Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui      22 Aprile 2020 - 28 Nissan 5780
ECCIDIO DELLE FOSSE ARDEATINE, LA NUOVA VITTIMA IDENTIFICATA 

Marian Reicher: un nome, 76 anni dopo

Marian Reicher era nato in Polonia, era ebreo e aveva 43 anni quando fu ucciso dai nazisti alle Fosse Ardeatine. La sua salma non era stata però ancora identificata.
Finalmente, a distanza di 76 anni, questo è stato possibile. È stato l’esame del dna a confermarlo, grazie a un confronto con i dati biologici del figlio David, che vive in Israele e che lo scorso settembre si era reso disponibile per una comparazione.
Un tassello ricomposto, sottolinea il Ministero della Difesa in una nota, grazie al lavoro intrapreso “dal Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti, con il supporto del RIS dell’Arma dei Carabinieri e del Laboratorio di Antropologia Molecolare dell’Università di Firenze” e nel segno della collaborazione contestualmente avviata dallo stesso Commissariato con l’Associazione Nazionale Famiglie Italiane Martiri delle Fosse Ardeatine e la Comunità ebraica di Roma.
Tra 2011 e 2012 ad essere identificati furono i resti del partigiano ebreo Marco Moscati, che fu protagonista della Resistenza nel Lazio, e quelli di altre due vittime dell’eccidio: Salvatore La Rosa e Michele Partito. Un risultato a partire dal quale, ricorda il Ministero, si crearono i presupposti per poter proseguire l’attività (otto i resti ancora da associare).
“A pochi giorni dal 25 Aprile – afferma la Presidente UCEI Noemi Di Segni – una notizia attesa da mesi che ci ricorda come la Memoria non sia solo ascolto ma anche un processo attivo caratterizzato da consapevolezza e impegno”. A coloro che si sono adoperati per questo risultato, sottolinea Di Segni, “la profonda gratitudine di tutti gli ebrei italiani”.

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I PASSI AVANTI DELLA RICERCA ISRAELIANA

Vaccino, test rapidi e nuovi farmaci
Israele in prima linea contro il virus

In tutto il mondo c’è una corsa contro il tempo per sconfiggere il Covid-19. Tre sono le armi necessarie: un test affidabile, rapido e che consenta di analizzare i dati di ampie fasce della popolazione contemporaneamente per diagnosticare precocemente i portatori di virus; farmaci per curare gli ammalati prima che i sintomi si aggravino in modo irreversibile; e un vaccino che consenta di tornare alla normalità (o, si spera, a una normalità più consapevole e attenta a un futuro sostenibile), immunizzando preventivamente la popolazione.
Su tutti e tre i fronti, Israele è all’avanguardia.
Del vaccino che è in attesa del semaforo verde delle Autorità per i test di fase 3, abbiamo già parlato nei giorni scorsi. È stato messo messo a punto dal Migal Galilee Research Institute e nasce dall’esperienza con il coronavirus aviario, sul quale l’azienda sta lavorando da quattro anni. Si tratta di uno dei tre progetti che sembrano presentare le maggiori chances di successo, in quanto utilizzano virus già testati e possono quindi saltare la fase 1 e 2 di sperimentazione e avere un via d’accesso rapida alla fase 3. 
Per quello che riguarda la diagnostica, presso l’Università ebraica di Gerusalemme un team guidato dai professori Nir Friedman e Naomi Habib ha sviluppato un test molto rapido ed economico, con materiali che si trovano comunemente in ogni laboratorio diagnostico e possono quindi essere reperiti ovunque in tempi brevi e a basso costo, senza doverli importare dall’estero. “È un protocollo da quattro a dieci volte più rapido di quelli attualmente utilizzati” spiega Naomi Habib, che lavora presso l’Edmond and Lily Safra Center for Brain Science (ELSC) della Università ebraica.

