IL RICONOSCIMENTO PER LA FISICA ALL'ASTRONOMA NEWYORKESE
Andrea Ghez, un Nobel dalle radici ebraiche
a cavallo tra Roma, Pisa e Livorno
Radici ebraico-italiane per Andrea Ghez, la 55enne astronoma newyorkese vincitrice in queste ore del Premio Nobel per la Fisica. La quarta donna in assoluto a ottenere questo riconoscimento, tributatole insieme a Reinhard Genzel per le sue ricerche sulla Via Lattea. Laureatasi al Massachusettes Institute of Technology, dal 2004 è tra i membri dell’National Academy of Sciences e, sempre in coppia con Genzel, nel 2012 ha ricevuto il Premio Crafoord nel campo dell’astronomia. “Spero – il suo primo commento, dopo la telefonata ricevuta da Stoccolma – di ispirare altre giovani donne a dedicarsi a questo campo del sapere. La fisica è uno studio che può regalare così tante soddisfazioni e se si è appassionati di scienza, c’è veramente molto da fare”.
Il padre della scienziata, Gilbert, era nato a Roma nel 1938, secondo figlio del romano Henri e della tedesca Elsie Marx. Salvifica la scelta di emigrare nel giro di breve tempo a New York, dove la famiglia Ghez trascorre il periodo bellico. Finita la guerra, il ritorno in Europa. Con Gilbert che si forma alla scuola internazionale di Ginevra e poi, trasferitosi definitivamente negli Stati Uniti, completa il suo percorso di studi in economia in prestigiosi atenei tra cui Yale e Columbia University. Diventato economista di successo, nei primi Anni Novanta, poco dopo il crollo del Muro di Berlino, è l’artefice di un programma rivolto a studenti cecoslovacchi che, grazie al suo impegno, hanno l’opportunità di formarsi in America. Alcuni anni dopo, nel 2007, avrebbe invece ideato un’altra pregevole iniziativa: un’occasione d’incontro aperta ai discendenti della famiglia Ghez. L’appuntamento era stato tra Pisa e Livorno. Nei luoghi quindi di un avo illustre: l’ebreo livornese Giacomo di Castelnuovo (1819-1886), che fu protagonista del Risorgimento e medico di riferimento di casa Savoia. “Livorno dove Giacomo è nato, Pisa dove ha abitato ed è sepolto, con partecipazione di centoventi discendenti”, racconta Bruno Di Porto, direttore del periodico “Hazman Veharaion – Il Tempo e L’Idea” e bisnipote del celebre medico.
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QUI FERRARA - AL VIA AL MEIS LA NUOVA EDIZIONE DELLA FESTA DEL LIBRO EBRAICO
Dai geroglifici all'alfabeto ebraico,
l'inestimabile valore della scrittura
La scrittura è considerata uno dei fondamenti di una società evoluta. Diversi sono i segni adottati dalle culture nel corso dei millenni per poter lasciare una traccia di sé nel futuro, per poter tramandare la propria storia. Ed è nel segno della scrittura, di quella ebraica e di quella egizia, che si è aperta a Ferrara l'undicesima edizione della Festa del Libro ebraico promossa dal Museo nazionale dell'Ebraismo italiano e della Shoah. A confrontarsi sul significato e sul valore della scrittura, il diretto del Meis e sofer Amedeo Spagnoletto e il direttore del Museo egizio di Torino Cristian Greco, in una doppia lezione dialogata che si è tenuta significativamente sotto la Sukkah (la capanna che gli ebrei costruiscono per la festa di Sukkot), realizzata nei giardini del Museo. “La festa di Sukkot è definita in ebraico Zman Simchatenu, il tempo della nostra felicità, e ci è sembrato importante farla coincidere quest'anno con la Festa del Libro ebraico (che in genere si tiene in primavera)”, ha spiegato in apertura il presidente del Meis Dario Disegni. Un momento dunque per celebrare insieme al pubblico la gioia della festa ma anche, ha aggiunto Disegni, per ricordarci della precarietà della vita. “La capanna in cui per sette giorni gli ebrei devono risiedere durante Sukkot rappresenta l'idea di precarietà, del nostro essere in balia degli eventi atmosferici e non solo. Ci ricorda che le nostre vite possono essere felici ma che improvvisamente tutto può esser messo in discussione, come sta avvenendo in questo terribile 2020”. Una festa, quella di Sukkot e quella del Libro ebraico, dunque dai tanti significati, a cui il pubblico ha risposto con grande partecipazione: in presenza, nel limiti imposti della misure anti-contagio, e seguendo il primo appuntamento in streaming sulla pagine facebook del Meis. Dopo i saluti delle autorità - presenti sia i rappresentati del Comune che della Regione a testimonianza dell'importanza del Meis per il territorio - si è entrati nel vivo con il dialogo tra rav Spagnoletto e Greco, che hanno descritto rispettivamente le origini e l'evoluzione dell'alfabeto ebraico e della scrittura dell'antico Egitto.
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QUI ROMA - LA COMMEMORAZIONE PER IL 7 OTTOBRE 1943
Carabinieri deportati, il ricordo della ferita
Cade in queste ore l’anniversario della deportazione dei carabinieri romani nei campi di concentramento nazisti. Era il 7 ottobre del 1943. Poco più di una settimana dopo le SS avrebbero dato avvio al rastrellamento della popolazione ebraica della Capitale. La drammatica alba del 16 ottobre. Convinzione dei tedeschi è che l’Arma si sarebbe potuta rivelare un intralcio significativo nei suoi propositi di cattura e annientamento. E così, con la complicità del maresciallo Graziani, procedettero alla cattura. Oltre duemila carabinieri furono arrestati e deportati. Centinaia di loro non fecero ritorno.
