Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui        3 Marzo 2020 - 7 Adar 5780
LE ELEZIONI IN ISRAELE

Netanyahu, vittoria netta. Ma non c'è la maggioranza

Due o forse un solo seggio. È quanto manca al leader del Likud Benjamin Netanyahu per ottenere la maggioranza alla Knesset e tornare a governare Israele. Le terze elezioni in un anno lo hanno premiato come grande vincitore: il suo Likud – mentre lo spoglio è ancora in corso – si è imposto sul partito di centro Kachol Lavan guidato dal generale Benny Gantz, distanziandolo di almeno tre seggi, se non quattro (36 a 32). Ma soprattutto il blocco di destra – formato da Likud, i partiti religiosi Shas e Yahadut HaTorah e Yamina – si trova a pochissime lunghezze dall’avere la maggioranza alla Knesset: a Netanyahu potrebbero bastare una o due defezioni tra l’opposizione per avere i 61 seggi (su 120 totali) necessari a riportarlo in sella al paese. Ancora una volta. “È stato un successo gigantesco, abbiamo fatto l’impossibile” ha dichiarato Netanyahu ai suoi dopo che sono usciti i primi exit poll. E in effetti in questa terza campagna elettorale gli analisti sono concordi nel riconoscere a leader del Likud di aver spostato gli equilibri: grazie a lui – e alla Lista Unita, la compagine araba – la percentuale dell’affluenza alle urne ha raggiunto livelli che non si vedevano da 20 anni: 71%. Un dato simile a quello del 1999. Allora però Netanyahu aveva perso contro Ehud Barak. Questa volta sono stati i suoi a uscire e riportarlo in alto, in particolare nel sud e nel nord del Paese.

ELEZIONI IN ISRAELE - LE IMPRESSIONI DEGLI ITALKIM 

"Nel bene e nel male, nelle mani di Bibi"

Sul fatto che abbia vinto Benjamin Netanyahu gli italkim, la comunità degli italiani d’Israele, sono concordi. Sugli effetti della vittoria del leader del Likud invece le visioni sono molto diverse ed eterogenee. Per l’architetto David Cassuto, già vicesindaco di Gerusalemme, la “grande vittoria di Netanyahu è la dimostrazione che una grossa fetta di israeliani sta dalla sua parte, che il pubblico lo apprezza per quello che ha fatto per il paese, rafforzandolo dal punto di vista della sicurezza e dell’economia. E gli ha conferito la fiducia necessaria per proseguire su questa strada”. Per il demografo Sergio Della Pergola, “la differenza cruciale oggi sta fra 59-60-61 seggi (lo spoglio non è ancora terminato). Se Netanyahu arriva a 61 seggi secondo me ci sarà un cambiamento di regime e l’inizio di una Seconda Repubblica non più parlamentare. Ci sarà un regime populista e popolare in cui, per eliminare i processi di Netanyahu, sarà cancellata l’autonomia dell’autorità giudiziaria, che sarà emanazione del potere legislativo, che sarà emanazione dell’esecutivo, che sarà emanazione del leader”. “Bibi si irrita se viene paragonata a Erdogan – la posizione di Della Pergola – ma quella è la direzione”. D’accordo Patrizia Campagnano, elettrice di Kachol Lavan – incidentalmente, tra coloro che, dopo un passaggio in Italia, hanno votato con misure speciali perché sottoposti alla quarantena per il coronavirus. Lei vede “un paese spaccato e diviso. Netanyahu forse è stato un grande leader, io non condivido le sue idee e speravo nel cambiamento. Siamo molto sconfortati e preoccupati per quello che avverrà ora in Israele e ci chiediamo se questo è ancora un posto per noi”. Molto distante la visione di Miky Steindler, attivo politicamente per il partito Yamina, che si chiede quale posto abbia la sinistra oggi in Israele: “Non ha nulla da dire. Il tema di Oslo è sparito dal dibattito politico, i diritti civili sono riconosciuti e il Likud ha per esempio un ministro della Giustizia dichiaratamente omosessuale. La sinistra storica non ha più argomenti con cui fare presa sulla gente. E a dire la verità trovo difficile definire Kachol Lavan di sinistra: dentro a quel partito ci sono Yaalon, Ashkenazi, ex consiglieri di Bibi. Ci sono figure che con la sinistra non c’entrano nulla. Hanno creato una lista per essere alternativi a Netanyahu ma hanno fallito. Lui è uno statista, Gantz no. È stata come una partita tra la Juve e la Pro Vercelli. Senza storia”. 

