Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui               14 Gennaio 2021 - 1 Shevat 5781
IL DOSSIER "ITINERARI" SU PAGINE EBRAICHE DI GENNAIO

“Non mollare, il coraggio di parlare chiaro”

Nel dossier “Itinerari” su Pagine Ebraiche di gennaio in distribuzione abbiamo scelto di proporvi sei percorsi di consapevolezza in altrettanti grandi centri, sulle tracce di personaggi che hanno ancora molto da raccontarci. Un viaggio nei luoghi e tra ideali e valori che non hanno perso d'attualità. Il quarto appuntamento è con Firenze e la storia dei fratelli Rosselli.

“Avevamo passato in rassegna i nomi dei periodici italiani e stranieri che conoscevamo, risalendo fino a quelli del Risorgimento. Nessuno ci sembrava adatto per la testata del giornaletto che volevamo fare. In mancanza di meglio ci eravamo fermati sul nome ‘Il Crepuscolo’. Ma non eravamo soddisfatti. Poteva dar luogo ad equivoci, dal sostantivo si sarebbe potuto trarne l’aggettivo ‘crepuscolari’, con il quale non ci sarebbe certo piaciuto di essere qualificati. Fu Nello Rosselli finalmente a suggerire: chiamiamolo ‘Non Mollare’. E tutti fummo subito d’accordo”. Gaetano Salvemini ripercorreva con queste parole la genesi di una delle più importanti iniziative dell’Italia antifascista: il periodo clandestino Non Mollare, il primo nel suo genere a veder la luce nel nostro Paese. Andò in stampa per pochi mesi, dal gennaio all’ottobre del ‘25. Ma fu un’esperienza straordinaria, indimenticabile. La prova che c’era anche un’altra Italia. Un’Italia che non si arrendeva ai soprusi e alla violenza di Stato. 
Anime della pubblicazione furono proprio Nello e il fratello Carlo, che seppur nati a Roma erano ormai già da tempo fiorentini d’adozione. La loro casa in via Giusti fu il cuore pulsante di Non Mollare, che costituì per tutto l’arco della sua uscita una vera spina nel fianco del regime. 
“Il nostro itinerario in loro ricordo non può che partire da lì, da via Giusti 38” sottolinea Valdo Spini, ex ministro e attuale presidente della Fondazione Circolo Fratelli Rosselli. All’esterno dell’edificio, che si trova di fronte a un istituto superiore intitolato a Salvemini e in cui insegnò tra gli altri Ernesto Rossi, una targa ricorda il valore e il significato di quella esperienza. 

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LE ISTANZE ACCOLTE DAL GOVERNO ITALIANO  

Benemerenze, la svolta storica per l'Italia
L’UCEI scrive a enti e Comunità 

Accogliendo le istanze presentate dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il governo ha recentemente introdotto in legge di bilancio alcune disposizioni che superano storture a lungo vigenti in materia di concessione delle benemerenze ai perseguitati dal nazifascismo. Una svolta storica, di cui l’Unione ha messo al corrente comunità, enti e istituzioni ebraiche attraverso una approfondita comunicazione diffusa nelle scorse ore.
Le nuove disposizioni, viene sottolineato nel documento, che porta la firma della Presidente UCEI Noemi Di Segni, modificano principalmente due aspetti della legge 10 marzo 1955, n. 96 (c.d. Legge “Terracini”), recante “Provvidenze a favore dei perseguitati politici o razziali e dei loro familiari superstiti”.
Si legge al riguardo: “La prima novità (art. 1 comma 373 lett. a), che va a modificare il primo comma della c.d. Legge Terracini – che si riferisce ai perseguitati politici antifascisti –, prevede il superamento del limite temporale dell’8 settembre 1943, chiarendo quindi che la persecuzione subita è riferita all’intero periodo dell’occupazione nazi-fascista e si conclude solo il giorno della Liberazione, ossia il 25 aprile 1945. Fino ad oggi, i perseguitati politici potevano ottenere il riconoscimento della benemerenza se dimostravano di aver subito un atto di persecuzione compiuto entro la data dell’8 settembre 1943, d’ora in poi invece ai fini delle benemerenze sarà preso in considerazione l’intero periodo fino al 25 aprile 1945”.
Con il nuovo termine finale del 25 aprile 1945, viene fatto poi notare, “un problema interpretativo si pone subito per i perseguitati razziali: ovvero se sia da prendere in considerazione anche per loro – oltre che per i perseguitati politici – la data ‘finale’ del 25 aprile 1945, ferma restando come data ‘iniziale’ della persecuzione razziale quella del 7 luglio 1938”.
Sarà quindi necessario valutare “l’evoluzione nell’orientamento della Commissione di valutazione istituita presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze e in quello giurisprudenziale delle Corti dei Conti, per aggiornarvi in proposito”.
Prosegue la comunicazione a comunità ed enti ebraici: “La seconda novità (art. 1 comma 373 lett. e), ancor più significativa per gli ebrei italiani che hanno subìto le persecuzioni razziali o che sono coniugi o figli di ex perseguitati, e frutto di un lungo e laborioso lavoro portato avanti dall’UCEI con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è rappresentata dall’introduzione di una presunzione relativa della persecuzione razziale in favore dei perseguitati, con conseguente inversione dell’onere della prova a carico del MEF. Fino a ieri, pur nella consapevolezza che la legislazione antisemita del 1938 ha colpito indistintamente e tassativamente tutti i cittadini ebrei, ogni perseguitato razziale interessato a ottenere la benemerenza era tenuto a presentare prove idonee a dimostrare specifici e diretti atti discriminatori subiti, mediante documenti originali o dichiarazioni rese da testimoni in atti notori, a onta della difficoltà oggettiva di acquisire tali prove, anche in considerazione del notevole lasso di tempo trascorso”.