In ricordo di quanto avvenuto si è svolta oggi una solenne commemorazione presso la sede del Comando Scuola Allievi Carabinieri. A testimoniare la vicinanza dell’ebraismo italiano e romano la presidente UCEI Noemi Di Segni, la presidente della Comunità ebraica di Roma Ruth Dureghello e il rabbino capo rav Riccardo Di Segni.
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IL DOSSIER DI PAGINE EBRAICHE - GLI USA VERSO LE ELEZIONI
Trump o Biden, l’America ebraica alle urne
Non è un segreto che alle urne la larga maggioranza degli ebrei americani vota democratico. L’unico momento storico negli ultimi 50 anni in cui un candidato repubblicano ottenne quasi la stessa percentuale di voti rispetto all’avversario dem fu nel 1980. Allora Ronald Reagan sfidava il presidente uscente Jimmy Carter. L’elettorato americano votò in massa Reagan e bocciò Carter, che poi perse. Gli ebrei furono leggermente più clementi votando comunque più democratico che repubblicano, ma di poco. E questo nonostante Carter avesse facilitato l’importantissimo accordo di pace tra Egitto e Israele. Una svolta storica per l’area ma, vista la recessione economica e la disastrosa gestione della crisi degli ostaggi del 1979 a Teheran, Carter non riuscì a fare veramente breccia negli elettori ebrei. Una lezione valida oggi, seppur a parti invertite, per il Presidente uscente Donald Trump. Dopo aver spostato l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, riconosciuto la sovranità di Israele sulle alture del Golan, aiutato – in particolare grazie al genero Jared Kushner – a siglare gli accordi di normalizzazione dei rapporti tra Israele, Emirati Arabi Uniti e Bahrein, ci si poteva aspettare un significativo cambio di orientamento nell’elettorato ebraico americano. E invece secondo i sondaggi il 69% degli ebrei a stelle e strisce voterà per Biden mentre il 30% per Trump.
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LA CONDANNA PRONUNCIATA DA UN TRIBUNALE DI ATENE
"Alba Dorata è un'organizzazione criminale"
I neonazisti greci messi al bando
Dopo un processo durato più di cinque anni, la leadership del partito neonazista greco Alba Dorata è stata condannata da un tribunale di Atene per aver guidato “un'organizzazione criminale”. Alla lettura della sentenza, il pubblico in aula è esploso in applausi e urla di gioia.
Alba Dorata aveva ottenuto 18 seggi nel 2012, quando la Grecia era alle prese con la grave crisi finanziaria che portò all'intervento della Troika. L'inchiesta fu avviata nel 2013, dopo l'uccisione del rapper antifascista Pavlos Fyssas e incentrata su altri casi di violenza portati avanti da membri e affiliati al partito. Tra i condannati, il leader Nikos Michaloliakos, noto per le sue posizioni antisemite.
L'indagine preliminare degli inquirenti aveva indicato che il partito operava come gruppo paramilitare, con ordini impartiti dalla direzione di Alba Dorata alle organizzazioni di quartiere e a veri e propri gruppi d'assalto. Ordini che si sono trasformati in violenze contro i migranti e contro manifestanti antifascisti.
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Ticketless - Longobardi e musulmani
La settimana scorsa ricordavo gli album di famiglia, questa settimana vorrei fare l’elogio dei libri di scuola. In uno di questi volumi abbandonato sugli scaffali, per puro caso, ho fatto una piccola scoperta su Se questo è un uomo, che vorrei condividere con i miei lettori.
«La legge feroce che vige nel Lager», si sa, discende dal celeberrimo verso di Manzoni in Adelchi: «Una feroce/ forza il mondo possiede e fa normarsi/dritto» (Atto III, scena III, vv. 33-4). Poche righe sotto vengono presentati «i musulmani», i non-uomini: «Benché inglobati e trascinati senza requie dalla folla innumerevole dei loro consimili, essi soffrono e si trascinano in una pacata intima solitudine, e in solitudine muoiono o scompaiono, senza lasciar traccia nella memoria di nessuno».
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La verità del Covid-19
Dopo essere risultato positivo al coronavirus ed aver visto aggravarsi le proprie condizioni di salute tanto da aver bisogno dell’ossigeno, Donald Trump ha bruciato tutte le tappe ed è già stato dimesso dall’ospedale pronto per il prossimo confronto TV con Joe Biden programmato per il 17 ottobre. Il messaggio è chiarissimo e detto apertis verbis dallo stesso presidente.
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Periscopio - A proposito di Allen
L’autobiografia di Woody Allen, A proposito di niente, recentemente pubblicata in Italia per i tipi de La nave di Teseo, rappresenta un documento di straordinario interesse non solo sui nascosti “interna corporis” dei mondi del cinema, del teatro, del giornalismo e della musica statunitensi (dei quali l’autore svela, con impietosa crudezza, i torbidi retroscena, intrighi, intrallazzi, lotte di potere, falsità e nefandezze varie), ma anche sui tortuosi e controversi percorsi di affermazione e di escalation sociale degli immigrati ebrei della East Coast, a cui la famiglia di Allen (al secolo, Allan Königsberg) apparteneva.
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