UN GRANDE RABBINO, UN MAESTRO CON IL SORRISO
Rav Elia Richetti (1950-2021)
Un rabbino italiano che ha saputo trasmettere gioia e coraggio a innumerevoli ebrei, ma soprattutto un uomo la cui splendida voce e il cui sorriso contagioso aprivano i cuori: rav Elia Richetti ha lasciato la sua vita terrena nelle scorse ore.
Nato a Milano nel 1950, aveva conseguito il titolo rabbinico con il rav Shear Yashuv Cohen, rabbino capo di Haifa, e dopo alcune esperienze di lavoro in Israele, sia come chazan che come rabbino in ambito ospedaliero, aveva messo le proprie competenze e la propria umanità al servizio di varie Comunità italiane.
Un impegno che ha lasciato una traccia indelebile in tutti i luoghi in cui è stato chiamato ad agire. Da Israele a Trieste, dove è arrivato nel 1979 e dove è stato rabbino capo per dieci anni, a Venezia, dove ha operato per nove. Tra i due incarichi dodici anni di lavoro a Milano, dove è stato vice rabbino capo e, tra le varie mansioni, anche docente del Collegio rabbinico, insegnante presso la locale scuola ebraica e responsabile della sinagoga centrale.
Rav Richetti, che dal 2010 al 2014 era stato anche presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, era membro della Consulta rabbinica, rabbino di riferimento della sinagoga milanese di via Eupili e delle Comunità ebraiche di Merano, Napoli, Vercelli e Verona.
"Una perdita immensa per l'ebraismo italiano", sottolinea la Presidente UCEI Noemi Di Segni.
In una recente intervista con Pagine Ebraiche, nel primo anniversario dall’inizio della pandemia, la sua voce si era levata con profondità e autorevolezza per invocare il recupero di un “senso di vicinanza” che vedeva sempre più messo in pericolo. Un ultimo emozionante colloquio in cui il Rav ricordava le diverse e complesse sensazioni di una lettura della Meghillat Ester svolta nel silenzio della sua sinagoga, ma con collegate a distanza centinaia di persone.
Il Covid si affacciava in quei giorni nelle nostre vite. Un anno terribile che il rav Richetti ha scelto di affrontare, come tutta la sua esistenza, con la forza di un sorriso, più forte di ogni asprezza, che non ha mai smesso né smetterà di irradiare luce.
Sia il suo ricordo di benedizione.
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LE REAZIONI ALLA SCOMPARSA
"Il segno del Rav resterà indelebile"
Numerose reazioni, in tutta l’Italia ebraica, alla scomparsa del rav Richetti.
Rav Alfonso Arbib, rabbino capo di Milano e presidente dell’Assemblea rabbinica italiana, sottolinea in una nota: “Lo ricordiamo per la sua emunà, per la sua saggezza e la sua sapienza, per il carattere amabile, per la capacità di comunicare pensieri profondi sempre trovando le giuste parole, con il sorriso e con affabilità con cui sapeva essere veramente vicino nei momenti lieti come in quelli più tristi. Ha onorato il Signore e ha trasmesso intense emozioni con la sua voce potente e melodiosa, avendo a cuore la conservazione delle tradizioni e dei canti di tutte le comunità ebraiche in Italia. È stato per molti maestro e amico. Siamo vicini alla moglie, ai figli e ai parenti tutti in questo triste momento”.
Milo Hasbani, che della Comunità di Milano è il presidente, si unisce al cordoglio: "Tanti lo ricorderanno per aver preparato i figli per il loro Bar Mitzva, con la sua voce inconfondibile, e per l'intonazione del Yafutzu alla fine di Kippur dopo una giornata di digiuno. È rientrato a ferragosto dalla montagna dove era in vacanza per celebrare il funerale di mio padre, con gli scarponi ai piedi perché non aveva avuto il tempo per cambiarsi. Sapeva ascoltare e aveva sempre la parola giusta". Per Hasbani a lasciarci è "una persona di grande valore morale"; un uomo "colto, preparato, sempre disponibile, sorridente".
