Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui    1 Novembre 2020 - 14 Cheshvan 5781 Sav
LA FIDUCIA DEL TEAM ISRAELIANO PER L'AVVIO DELLA FASE TRE

Israele e i passi avanti sul vaccino,
al via la sperimentazione sui volontari

“Mi sento benissimo e scherzo con lo staff medico. Come ogni cosa nella vita che ha un rischio, dobbiamo guardare al beneficio che può venire fuori da qui: la speranza di un vaccino israeliano”. Sorride e si dice fiducioso Segev Harel, il primo paziente a cui è stato somministrato il vaccino contro il Covid-19 sviluppato dall’Israel Institute for Biological Research. Tra telecamere e discorsi ufficiali è infatti iniziata in queste ore la fase di sperimentazione clinica del vaccino israeliano; una sperimentazione che vede coinvolti 80 volontari che saranno testati in due strutture, il Hadassah Ein Kerem e lo Sheba Medical Center. “C’è una pandemia globale che sta cancellando vite umane e io ho la possibilità di aiutare. – ha raccontato Harel ai media israeliani dallo Sheba -. Se questo è il minimo che posso fare per liberarmi di questo virus, perché no?”. Sulla stessa lunghezza d’onda, Anar Ottolenghi, anche lui parte del primo gruppo di volontari e a cui il vaccino è stato somministrato allo Hadassah. “Mi sento bene. Sono emozionato – racconta Ottolenghi – e vorrei incoraggiare quante più persone possibile a partecipare all’esperimento e aiutare l’intera società”.
Oggi inizia dunque la sperimentazione sull’uomo della Fase I del vaccino israeliano. Gli 80 volontari hanno età compresa tra i 18 e i 55 anni. Ognuno di loro sarà monitorato nel corso delle prossime tre settimane per determinare se ci sono effetti collaterali causati dal vaccino. Se la prima fase dovesse essere un successo, si passerà alla seconda a cui prenderanno parte 30 mila volontari in un periodo di 6 mesi.
“In un modo o nell’altro, con un vaccino sviluppato qui da noi o all’estero, porteremo abbastanza vaccini ai cittadini di Israele, e poi potremo finalmente liberarci da questa piaga. Vedo la luce alla fine del tunnel, vedo i vaccini nello Stato di Israele”, ha dichiarato il Primo ministro Benjamin Netanyahu, in una conferenza stampa dopo la somministrazione ad Harel e Ottolenghi delle prime dosi. “Questo è un processo lungo e ci vorrà del tempo per elaborare i dati. È necessario avere pazienza”, la cautela espressa dal ministro della Difesa Benny Gantz, in visita al Hadassah. 

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A 25 ANNI DALL'ASSASSINIO, L'APPELLO DEL PRESIDENTE RIVLIN

“Il Paese è diviso come il Mar Rosso.
Nel nome di Rabin, ricuciamo la frattura”

La frattura interna a Israele è sempre più profonda. Agli occhi del Presidente israeliano Reuven Rivlin il paese appare “diviso come il Mar Rosso tra due campi, e l’odio ribolle sotto ai nostri piedi”. È il momento di agire e impegnarsi a spegnere questa rabbia, prima che un’altra tragedia come quella di 25 anni fa si compia. È il recente appello di Rivlin con riferimento all’omicidio del Primo ministro e Nobel per la pace Yitzhak Rabin. Proprio in occasione delle commemorazioni in Israele per l’assassinio di Rabin, il Presidente ha voluto lanciare un messaggio alla nazione e ai suoi politici: fermate la rabbia montante in un paese segnato dalla crisi sanitaria ed economica. “Ogni anno, in vista di questo evento, spero, desidero, che per una volta ci si possa concentrare sull’eredità civile di Yitzhak. Quest’anno ho deciso che, qualunque cosa accada, ne parlerò”, ha dichiarato Rivlin, nel corso della cerimonia presso la sua residenza dedicata al premio Nobel per la Pace.

“Ma prima di arrivarci, come ogni anno, mi trovo oggi a chiedermi quale sia l’anima di questo Paese che Yitzhak ha tanto amato. L’anima del suo popolo, l’anima della democrazia israeliana che è robusta ma che non possiamo dare per scontata. Ogni anno accendo Ner (lume) Yitzhak e sento quanto brucia la terra fuori. Quest’anno, più che mai, ci riuniamo qui oggi e temo che le fiamme dentro di noi siano un pericolo per la nostra casa, per tutti. Lo spregevole assassino del Primo ministro pensava di essere legittimato a distruggere, pensava di mettere in atto l’esistenza di un profondo e duro dissenso politico. Io ero dall’altra parte rispetto a Yitzhak Rabin in quella discussione politica. Ce n’erano molti altri come me. E la maggior parte di noi, convinta che la nostra strada fosse quella giusta, non ha creduto per un attimo, non ha immaginato per un attimo, il terribile scenario a cui il dibattito ideologico avrebbe poi portato”. “25 anni dopo, il Paese è diviso come il Mar Rosso tra due campi e l’odio ribolle sotto i nostri piedi. – le parole di Rivlin – Non può essere che siano esposti cartelli che invocano la morte dei cittadini. Non può essere che i giornalisti vivano sotto minaccia. Non può essere che cittadini picchino altri cittadini. Non può essere che la polizia debba affrontare una grave aggressione verbale. E non può essere che qualcuno consideri che l’assassinio di un primo ministro, di un ministro, di un Presidente, di un membro della Knesset, sia addirittura un’opzione”.

