IL DOSSIER SUL NUMERO DI MAGGIO DI PAGINE EBRAICHE

“Dante, guida per l’emancipazione”

“Fatta l’Italia, bisogna fare gli italiani”. Il celebre motto dell’Unità patria ebbe un significato forte anche all’interno di un mondo ebraico che, in quella nuova condizione appena conquistata, usciva galvanizzato nei diritti e nelle possibilità. Strade nuove, mai percorse fino ad allora, si aprivano nel segno dell’emancipazione. Ma come affrontare questa sfida? A quale figure fare riferimento nel proprio percorso di costruzione identitaria?
Tre in particolare – racconta Alberto Cavaglion, tra i più autorevoli storici ed esperti di vicende ebraico-italiane – furono i maestri. Il terzo in ordine di tempo Edmondo De Amicis, che nel 1886 pubblicherà il suo celeberrimo Cuore. Prima ancora lo erano stati Alessandro Manzoni, non tanto con i Promessi sposi quanto con l’ode napoleonica Il cinque maggio. E soprattutto lui, il grande poeta: Dante Alighieri.
“In quell’Italia di fine Ottocento – racconta Cavaglion – non ci poneva tanto il problema di essere ‘politicamente corretti’. Le cose che oggi ci turbano della Commedia in relazione all’immagine del mondo ebraico non costituivano un intralcio. In ciò, con tutta evidenza, un riflesso di quel che è accaduto in seguito. Della persecuzione, della Shoah. La nostra è una consapevolezza diversa. Certamente Dante ebbe più di un pregiudizio nei confronti degli ebrei, ma fu in questo un uomo del suo tempo. Sarebbe stato sorprendente il contrario. In quell’ebraismo post-risorgimentale di tutto ciò, però, non si dibatteva. Dante era visto come una luce, un punto di riferimento”.
Dante, per quella generazione, era infatti “colui che indicava una via, che dall’Ade la riportava, idealmente, a riveder le stelle”. Analogo era stato infatti il cammino degli ebrei italiani prima vessati e poi, dopo secoli di umiliazioni e costrizioni, finalmente emancipati.
Dante, prosegue Cavaglion, era visto alla stregua di una guida spirituale. Una figura esterna alla propria tradizione ma che, anche in virtù di questo simbolico parallelismo, “permetteva di mantenere un legame con le proprie origini, con la propria storia”.
Pensando all’opera di Primo Levi, argomento tra i più approfonditi dal nostro interlocutore, siamo propensi a pensare che il canto più commentato sia sempre stato quello di Ulisse. Ma non è così, in realtà: nel passato si guardava soprattutto, come paradigma, alla vicenda del conte Ugolino. Mentre una delle prime domande che ci pose, vero e proprio punto nodale della questione, era “se fosse legittimo tradurre i versi di un poeta della cristianità, che si ispirava alla Bibbia ma creava, nel suo trattare certi temi, non pochi problemi”.
A scatenare il dibattito fu la prima traduzione in ebraico della Commedia, opera nel 1869 di Saul Formiggini. “Un lavoro immane che ebbe però alcuni detrattori: tra loro Lelio Della Torre, il più accanito, che la criticò dal punto di vista sia formale che della tecnica di traduzione”.
Un altro Formiggini, il celebre editore, immaginò studente una discesa agli Inferi di tal Formaggino da Modena, cioè di lui medesimo. Un testo satirico in cui si fece beffa dei suoi insegnanti e compagni di classe, suscitando anche forti reazioni. “Una produzione in sintonia con il clima goliardico che si respirava allora. Certo parliamo di una cosa diversa rispetto ai lavori più ‘seri’ su Dante. Ma fu anche questa, in qualche modo, la testimonianza di una passione profonda”.
Cavaglion ricorda come la Commedia sia stata una palestra per molte figure eminenti a cavallo tra Otto e Novecento. Dal giurista Lodovico Mortara, che arriverà alla carica di guardasigilli. Al giovane filosofo Carlo Michelstaedter e alla “turba goriziana” che fu animatrice di ruggenti anni intellettuali a Firenze. “Questa prima fase di presenza dantesca – sottolinea lo studioso, che su questi temi si è recentemente confrontato anche nell’ambito di una conferenza organizzata dal Meis, il Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara – cammina di pari passo con gli affreschi sulla bellezza del paesaggio tipici di numerosi autori ebrei del tempo. I versi di Dante sono il simbolo, essi stessi, di quella bellezza. Di una speranza di integrazione definitiva. Tutto questo si mantiene inalterato fino agli Anni Venti e Trenta del Novecento”.
Se ne trova una traccia anche in uno degli intellettuali che più lessero ed elaborarono Dante, secondo forse solo a Primo Levi: il triestino Giorgio Voghera. Tutto il suo Quaderno d’Israele, dedicato all’esperienza in kibbutz dal ’38 al ’45, “è infarcito di citazioni dantesche”. 