Dario Calimani e rav Daniel Touitou, rispettivamente presidente e rabbino capo di Venezia, scrivono in una nota congiunta: “La notizia ci ha colti impreparati e ci ha lasciati attoniti, perché rav Richetti è stato un rav che, come pochi altri a Venezia, ha svolto con dedizione e saggezza il suo ruolo di Maestro e di Guida e ha saputo esprimere umanità e calore alle persone nella vita di tutti i giorni così come nei momenti difficili dell’esistenza. Un rav che è stato Maestro e amico, esempio raro nelle virtù della semplicità e dell’umiltà”.
“Di lui – le parole di Alessandro Salonichio, presidente della Comunità di Trieste – non scorderemo la cultura, non solo ebraica, il profondo rispetto per il mantenimento delle tradizioni locali e dei canti liturgici delle numerose Comunità presso le quali ha svolto il suo lavoro”. Tra le sue doti, aggiunge, “ci piace ricordare ancora la straordinaria memoria che, attraverso i numerosi aneddoti che era solito raccontare, lo rendevano un personaggio affascinante e capace di cogliere l’aspetto istruttivo, talvolta anche ironico, delle vicende anche più serie”.
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GLI INCONTRI CHE NE HANNO DETERMINATO LE SCELTE
"I miei Maestri, dal nonno al rav Cohen"
Il primo rabbino che ha conosciuto è stato il nonno materno: Ermanno Friedenthal, autorevole rabbino capo di Milano nel dopoguerra e negli anni della ricostruzione e ultimo rabbino di Gorizia prima della Shoah. Per rav Richetti è stata una presenza di quelle capaci di lasciare un segno profondo, nelle scelte di vita oltre che negli affetti. “Trascorrevamo a casa lo Shabbat e tutte le feste" ricordava a Pagine Ebraiche nell'ambito di uno speciale dossier dedicato al mestiere di rabbino. "Il nonno - la sua testimonianza - era molto amato e rispettato e con noi nipoti sapeva essere dolcissimo”. Non stupisce dunque che il piccolo Elia sognasse di emulare il rav che dall’Ungheria era arrivato a studiare al Collegio rabbinico di Firenze un po’ per caso, perché a quello di Vienna i posti erano esauriti. È un’inclinazione che si approfondisce negli ultimi anni del nonno, quando le sue cattive condizioni di salute fanno sì che i parenti lo debbano assistere quotidianamente. Da quella frequentazione matura una familiarità decisiva con le sue carte e i suoi libri. “Fu un approccio fondamentale al modo di capire i testi biblici. Poi scoprii i discorsi che teneva alla radio in occasione delle ricorrenze: curatissimi, davano un valore sacro a ogni cosa. Furono anch’essi molto importanti nella mia formazione”.
(Nell'immagine rav Ermanno Friedenthal)
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LA RUBRICA MENSILE
Milano ebraica, il racconto dei luoghi e delle persone
Dall’impronta ebraica in un luogo inaspettato come Sant’Ambrogio al “grande cuore del tempio di via Eupili” fino alla rinascita della sinagoga di via Guastalla. Un viaggio tra ricordi personali e racconti tramandati della storia ebraica della città di Milano attraverso gli occhi di rav Richetti. Con grande disponibilità, con il sorriso e una prospettiva sempre originale, il rav aveva raccolto con entusiasmo l’invito della redazione UCEI di raccontare la sua Milano ebraica. E così, mese dopo mese, aveva accompagnato i lettori in luoghi più e meno noti dell’ebraismo milanese.
Per la prima tappa il rav aveva scelto un luogo originale. Il porticato della corte antistante alla Basilica del capoluogo lombardo.
Qui si trovano alcune lapidi incastonate nei muri di mattoni, integre o in frammenti. E a guardare attentamente, tra uno dei frammenti si scopre una menorah.