Viviana Kasam

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NELL'ULTIMO VIDEO PILPUL, L'INDAGINE SWG SUGLI ITALIANI E L'EMERGENZA SANITARIA

"No, non saremo migliori dopo questa crisi" 

Preoccupati di uscire di casa e di prendere i mezzi pubblici, poco convinti che da questa crisi ne usciremo più forti ma con più fiducia rispetto al passato nello Stato. Nuovo appuntamento con l'indagine Swg sull'Italia e il coronavirus nell'ultimo video pilpul, l'appuntamento curato dalla redazione UCEI, in cui si presenta una fotografia aggiornata della percezione degli italiani dei problemi legati a questa emergenza sanitaria. “La preoccupazione degli italiani rispetto al coronavirus è in diminuzione ma il dato nuovo di questa settimana è legato alla domanda 'quanto ti senti sicuro a fare determinate azioni' - spiega il direttore di ricerca di Swg Riccardo Grassi - Andare a lavoro, uscire di casa a fare la spesa, stare in un negozio o ufficio pubblico, usare i mezzi pubblici. I dati ci dicono che cresce un senso di insicurezza: più dell'80 per cento non si sente sicuro a usare i mezzi. Un indicatore che ci dice da solo come non sarà facile, anche con la fine del lockdown, tornare alle stesse abitudini”. In positivo, diminuisce il dato sulla preoccupazione per il proprio futuro economico ma sorprende - in negativo – quello legato alla percezione sul fatto che potremo uscire da questa crisi migliori rispetto a come eravamo prima. Alla domanda “Io sarò migliore?”, si è passati in un mese dal 45% al 36% di risposte affermative. Un segnale da tenere in considerazione per il futuro.

NEL VIDEO PILPUL DI STASERA, IL DIRETTORE DEL CENTRO GADI LUZZATTO VOGHERA

Cdec, un nuovo sito per la vitalità

Due giovani ebrei italiani, Giorgio Corinaldi e Amedeo Mortara, esuli in Svizzera e pronti a partire per l’Italia per tornare a vivere da uomini liberi. È la fotografia cui la Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano ha scelto di affidare l’avvio del suo nuovo sito.
Un’iniziativa che, ricorda il suo direttore, lo storico Gadi Luzzatto Voghera, “si inserisce nel contesto di un generale cambiamento che la Fondazione già da qualche anno ha avviato, con nuove modalità di lavoro, proposte culturali diversificate, anche nella prospettiva di una nuova sede”.
Ricchezza e diversificazione di contenuti, ma anche facilità di fruizione. Al centro della homepage la Digital Library, spazio virtuale in cui tutte le risorse sono collegate tra loro e canale di accesso a tutto il patrimonio documentale messo a disposizione dal Cdec.
Queste alcune caratteristiche del nuovo sito, che Luzzatto Voghera presenterà stasera alle 22.30 nel quotidiano videopilpul curato dalla redazione sui canali social UCEI e Pagine Ebraiche.
“In un momento così sospeso – la sua riflessione – un segno di vitalità, di movimento e di ricostruzione”.

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IL RICONOSCIMENTO DEL CAPO DELLO STATO

Alfieri della Repubblica, l’attestato del Quirinale
anche nel segno della Memoria

“Alfiere della Repubblica”. È l’attestato d’onore conferito dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a 25 giovani che in tutto il Paese si sono distinti “come costruttori di comunità, attraverso la loro testimonianza, il loro impegno, le loro azioni coraggiose e solidali”. Giovani che, viene sottolineato, “rappresentano modelli positivi di cittadinanza e che sono esempi dei molti ragazzi meritevoli presenti nel nostro Paese”.
Tra loro il 19enne Cosmas Joel Wallbrecher, residente a Roma, attivamente impegnato assieme a tutta la sua famiglia nel progetto dell’Associazione “Ricordiamo Insieme” che molte iniziative di Memoria ha animato in questi anni nella Capitale (tra le altre la solenne cerimonia che si tiene ogni anno all’ex Collegio Militare dove furono imprigionati gli ebrei rastrellati del 16 ottobre 1943).