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GLI AUGURI ALLA SCRITTRICE E TESTIMONE DELLA SHOAH

I 90 anni di Edith Bruck: una vita per la Memoria 

Il regalo più bello, qualche giorno fa, gliel’ha fatto il Capo dello Stato: l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica, conferitale nel corso di una cerimonia privata al Quirinale. Per Edith Bruck, che oggi festeggia 90 anni, questa prima parte di 2021 è stata all’insegna di emozioni forti. La visita di papa Bergoglio nel suo appartamento; l’ultimo libro in lizza per la vittoria del Premio Strega. E ora quest’ultimo solenne omaggio, a pochi giorni dal suo compleanno.
Una voce di Memoria che continua a fare luce. Ad ispirare, anche attraverso la forza della parola, all’azione. “Anche illuminare una sola coscienza vale la fatica e il dolore di tenere vivo il ricordo di quello che è stato” ha detto di recente, ricordando le terribili ferite della deportazione in campo di sterminio ma anche l’urgenza, che ha sempre sempre avvertito con forza, di testimoniare. Di lasciare un segno affinché quello che ha vissuto in gioventù nessun altro debba viverlo o vederlo.
A Pagine Ebraiche, che dopo l’incontro con Mattarella l’ha festeggiata con un notiziario speciale, ha raccontato: ”Mi resta impressa, di questo primo anno di pandemia, la mia prima uscita dopo il lockdown. Nell’aria sentivo una cappa di inquietudine. Il silenzio, che molte volte è meraviglia, lo avvertivo invece come gravido di pericoli. Una sensazione mai provata fino ad allora, decisamente strana. Come sono tornata a casa, ho scritto una poesia”.
“Vivo tutto il mio tempo in casa, esco pochissimo. Scherzando con gli amici dico che il mio è un po’ un bunker, il bunker Bruck”, aggiungeva poi. “In casa mi sento protetta. D’altronde, anche senza Covid, non sono mai stata troppo mondana. Penso molto. Forse, per la mia salute, penso anche troppo. Ed è da questa attività che scaturiscono pensieri non troppo positivi”.
Ciò non le ha impedito di scrivere un libro fondamentale, Il pane perduto, tra i dodici finalisti dello Strega 2021. Il titolo è stato proposto da Furio Colombo, suo amico di lunga data. “Edith affronta un momento di vita molto difficile. Di solitudine e isolamento in un mondo che si fa sempre più incattivito. Lo fa però – ha spiegato a Pagine Ebraiche – con misteriosa e straordinaria letizia”. Lo sguardo lucido e sempre stimolante di una grande protagonista del nostro tempo. Ad mea ve’esrim!

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GLI AUGURI ALLA SCRITTRICE E TESTIMONE DELLA SHOAH DELLA PRESIDENTE UCEI

"Cara Edith, grazie per il tuo coraggio"
 

"Cara Edith, il nostro più immenso augurio per gli anni che oggi compi, giunti a 90! Un traguardo fatto di fatiche inumane, dolori e destini narrati, ma anche di gioie, di amore, di numerosissimi riconoscimenti per il tuo costante impegno”. Così la Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni nel messaggio di auguri inviato a nome dell'ebraismo italiano alla scrittrice Edith Bruck nel giorno del suo novantesimo compleanno.
“In questa giornata così importante e significativa - prosegue Di Segni - ti giungano il nostro affetto, la stima e la riconoscenza più profonda delle istituzioni dell'ebraismo italiano. Ti siamo e sempre saremo debitori.
Grazie per la forza d'animo e il coraggio.
Grazie per la lucidità nei momenti di faticose testimonianze, grazie per l'impegno e la passione civica. Grazie per non esserti mai tirata indietro, anche a costo di riaprire indicibili ferite.
Grazie ai tuoi libri, alle tue poesie, in tanti hanno trovato una luce. Un sistema di valori che li sprona ad essere cittadini responsabili e consapevoli.
Noi saremo sempre al Tuo fianco nella tua lotta per una Memoria coerente, che vede i giovanissimi protagonisti di questi percorsi. Sono sicura che la mano della Tua mamma oggi Ti benedice, orgogliosa di quanto hai conseguito, seguendoTi sempre nel tuo lungo percorso. Ad mea ve esrim!".