LE PRIME VALUTAZIONI DI DAVID KERTZER CON PAGINE EBRAICHE 

"Pontificato di Pio XII, fate lavorare gli storici"

“È sempre un errore imporre una narrativa celebrativa a priori, quasi a protezione di qualcosa su cui è invece fondamentale indagare. Purtroppo anche molta stampa italiana, nelle scorse settimane, si è prestata a questo malinteso. A lavorare dovranno essere solo e soltanto gli storici”. 
David Kertzer, Premio Pulitzer e profondo conoscitore della storia della Chiesa, in particolare dei suoi complessi rapporti con il mondo ebraico, è tra gli storici che hanno avuto accesso agli archivi vaticani sul pontificato di Pio XII. L’aveva annunciato a Pagine Ebraiche, un anno fa, quando da Bergoglio era stata ufficializzata la data di apertura: due marzo 2020. “Su una cosa potete star sicuri: il 2 marzo, quando quella porta si aprirà, ci sarò senz’altro” ci aveva detto. E così è stato. Lo raggiungiamo nel tratto di strada che dal Vaticano, che sarà la sua seconda casa per diverse settimane, lo sta portando all’appartamento in cui vivrà nel suo soggiorno romano. “Ci attende un grande lavoro, anche se le condizioni non sono semplici. Accesso limitato, milioni di carte da consultare. Ma sono almeno altri due i luoghi che dovrebbero aprirsi a noi studiosi, per una reale trasparenza e comprensione dei fatti relativi alla Chiesa e al secondo conflitto mondiale. Parlo, come ho scritto anche su The Atlantic, dell’archivio dei gesuiti e di quello del vicariato di Roma”. Kertzer comunque non desiste: “È possibile che in futuro si arrivi a una svolta anche lì”. 

ERA UNO DEGLI ULTIMI TESTIMONI DELLA SHOAH ANCORA IN VITA

Joseph Varon (1926-2020)

“Ai giovani dico questo: di leggere molto, studiare la Storia e ponderare sulle conseguenze nefaste che possono scaturire da una politica nefasta”. Questo il messaggio che Joseph Varon aveva voluto condividere in occasione della solenne cerimonia per il Giorno della Memoria al Quirinale del 2017. Un breve ma significativo intervento, per ricordare un pezzo del suo drammatico vissuto e invitare le nuove generazioni alla consapevolezza.
Joseph era infatti uno dei pochi ebrei di Rodi scampati al massacro. Lui come i suoi fratelli. La Shoah aveva invece inghiottito il padre e la madre. Sul braccio il numero B7501, con cui fu marchiato ad Auschwitz e da lì fatto arrivare, con una marcia della morte, fino a Mauthausen. Saranno gli americani a liberarlo.
Grande la commozione in tutto l’ebraismo italiano. “Con la scomparsa di Joseph Varon – afferma Noemi Di Segni, presidente UCEI – ci lascia uno degli ultimissimi Testimoni della Shoah ancora in vita. Una perdita grave per i suoi cari e per tutti noi che lo abbiamo conosciuto e per chi ha avuto il privilegio di ascoltare le sue parole di sofferta e straziante memoria, pronunciate anche al Quirinale. Un punto di riferimento, in questi tempi bui, per contrastare l’antisemitismo e il negazionismo dilaganti. Grazie Joseph, per tutto quello che ci hai trasmesso e testimoniato, con una certa timidezza, ma sicuramente con coraggio. Che il tuo ricordo sia di benedizione”.