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IL CASO DECISO DAL TRIBUNALE DI MILANO 

Il professore negazionista, la sentenza che fa scuola

Il fatto non sussiste. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano, assolvendo la filosofa Donatella Di Cesare dall’accusa di aver diffamato lo studioso piemontese Costanzo Preve (1943-2013) da lei definito, in un articolo apparso sulla Lettura del Corriere della sera nel 2018, un “negazionista della Shoah” pubblicato anche “presso editori di estrema destra”. Osservazioni riportate nell’ambito di una netta contestazione dell’operato di Diego Fusaro, controverso studioso che passa con disinvoltura dall’estrema sinistra all’estrema destra e che, secondo la filosofa romana, docente all’Università La Sapienza e autrice di numerosi saggi sul tema della Memoria, riprenderebbe a piene mani “riassumendo e banalizzando, l’insegnamento del suo maestro”. Gli eredi del filosofo avevano sporto querela per l’inserimento di Preve nella categoria dei “negazionisti”. Il giudice ha però rigettato la loro azione, assolvendo con formula piena Di Cesare e sancendo una piena vittoria della verità storica. Una sentenza che fa scuola per il suo alto significato civile, andando a costituire un riconoscimento di giustizia per l’intero ebraismo italiano e per tutti coloro che hanno a cuore il valore della Memoria.

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IL FILM "LEZIONI DI PERSIANO" PROIETTATO IN STREAMING 

Salvarsi nel lager (con il farsi)

Inventarsi una lingua per avere salva la vita. È lo spunto da cui si sviluppa la storia di Gilles, ebreo in fuga dalla Francia occupata e finito prigioniero dei nazisti. Gilles è il protagonista di “Lezioni di persiano”, l'applaudito film di Vadim Perelman, presentato fuori concorso all’ultimo Festival internazionale del cinema di Berlino. Proprio in quell'occasione Pagine Ebraiche lo aveva presentato ai suoi lettori. Ora, solo per alcuni giorni, la pellicola di Perelman è disponibile online al grande pubblico, attraverso la piattaforma iorestoinsala.it e grazie a un'iniziativa di raccolta fondi dell'Adei Wizo. L'Associazione delle donne ebree d'Italia ha infatti organizzato per sabato 16 una proiezione in streaming di “Lezioni di persiano” (qui per maggiori informazioni), di cui di seguito riproponiamo la presentazione su Pagine Ebraiche.

