IL GRADUALE RITORNO ALLA NORMALITÀ GRAZIE ALLE VACCINAZIONI

Concerti con pubblico, ristoranti aperti
La terza fase della riapertura israeliana

Il Bloomfield Stadium, nel Sud di Tel Aviv, è stato il teatro in passato di concerti con migliaia di persone. Qui si sono esibiti artisti internazionali come Art Garfunkel, gli Iron Maiden e Black Eyed Peas. La struttura, recentemente rinnovata, può contenere 30mila persone. A causa del covid, lo stadio è rimasto però a lungo chiuso ai fan, ma un primo passo verso la normalità c'è stato. In cinquecento hanno infatti assistito questo weekend al primo di quattro concerti organizzati dall'amministrazione di Tel Aviv per festeggiare la fase tre nel paese, quella delle riaperture. Grazie infatti alla grande campagna di vaccinazioni anti-covid (53 per cento della popolazione ha ricevuto la prima dose del vaccino, il 40 anche la seconda) il governo di Gerusalemme ha potuto eliminare molte restrizioni. E così ristoranti, caffè e bar hanno riaperto. Le imprese possono far rientrare il 75 per cento del personale. Le sale per eventi possono riempirsi fino al 50 per cento delle loro capacità, così come i luoghi di culto. Chi si reca nei ristoranti, nelle sinagoghe o nei teatri deve però possedere il Green Pass, ovvero la certificazione di essere o guarito dal covid-19 o aver ricevuto entrambe le dosi del vaccino. Se hai il Green Pass, che si può scaricare e mostrare attraverso una app, allora hai accesso al ritorno alla normalità e puoi, ad esempio, essere tra i cinquecento del Bloomfield Stadium. “Spero che questo sia l'inizio di un periodo in cui torneremo alla nostra vita normale”, ha sottolineato Reut Gofer, una delle spettatrici del concerto organizzato a Tel Aviv. “Dato che la maggioranza della popolazione è già stata vaccinata possiamo finalmente aprire le nostre attività culturali e ricreative”, aveva evidenziato Eytan Shwartz, portavoce del comune di Tel Aviv. “Spero che presto saremo in grado di riempire lo stadio (Bloomfield)”.

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IL DOSSIER DI PAGINE EBRAICHE - UN ANNO DI COVID

“Israele, l’emergenza non frena il cinema di qualità” 

Uno dei primi film di grande successo finanziati dall’Israel Film Fund (IFF), il fondo israeliano per il cinema, è stato Avanti Popolo. Scritta e diretta nel 1986 da Rafi Bukai, la pellicola è legata alla Guerra dei sei giorni ed è considerata un capolavoro del cinema israeliano. È una satira ironica e brillante sull’assurdità della guerra. Ed è anche il primo film israeliano ad avere come protagonista uno, o meglio due, arabi. Sono passati gli anni, ma la sua importanza non è diminuita e anche per questo l’Israel Film Fund lo ha scelto tra i film da proiettare online per intrattenere gli israeliani chiusi in casa nel lockdown. Come racconta a Pagine Ebraiche il direttore esecutivo dell’IFF Lisa Shiloach-Uzrad, l’ente, durante la prima chiusura del paese per la pandemia, ha lanciato il progetto Yotzim LaSalon (Usciamo nel salotto): oltre a proiettare un film del suo immenso catalogo, ha organizzato a seguire incontri con i registi e attori delle pellicole, aprendo uno spazio di approfondimento sul cinema israeliano molto apprezzato, con interazioni anche sui social network. E tra i primi film, racconta Shiloach-Uzrad, c’è stato proprio Avanti Popolo. Un esempio, peraltro, della filosofia dell’Istituto: dare ampio spazio alla creatività di registi e sceneggiatori israeliani per fare in modo di costruire nel paese un cinema di qualità e originale. “I film prodotti con il sostegno del fondo – spiega Shiloach-Uzrad, tra le protagoniste di #SheTechBreakfast!, serie di incontri su Instagram organizzata dall’ambasciata d’Israele in Italia – hanno portato sin dal 1979 sullo schermo personaggi e temi che raramente erano stati presentati prima: le difficoltà di assimilazione in una società di immigrati; le complesse relazioni tra ebrei e arabi; l’impatto della Shoah; le culture religiose contro quelle secolari; il servizio nell’esercito israeliano”.

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IL CONVEGNO INTERNAZIONALE CON ESPERTI DA ISRAELE

Dopo il virus, quale società 

La pandemia ha modificato in modo significativo la nostra società. Dalla salute al lavoro, dalla religione alla cultura, ogni ambito delle nostre vite è rimasto segnato dall’emergenza. E il grande interrogativo aperto è quale futuro ci aspetta dopo il covid. Un interrogativo alla base del convegno internazionale “Insieme per una società libera dalla pandemia”, organizzato per il prossimo 10 marzo da Rotary per Milano Covidfree, con esperti provenienti da tutto il mondo e nei campi più diversi. Perché l’obiettivo è la “creazione di sinergie solidali, scientifiche e umanistiche, sociali e civili, tecnologiche ed economiche, per un fronte comune globale di risorse pluridisciplinari, multiculturali e multireligiose, nella crisi della pandemia e per una corretta informazione”. Tra le molte voci presenti nell’articolato programma, da Israele il vicerettore della facoltà di Scienze per la Salute dell’Università Ben Gurion Nadav Davidovitch e la docente di Farmacologia e Immunofarmacologia dell’Università Ebraica di Gerusalemme Francesca Levi-Schaffer. Tre le sessioni del convegno che inizierà alle 17 (qui il programma) con i saluti, tra gli altri, del vicesindaco di Milano Anna Scavuzzo. Otto poi i gruppi di studio che si confronteranno, in modo interdisciplinare, sugli aspetti scientifici, etici, giuridici, sociali ed economici connessi con le criticità indotte dalla pandemia, specie nei soggetti più deboli e fragili. Tra i relatori, il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Giorgio Mortara, la presidente dell’Ame Rosanna Supino, il professor Giorgio Lambertenghi Deliliers, membro del Consiglio Direttivo dell’Ambrosianeum.

Fuggire da Ur
Ricominciare da Ur? Forse. Comunque, mai dimenticare che per cominciare, per davvero, è fondamentale fuggire da Ur, non risiedervi.
                                                                          David Bidussa
Sulla “razza” e la cultura
In Francia il dibattito delle idee, ma anche e soprattutto quello sulla società, negli ultimi quarant’anni ha precorso una serie di tendenze che sono poi divenute dominanti in tutte le società postindustriali, Italia compresa. L’effetto combinato tra mutamento sociale ed economico, trasformazioni culturali, cambiamenti indotti dalla dismissione delle attività industriali a favore di una economia sempre più digitalizzata, insieme ai flussi migratori e agli andamenti ondivaghi dei processi di integrazione europea, hanno concorso a ridisegnare non solo l’agenda delle priorità collettive ma anche il modo in cui esse vengono formulate.
Claudio Vercelli
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