(Nell'immagine Joseph Varon durante il suo intervento al Quirinale) 

INFORMAZIONE - INTERNATIONAL EDITION 

Coronavirus, la resilienza dell'Italia ebraica

L’emergenza coronavirus in primo piano nell’ultima uscita di Pagine Ebraiche International Edition. Come si evince dai diversi approfondimenti dedicati al tema, anche le Comunità italiane, e in particolare quelle del Nord, affrontano ore difficili, senza però rinunciare alla solidarietà e alla speranza. È proprio questo il senso del messaggio lanciato dall’Assemblea dei Rabbini d’Italia per una preghiera alla luce della diffusione del virus e per la guarigione di coloro che in tutto il mondo ne sono stati contagiati.


Rassegna stampa

Bibi predomina
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Cancellare il ricordo di Amalèq
Agitare le raganelle o produrre altri suoni per coprire il nome di Amàn quando viene letta la Meghillà, può apparire infantile; per alcuni è anche peggio, un atto primitivo. Eppure estirpare il male è necessario, va ricordato ciò che Amalèq ci ha fatto e va cancellato il suo ricordo. En passant, osserviamo che “estirpare il male da in mezzo a te” è un’espressione ricorrente nella Torà. Le nostre fonti insistono sul fatto che il popolo ebraico debba essere pietoso e caritatevole: si pensi ad esempio all’elogio di “coloro che pur essendo stati offesi non offendono”, e all’insegnamento dei Maestri secondo i quali “timidi, misericordiosi e caritatevoli” sono i tratti caratteristici dell’ebreo (che ciò non corrisponda allo stereotipo dell’israeliano moderno è questione a parte).
 
Rav Michael Ascoli
L'unicità della Shoah
Sempre più spesso il termine “Shoah” (o “Olocausto”) oggi viene usato per definire tragici accadimenti, oppure per valorizzare impropriamente una ipotetica classifica tra i numerosi orrori che hanno colpito e colpiscono l’umanità. È dietro a questi improbabili paragoni che spesso si annidano contemporanee forme di antisemitismo. È per questo che non ci stancheremo mai di chiarire e ricordare alcuni punti.
La Shoah rappresenta la messa in opera, nella moderna Europa, di un gigantesco sistema politico, economico, industriale, al servizio di un solo obiettivo: lo sterminio del popolo ebraico.
Mario Venezia
Il futuro di Israele
Terza tornata di elezioni in Israele. Trascorso l’entusiasmo per il passato, infruttuose le dispute sul presente, sono d’obbligo risposte spietate agli interrogativi sul futuro, con il pensiero al destino dei figli. Non si esce dallo stallo se non si spersonalizza la politica.
 
Dario Calimani
Gramsci era sionista (o avrebbe potuto esserlo)
Un recente libro curato da Vincenzo Pinto (Egemonia Nazionale Gramsci, Medem e la questione ebraica nel Novecento, Belforte, Livorno, 2019) fornisce preziosi contributi sull’attualità del Bund (contiene scritti di Vladimir Medem, di Vincenzo Pinto, Giuliana Castellari e Chiara Osta), un palese ossimoro se lo si considerasse per quello che è, un reperto archeologico della politica ebraica, nondimeno assurto di recente in Italia ad ingiustificata gloria.
Emanuele Calò
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Contagio, numeri e persone
Tempo di epidemia, tempo di contagio, tempo di timore sospetto e sospensione. Ritmi di vita e di attività interrotti, esistenze sospese nel vuoto aspettando l’uscita dal tunnel e la ripresa della normalità. In questi giorni procediamo immersi in un clima surreale e fuori di ogni possibile progettualità, abituati invece a un mondo che vive programmando le banalità più ovvie.
David Sorani
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La pestilenza iraniana
L’Iran, paese dittatoriale che tace l’espansione del COVID-19 nel proprio paese (come la Cina ha fatto negli ultimi mesi del 2019), collabora da anni con il regime di Assad e l’ultima escalation nella provincia siriana di Idlib non può che favorire l’ampliamento della fascia di contagio. Non aiuta l’accordo tra Putin e Rouhani, non viene favorita l’Europa con le nuove aperture frontaliere di Erdogan.
Alan David Baumann
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