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L'ULTIMA INTERVISTA CON PAGINE EBRAICHE
"Dobbiamo recuperare il senso di vicinanza"
Un anno fa rav Elia Richetti era praticamente solo nel Tempio di via Eupili, a Milano. Era la festa di Purim e le restrizioni anti-Covid cominciavano ad affacciarsi nelle nostre vite. “In sinagoga eravamo solo io e Daniel Schreiber. Lui aveva il computer per riprendere la lettura della Meghillat Esther. È stato stranissimo leggerla con il deserto attorno. Poi paradossalmente l’hanno seguita più persone di quante avrebbero fatto al Tempio. Collegate online c’erano infatti 400 persone. Ma io non lo sapevo ed ero comunque immerso nel totale silenzio. Una sensazione veramente stranissima” raccontava a Pagine Ebraiche, in una recente intervista concessa in occasione del primo anniversario dall'inizio delle pandemia. “Ancor più difficile però - aggiungeva il rav - è stato Pesach. Ho dovuto pregare in casa perché tutte le sinagoghe erano chiuse. Di festa solenne non poter leggere un Sefer… E poi il Seder (la cena rituale di Pesach): avevamo sempre tante persone a tavola, stavolta eravamo solo io e mia moglie”. Mesi di grande solitudine e di quotidianità stravolta in cui rav Richetti spiegava di aver studiato la letteratura rabbinica più recente. E in cui si era confrontato, tra opportunità e insidie, sulle nuove forme di insegnamento a distanza. Anche di questo aveva voluto parlare nell'ultima di tante occasioni di confronto con la redazione.
(Nell'immagine il rav Richetti durante la recente celebrazione di un Bar Mitzvah a Vercelli)
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LA STORIA
Il Rav e i "racconti del tempo libero"
Stimolante voce nel dibattito ebraico, rav Richetti è stato autore di numerosi interventi e contributi. Tra gli altri un saggio su "Le Mitzwòt al femminile", un'edizione di formulari liturgici, la traduzione del trattato Sanhedrìn. Ma ha anche scritto, con felice esito narrativo, alcune storie per grandi e piccini ("I racconti del tempo libero").
Ve ne proponiamo una dedicata a "Pippo". Il manico da scopa dei giorni dell'infanzia diventato, grazie all'abilità del nonno, un magnifico sevivon.
Questa è la storia di Pippo; no, non del notissimo personaggio dei fumetti, amico di Topolino: il nostro pippo era un giovane alberello. Snello, diritto, duro e robusto, aveva l’ambizione di diventare qualcosa d’importante. Diventò invece, insieme a tanti alberelli uguali, un manico da scopa, infilato in uno spazzolone, di quelli che oggi non si vedono più: era uno di quegli spazzoloni pesanti, con lo snodo al manico, che, messi sopra ad un morbido panno di lana, tiravano a lucido i pavimenti incerati. Fu così che Pippo entrò a casa mia, montato su uno spazzolone verde, e divenne per me un amico ed un compagno; ed anche il suo nome fu scelto da me. La scelta non aveva nulla a che fare con scope più o meno famose ai nostri giorni: a quei tempi le scope dimostravano la loro validità nel lavoro e nella durata, non nella marca.
Perché Pippo? Mah, forse perché era un manico lungo e secco come lungo e secco è l’omonimo eroe dei fumetti; e forse anche perché, a causa del peso dello spazzolone, dava gran colpi ai mobili, ai battiscopa, agli spigoli dei muri e delle porte, lasciando e ricevendo segni di botte ed acquistandosi così la fama di sbadato e di sfortunato, come il suo famoso omonimo disneyano. Piccolo com’ero, mi mettevo in piedi sullo spazzolone afferrandomi a Pippo, mentre scherzosamente la Maria, la nostra donna di servizio, mi scarrozzava avanti e indietro per le stanze della casa. Poi, quando fui troppo cresciuto per quel gioco e la domestica non riusciva più a spingere tutto quel peso, Pippo fu il confidente delle mie avventure vissute e sognate che gli raccontavo andandolo a trovare nell’angolo dello sgabuzzino. Tutto sembrava filare perfettamente, finché un brutto giorno…crack!, il manico dello spazzolone si spezzò durante le pulizie di Pesach.