(Nelle immagini, il Presidente Reuven Rivlin durante le commemorazioni per Yitzhak Rabin. Il municipio di Tel Aviv illuminato per ricordare i 25 anni dall'omicidio dell'ex premier israeliano, premio Nobel per la Pace )

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UK - IL REPORT SULL'ANTISEMITISMO INTERNO E LA SOSPENSIONE DI CORBYN 

“Il Labour ora cambi davvero,
fuori tutti gli antisemiti”

Non è la fine, ma l’inizio. Almeno è quanto auspica il giornale ebraico britannico Jewish Chronicle per il futuro del partito laburista. La chiara e documentata condanna da parte della Commissione per l’uguaglianza e i diritti umani per l’incapacità del Labour di contrastare l’antisemitismo interno è un’opportunità per il partito di voltare pagine, sottolinea il Chronicle. A maggior ragione ora che Jeremy Corbyn, l’ex leader laburista che ha lasciato che l’antisemitismo interno rimanesse impunito, è stato sospeso. “Per più di quattro anni dopo l’elezione di Jeremy Corbyn a leader laburista nel 2015, gli ebrei britannici si sono sentiti sempre più diffidenti, al punto che quasi la metà ha pensato di lasciare il Paese. – scrive il giornale ebraico, che al report della Commissione e alla sospensione di Corbyn ha dedicato un numero speciale (nell’immagine la prima pagina) – Che questo sia potuto accadere in una democrazia moderna è una vergogna per i laburisti. L’umiliazione della loro sconfitta dello scorso dicembre, l’elezione di Sir Keir Starmer a leader in aprile, e ora il rapporto dell’EHRC può sembrare la chiusura di un capitolo spregevole della storia politica britannica”. Ma non è così, sostiene la direzione del giornali, ricordando che ora serve agire e avviare il cambiamento. La sospensione di Corbyn – arrivata dopo che l’ex leader, rapporto alla mano, ha negato la gravità delle accuse – è un primo segnale, ma è necessario andare a fondo. 

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LA PUGLIA E IL PROGETTO DA TUTELARE

“Giardino della Memoria e dell’accoglienza,
un patrimonio da salvare”

A Santa Maria al Bagno, frazione del Comune di Nardò, ha sede da qualche anno il Giardino della Memoria e dell’Accoglienza. Un suggestivo spazio verde, affacciato sul mare, che ricorda il passaggio di migliaia di ebrei sopravvissuti alla Shoah che in Puglia trovarono ristoro e speranza.
Inaugurato dal professor Pierluigi Congedo, docente di diritto alla Luiss di Roma e al King’s College di Londra, il giardino ha nel futuro più di un’insidia. Il rischio infatti è che possa scomparire o essere pesantemente intaccato da un progetto dell’amministrazione comunale che in quell’area vorrebbe impiantare un idroscalo.
A parlare è l’ultima puntata di “Babele. I sentieri della fede”, il programma domenicale di Radio Rai 1 con interventi dello stesso Congedo e della presidente UCEI Noemi Di Segni.
Clicca qui per riascoltare la puntata.

Sfidare l’ignoto
L’identità bisogna cercarla nel futuro, senza paura di sfidare l’ignoto. Léch Leckhà in mezzo tweet.
                                                                          David Bidussa
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Il principio satanico
No, per cortesia, nessun fraintendimento. Soprattutto, non commettiamo l’errore di interpretare lo sfrangiamento che stiamo vivendo nei tempi correnti, che attraversiamo come una terra straniera, con gli strumenti del passato. Questi ultimi, infatti, non ci aiutano a capire il presente. Le recentissime vicende francesi di queste ultime settimane, sono a ricalco del mutamento che sta avvenendo sia nelle società a sviluppo avanzato, sommerse dalla marea montante di una pandemia che le sta trasformando profondamente, passo dopo passo, sia nelle società che temono di perdere l’ultimo treno della trasformazione, nel Mediterraneo così come in Africa ed Asia
Claudio Vercelli
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