Ha occhi enormi Nahuel Pérez Biscayart, il giovane attore argentino di origini basche protagonista di Persian Lessons. Enormi quando all’inizio del film fugge incespicando nel bosco, lungo i binari, verso il pubblico già ipnotizzato, enormi quando scambia il suo panino con quel libro in farsi che sarà la sua salvezza. E ancora più grandi quando, prigioniero nel campo di concentramento, incontra l’ufficiale nazista che gli salverà la vita. L’ufficiale, interpretato magistralmente da Lars Eidinger - ha un sogno: aprire un ristorante a Teheran, una volta finita la guerra. Ha bisogno di imparare il farsi, e quel giovane prigioniero, che per salvarsi dalla scarica di mitragliatrice ha sostenuto di non essere ebreo portando a prova proprio quel libro appena barattato, gli viene portato da un giovane ufficiale desideroso di mettersi in mostra. Non serve altro. Non c’è molto altro. Potrebbe essere il classico filmone americano, una storia di sogni, gelosie e ripicche ambientata in un lager, condita con un poco di moralismo e qualche risata. Ma la sceneggiatura di Ilya Zofin, che del film è anche produttore, e la sensibilità di Vadim Perelman, pluripremiato regista ucraino naturalizzato canadese basato a Los Angeles, ne hanno fatto qualcosa di completamente diverso. C’entra moltissimo la bravura di Biscayart e Eidinger, certamente, ma la storia non è affatto banale. Che sia vera - come ha spiegato Ilya Zofin raccontando di quando, quindicenne, ne aveva letto in un giornale tedesco - è poco rilevante. Ne è stato anche tratto un libro, di cui però lo sceneggiatore ha saputo solo a riprese iniziate, ma la sua forza è altrove, e in queste settimane tormentate assume un rilievo ancora superiore a quello che tanti applausi ha strappato alla Berlinale, dove Persian Lessons ha avuto la sua prima proiezione mondiale. 

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QUI ROMA - LA PRESENTAZIONE ONLINE 

Memoria, una generazione “nel mezzo”

Domenica scorsa, durante una conversazione online sul suo ultimo libro, un gruppo di neonazisti e antisemiti infiltratosi con false credenziali ha interrotto la riunione con slogan e orrendi epiteti. Un episodio che ha fatto clamore, suscitando preoccupazione e una vasta eco in tutto il Paese.
Ieri, presentando nuovamente La generazione del deserto, ospite del Centro di Cultura della Comunità Ebraica di Roma, della Fondazione Museo della Shoah e della libreria Kiryat Sefer nell’ambito degli eventi del “Salotto letterario”, Lia Tagliacozzo è potuta tornare con maggiore serenità sugli importanti temi che il suo libro tocca.  

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Setirot - La lezione di Piero
Certamente molti di coloro che stanno leggendo queste righe avranno avuto l’occasione e la fortuna di ascoltare Piero Terracina z”l durante una delle sue molteplici testimonianze della Shoah e degli insegnamenti che da quella pagina di Storia dovremmo avere imparato – primo tra tutti "pensate sempre che siete uomini". E probabilmente, poi, ai non giovanissimi che seguono Moked non sfuggì la profondissima intervista, la prima così completa e ricca di emozioni e considerazioni, che Terracina concesse a Lisa Ginzburg ai microfoni di Rai Radio3, nella primavera del 2000, per la trasmissione “Il Novecento racconta”.
Stefano Jesurum
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La libertà
Viviamo in un periodo in cui si parla molto di libertà, e spesso a sproposito. La diffusione del Covid-19 ha molto contribuito alla diffusione della richiesta di libertà. Si invoca la libertà di non vaccinarsi, la libertà di contagiare e di contagiarsi, non osservando le regole e i divieti posti a tutela della pubblica salute. Si invoca, più in generale, la libertà di diffondere attraverso i social media fake news di ogni genere. Per ultimo si invoca il principio di libertà a proposito del rifiuto di Facebook, di Twitter e di altri social media di diffondere i messaggi di Donald Trump dopo il tentativo di insurrezione e l’invasione di Capitol Hill da parte dei suoi sostenitori in conseguenza di una sua precisa istigazione.
Valentino Baldacci
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Spuntino - Il piatto in cui si mangia
Mosè accetta con titubanza l'incarico di liberare il popolo ebraico dalla schiavitù d'Egitto. Alla fine della parashà precedente non nasconde, davanti a D-o, la sua insoddisfazione rispetto alla durezza del faraone che si dimostra molto determinato a non fare concessioni (Es. 5:23): "da quando mi sono recato dal faraone per parlare in Tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo, e Tu non hai salvato il Tuo popolo." La risposta di D-o a Mosè (Es. 6:1) "*ora* vedrai cosa farò al faraone...", sottintende che *poi* non vedrà l'ingresso in Terra d'Israele (secondo Rashì), come di fatto si verificherà. 
Raphael Barki
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