(Nell’immagine Cosmas Joel Wallbrecher con Sami Modiano)

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LA VIDEO TESTIMONIANZA PER YOM HASHOAH

Memoria, la lezione di Edith

Un orrore che resta attaccato alla pelle e all’anima. Ma anche un incrollabile impegno al servizio della verità storica, della consapevolezza, della Memoria. Edith Bruck, Testimone della Shoah ma anche scrittrice e poetessa, ha da sempre il dono della chiarezza.
Lo ha confermato nella sua ultima testimonianza, la prima al tempo del Coronavirus. Non in aule di scuole o d’università, ma in videoconferenza sul canale social UCEI.
In dialogo con l’intellettuale di origine ungherese, ma italiana d’adozione, gli esponenti dei movimenti giovanili ebraici Hashomer Hatzair e Bnei Akiva, che con l’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane hanno collaborato per fare anche di questo Yom Ha Shoah di tempo sospeso e separazione fisica un’occasione di ricordo, confronto e passaggio di testimone tra generazioni.

L'INIZIATIVA REALIZZATA DALL'ASSOCIAZIONE FIGLI DELLA SHOAH

Milano e i nomi da non dimenticare

“Quest'anno non posso accendere il cero nel ricordo dei sei milioni dei nostri morti, ma sono con loro. Me li ricordo tutti quelli che ho incontrato e che non sono tornati a raccontare. Sono voci lontane ma sempre vicine nella mia vita. So a memoria tanti nomi, che vorrei ogni volta dire ad alta voce: Alberto, Olga, Giuseppe Segre. E gli altri che ho incontrato con uno sguardo, che ha voluto dire un mondo”. Parole di Liliana Segre, che in questo Yom HaShoah diverso degli altri, non ha potuto accendere in sinagoga a Milano, come negli anni passati, una candela in memoria delle vittime del genocidio nazifascista, in memoria dei suoi familiari assassinati ad Auschwitz. Grazie all'impegno dell'Associazione Figli della Shoah però il suo ricordo, così come quello di figli e nipoti di sopravvissuti, ha trovato uno spazio virtuale in cui esprimersi: un video lanciato per Yom HaShoah dall'Associazione in cui sono raccolte diverse testimonianze. “Abbiamo cercato di mantenere un messaggio molto semplice e diretto, dando voce a Liliana e ai figli dei sopravvissuti. A causa delle restrizioni ovviamente non abbiamo potuto leggere i nomi dei deportati da Milano in sinagoga. Lo hanno sempre fatto i nostri ragazzi del liceo e sono sicura che torneranno a farlo in futuro", spiega Daniela Dana Tedeschi, vicepresidente dell'Associazione Figli della Shoah.

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IL MEMORIALE DELLA SHOAH DI BOLOGNA E L'ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE

“Ricordiamo per un futuro solido”

“Il 21 aprile del 1945 fu un giorno storico per Bologna. Arrivarono gli alleati e con loro la Liberazione dal nazifascismo. E poi con il 25 aprile, Liberazione d’Italia dalla occupazione dall’esercito tedesco e dal governo fascista. Liberazione che ha avuto tanti protagonisti: l’esercito alleato, le forze partigiane, i singoli individui che agirono secondo coscienza. Tra le tante azioni da ricordare, per lo straordinario messaggio che questa vicenda ci offre, il contributo arrivato da un gruppo di volontari che scelsero di riscattare i loro fratelli trucidati nella Shoah e dare vita a quella che sarebbe stata chiamata la Brigata Ebraica”. 
L’ha ricordato Daniele De Paz, presidente della Comunità ebraica di Bologna, così intervenuto in una breve cerimonia trasmessa sui canali social del Memoriale della Shoah inaugurato alcuni anni fa in prossimità della stazione ferroviaria.

