. L’auspicio di molti è che queste carte possano fornire qualche chiarimento, in particolare modo, sul periodo relativo alle persecuzioni antiebraiche e sull’atteggiamento tenuto in quel frangente dal pontefice. Molte infatti le ombre che si addensano attorno a Pacelli, ai suoi silenzi, all’inerzia nei confronti di tragici fatti come il rastrellamento nazista avviato a partire dall’alba del 16 ottobre 1943.
Negli scorsi giorni, su questi notiziari, avevamo parlato del grande interesse degli studiosi per questa apertura.
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QUI ROMA - L'ESPERIENZA EBRAICA ITALIANA DEL PROGETTO INTERNAZIONALE
“Moishe House, calore e inclusione”
I protagonisti si raccontano
Accoglienza, calore, identità. Ma anche continuità e responsabilità. Sono tante le parole chiave di Moishe House, progetto internazionale che, nato in California nel 2006, conta oggi su una significativa rete di nuclei abitativi in tutto il mondo. Ci vivono giovani adulti, dai 20 ai 35 anni, che hanno il compito di organizzare momenti di incontro e aggregazione ebraica per i loro coetanei. In cambio Moishe House paga loro metà dell’affitto e copre le spese legate agli eventi, oltre a fornire un’assistenza continua su questioni di vario genere. Ad oggi si contano 125 Moishe Houses, per un totale di 25 Paesi coinvolti. Da qualche mese anche l’Italia fa parte della rete. Merito in particolare della Consigliera UCEI Sabrina Coen, rappresentante dell’Unione presso lo European Council of Jewish Communities, che è partner di Moishe House, e che in questa sede ha promosso un’esperienza di condivisione anche a Roma.
Un luogo animato dal novembre scorso da tre giovani amici: Valentina Calò, Alessandro Gai, Alessandra Sabatello. Diciotto finora le iniziative organizzate dentro e fuori la casa: lezioni di Torah, attività legate allo Shabbat, alle feste, alla cucina ebraica.
“È un progetto bellissimo che aiuta a creare riferimenti ebraici per i giovani, dando loro la possibilità di avere un ruolo attivo e di responsabilizzarsi. Un nuovo modello aggregativo efficace e con una visione” sottolinea Coen, promotrice di una serata a porte aperte rivolta a un pubblico eterogeneo. Un’occasione, per i tre protagonisti del progetto, per raccontare qualcosa del loro percorso e delle loro scelte.
“Grazie a Moishe House sento di aver raggiunto un diverso grado di coinvolgimento ebraico. È molto bello e gratificante” ha esordito Alessandro, ricordando la sfida ma anche il piacere di mettersi in gioco in mezzo ai tanti altri impegni della quotidianità. “Dopo sei anni trascorsi lontano da Roma – ha detto Valentina – ho avvertito un senso di smarrimento. Mi serviva un nuovo spazio, un nuovo canale per sentirmi partecipe e attiva anche in campo ebraico. L’ho trovato”. Sensazioni vissute anche da Alessandra, che ha parlato di progetto nel segno della massima inclusione. “Anche per questo – ha affermato – la casa è completamente kasher. Per poter accogliere tutti, rispettando i diversi livelli di osservanza”.
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IL PRESIDENTE DELLA COMUNITÀ EBRAICA DE PAZ SULLA FIACCOLATA IN PIAZZA
"Da Bologna un segnale contro l'odio"
“Oggi il problema è che sembra quasi che gli italiani siano tornati ad avere paura della diversità quando invece è la rete interculturale che ci permette di far crescere la nostra società nel migliore dei modi”, sottolinea a Pagine Ebraiche il presidente della Comunità ebraica di Bologna Daniele De Paz all'indomani della manifestazione che ha raccolto nel capoluogo emiliano centinaia di persone per dire no all'antisemitismo, al razzismo e a ogni forma d'odio. “La fiaccolata di ieri credo che abbia un valore significativo: un modo per dire pubblicamente che noi non permetteremo che torni l'indifferenza rispetto a meccanismi che hanno fatto in passato male alla società”. A lanciare la fiaccolata contro l'odio, sono state numerosissime associazioni, dopo i ripetuti atti di antisemitismo che si sono consumati in queste settimane in Italia e a Bologna.
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SEGNALIBRO
Insegnare nell’Italia postfascista,
il racconto di 40 anni di vita
“Scrivere questo libro, sull’ambiente in cui sono vissuto alla Sapienza, non deve essere considerato un’opera di recriminazione o un’acrimoniosa accusa specifica rivolta a persone e situazioni, ma un obbligo civile di testimonianza di come è spesso la vita accademica”.
È l’atto d’accusa che Giorgio Coen, dal 2001 al 2009 presidente dell’Ospedale israelitico di Roma e in precedenza professore associato nello storico ateneo capitolino, formula in Vita alla Sapienza (Il seme bianco). Il racconto di “quarant’anni da docente in un ambiente postfascista”, come recita il sottotitolo.
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Setirot – In difesa degli ultimi
Del drammaturgo scrittore saggista traduttore regista sceneggiatore Éric-Emmanuel Schmitt colpisce, da sempre, la capacità di addentrarsi e scavare nel dolore, nella tragedia, nelle passioni, nei sentimenti più profondi, e di narrarli con un lacerante anelito, se non alla felicità, per lo meno alla serenità. Non c’è buonismo né tantomeno superficialità, semmai leggerezza anche là dove di leggero non si respira neppure l’aria. Era così il suo Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano, sono così i numerosi titoli pubblicati per lo più dalle edizioni e/o.
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Il segreto di Isabella
Con Il segreto di Isabella (Curci), in libreria da alcune settimane, Lia Levi torna a scrivere per ragazzi. Anche se la storia contenuta in questo piccolo libro illustrato non è tutta concentrata sull’argomento, spesso toccato dall’autrice, della limitazione dei diritti e dell’esclusione durante le leggi razziste e la persecuzione degli ebrei in Italia, il tema viene sfiorato con delicatezza nella parte finale.
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La solitudine degli ebrei
Mi hanno molto colpito le parole di Emanuele Fiano: “Alla fine siamo soli”, dette dopo la più stupida e la più violenta delle scritte antisemite apparse in questi ultimi mesi: “Calpestiamo gli ebrei”. Quella di Fiano è un’affermazione che chiama in causa, in primo luogo, noi non ebrei che ci sentiamo vicini al popolo ebraico e ci chiede di interrogarci su che cosa facciamo per contrastare questa ondata di antisemitismo. Che cosa facciamo come persone, che cosa facciamo come gruppi organizzati.
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