Da allora, per diverso tempo Pippo rimase in un angolino del ripostiglio, mentre lo spazzolone, ormai a riposo anch’esso perché soppiantato da una modernissima e lucente lucidatrice, giaceva abbandonato poco lontano. Un giorno, però, si profilò un rischio maggiore: dovendo traslocare, bisognava buttar via tutta la roba inservibile. Fu così che lo spazzolone finì nella spazzatura, ed uguale fine avrebbe fatto anche Pippo, se il mio nonno non l’avesse adocchiato. Impadronitosene, il nonno tirò fuori dal taschino del gilet il suo magico coltellino e cominciò a tagliuzzare di qua e di là…Dopo alcuni giorni di lavoro misterioso, durante i quali pezzetti sempre più minuti di Pippo volavano qua e là per la casa (con quanta mia apprensione ve lo lascio immaginare), il nonno diede di piglio alla carta vetrata. Se prima Pippo aveva sofferto per le generose amputazioni, ora il solletico era irrefrenabile; infine guardò con stupore la penna di bambù intinta d’inchiostro che il nonno avvicinava alla sua superficie tracciando con mano sicura una nun, una ghimel, una he, una shin… Pippo era divenuto un sevivon, bilanciato in maniera talmente perfetta quanto solo la magica mano del nonno avrebbe potuto fare!
Da allora, Pippo diventò un amico non solo per me ma per tutti noi familiari che durante Chanukkah ci riunivamo intorno al tavolo facendo prillare il sevivon ed alternativamente vincendo o perdendo le caramelle comprate dal nonno. Ma quando capitava in mano mia, sotto la mia spinta pippo prillava più a lungo, e più spesso a me che agli altri regalava una bella ghimel, facendomi vincere tutto il banco; e mentre ridevo felice della vittoria, mi sembrava di udire anche un altro risolino sottile, come di intesa. O era solo un’illusione? Chissà!
Rav Elia Richetti – Racconti del tempo libero (1987-2002)
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Memoria e futuro
Sono giorni strani, in mezzo alla pandemia, tra la liberazione dall’Egitto e i richiami di tante diverse identità al riscatto dal dolore e nuova vita. Come ci risolleviamo, come ci liberiamo? Guardando avanti, o indietro? Nella speranza o nella memoria? O in un inestricabile intreccio tra loro? Non lo so, ma spero che in questa nuova vita che forse ci attende possiamo esercitare la memoria senza perdere lo sguardo verso il futuro.
Anna Foa
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Oltremare - Ricominciamo
Oggi è il giorno nel quale in Israele tutto ricomincia, dopo la sbornia di azzime che ci siamo presi come ogni anno, e dopo un secondo Pesach con Israele piena di israeliani e vuota di turisti. Abbiamo riempito i parchi nazionali, e li abbiamo riempiti di spazzatura, perché saremo anche il popolo prescelto dall’Altissimo, ma nell’accordo con il suddetto si vede che mancava una noticina sul fatto che anche i prescelti possono raccogliere i rifiuti che essi stessi producono durante i pic nic e lungo le gite nella natura.
Daniela Fubini
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Controvento - Intelligenze alternative
In queste due prime decadi del terzo millennio abbiamo cominciato a renderci conto che esistono molte forme di intelligenze alternative su questo nostro pianeta. Nessuno mette in dubbio (almeno per ora) la supremazia intellettuale di Sapiens, per quanto minacciata dallo sviluppo dei robot e delle intelligenze artificiali che in alcuni campi, dove è richiesto calcolo e strategia, sembrano addirittura capaci di superarci.
Viviana Kasam
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