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Rassegna stampa

Un nome, 76 anni dopo
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Ticketless - Chiaromonte, il cinese e il concetto di limite 
Durante questi giorni di attesa il Midrash di Svevo sugli ordigni ha suscitato reazioni fra i miei quattro affezionati lettori. Tante domande alle quali non so rispondere. La malattia di cui si parla può essere il contagio di un virus? Svevo aveva presenti i danni prodotti dalla Grande Guerra, anche della spagnola. Un laboratorio di analisi in Cina può essere il punto da dove il danno causato sia maggiore come ipotizzava lui? Proverò a ripensarci, perché, secondo me, non potrà più essere quello di prima nemmeno il nostro modo di confrontarci con la memoria e con la storia. Occorrerà ripensare tutto: luoghi della memoria, memoriali, mostre e musei sulla Shoah, 27 gennaio, Tribunale dei Giusti, didattica della Shoah. Non potremo nemmeno più leggere i classici nello stesso modo. Nulla sarà più come prima, ma adesso è prematuro parlarne. Un’amica che mi è molto affezionata mi ha consigliato di smetterla di fare l’apocalittico e pensare ad altro. Ha ragione. 
Alberto Cavaglion
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Complottismo da bar
Ogni epoca ha la malattia che la rappresenta, diceva Giorgio Gaber. Ed il virus è davvero la categoria del nostro tempo, ben prima di Covid19. L’aggettivo «virale» è ciò che nell’era social definisce il successo di un post, di un video, di un meme. Il contagio è una virtù, indica la capacità di penetrazione, persino (anche qui Gaber fu preveggente) il valore. In tutte le crisi, o presunte tali, degli ultimi anni abbiamo visto azionarsi questo meccanismo, ma su questa Covid19 mi pare si spostino ulteriormente i limiti. Bombardamento costante di ogni tipo di idiozia raccattata da siti a dir poco improbabili. E, a differenza che sulla questione migranti che teneva banco fino ad un anno fa, qui domina la trasversalità. 
Davide Assael
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Periscopio - Taras Bul’ba
Ho appena finito di rileggere Taras Bul’ba, di Gogol’, che ricordo che mi appassionò molto da ragazzo (mi pare che fosse ai tempi del liceo, o addirittura delle scuole medie). Ed è facilmente comprensibile come il poderoso romanzo, nonostante (anzi, proprio in ragione di essa) la sua grande violenza e crudezza, possa facilmente catturare l’attenzione dei giovani lettori, affascinati dalle epiche gesta del feroce condottiero, nonché dalla vivida rappresentazione della selvaggia società del suo tempo e degli sconfinati paesaggi su cui si stagliano le umane passioni.
Francesco Lucrezi
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Varsavia, i cafè del Ghetto 
Il 22 luglio 1942 arrivò da Berlino l’ordine di trasferire la popolazione del Ghetto di Varsavia a Treblinka; appresa la notizia, il presidente dello Judenrat Adam Czerniaków si tolse la vita, il 19 aprile 1943 il comandante tedesco Jürgen Stroop diede inizio al rastrellamento del Ghetto.
Le operazioni furono rese estremamente difficili dalla strenua difesa armata delle organizzazioni ebraiche di combattimento, difesa che segnò un momento epocale della Resistenza ebraica polacca nonché uno smacco alla poderosa macchina bellica tedesca; le Waffen–SS riuscirono a piegare la Resistenza, il 16 maggio 1943 le unità tedesche trasferirono 30.000 residenti del Ghetto presso i Campi di sterminio, usarono lanciafiamme e gas asfissianti, inondarono le fognature, distrussero l’abitato e fecero saltare la Wielka Synagoga, 56.000 ebrei caddero durante la rivolta, migliaia di superstiti furono trasferiti a Treblinka, meno di un centinaio dei 750 ebrei combattenti sopravvissero.
Francesco Lotoro
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