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ISRAELE TRA TRATTATIVE PER IL GOVERNO E INCHIESTE SULLA TRAGEDIA DI MERON

Netanyahu e l'apertura a Bennett:
"Pronto a lasciargli la premiership" 

Il Primo ministro incaricato Benjamin Netanyahu ha ancora un giorno per riuscire a formare un governo. Scadute le 24 ore, in caso di insuccesso, Netanyahu dovrà rimettere l'incarico nelle mani del Presidente d'Israele Reuven Rivlin. Per questo ha deciso di premere sull'acceleratore e fare un'offerta importante al leader di Yamina, Naftali Bennett: sarà lui a guidare, almeno inizialmente, il prossimo governo d'Israele. “Ho detto a Bennett che sono disposto ad accettare la sua richiesta di un accordo di rotazione in cui lui servirà per primo come primo ministro per un anno. - ha scritto sui suoi profili social Netanyahu - I membri del partito Yamina entreranno nel governo e nella Knesset con ruoli importanti”. Il leader del Likud ha poi esortato il leader della destra nazionalreligiosa a firmare “oggi un accordo sulla formazione di un governo di destra, e a impegnarsi a non entrare in nessun altro governo. In un post di 10 giorni fa, - ha aggiunto Netanyahu - Bennett ha scritto che un governo di destra potrebbe essere formato se mi faccio da parte per il primo anno. Così mi sono fatto da parte. Ora è il suo turno”. A stretto giro è arrivata la risposta di Bennett, che suona come un rifiuto alla proposta del Premier incaricato. “Ho sentito ora l'offerta di Netanyahu, ma non è chiara. Non ho chiesto la premiership, ma un governo - e questo, purtroppo, non ce l'ha, perché [il leader del Sionismo Religioso] Smotrich ha bruciato i ponti che portavano a un governo di destra”, la replica di Bennett, in riferimento al rifiuto del leader di estrema destra - Bezalel Smotrich - di entrare in un governo sostenuto dal partito arabo Ra'am. Nella sua risposta a Netanyahu, ha poi affermato di preferire ancora un governo di destra piuttosto che una coalizione con i partiti di centro e di sinistra e di essere disposto a fare compromessi. D'altro canto “Netanyahu non ha un governo e cerca di dare la colpa a Yamina” ha aggiunto Bennett, lasciandosi le mani libere per un accordo di unità nazionale con il blocco avverso al leader del Likud. “La cosa più distruttiva per Israele sarebbero altre elezioni”, la sua posizione.

LA COORDINATRICE NAZIONALE PER L'ANTISEMITISMO E LO SKETCH IN TV

"Non una sfida ironica al politicamente corretto,
ma solo uno sfogo con pregiudizi antisemiti" 

“Nell’ultima puntata della trasmissione Felicissima sera su Canale 5, Pio e Amedeo ‘scherzano’ su ebrei, neri, omosessuali. Vorrebbero sdoganare un linguaggio pieno di pregiudizi svelando l’ipocrisia della maggioranza che censura le parole e non si occuperebbe dei fatti. In realtà, le parole sono già fatti. Le parole e il linguaggio sono pietre, che creano cultura, o meglio subcultura, e ripetute all’infinito diventano senso comune”.
È quanto afferma, in una nota, la coordinatrice nazionale contro l’antisemitismo Milena Santerini.
“In questo caso – sottolinea Santerini – additano ‘gli ebrei’ come fossero tutti uguali, un’intera categoria di ‘avari’: il primo passo per spogliare le persone della loro individualità ed esporle al pregiudizio. Soprattutto, ricalcano i vecchi schemi delle offese antisemite, dimenticando o ignorando che proprio attraverso questi insulti che non fanno ridere si riesce a colpire le persone in quanto tali. Amedeo non mostra coraggio opponendosi al politically correct, ma dà voce all’ignoranza e la rabbia di chi si nasconde dietro luoghi comuni dimenticando quanto parole banali, stereotipate e offensive creino una realtà di discriminazione. Discriminazione che divide ‘noi’ da ‘loro’ e che porta e ha portato, quella sì, sicuramente alla violenza nei ‘fatti'”.

Il genocidio da riconoscere
Dopo il riconoscimento del genocidio armeno da parte di Biden, ecco alcuni brani dell'editoriale pubblicato sul Jerusalem Post del 27 aprile di Nadav Tamir, già consigliere di Shimon Peres e direttore esecutivo di J Street in Israele, per chiedere anche allo Stato di Israele il riconoscimento di tale genocidio:
"Noi ebrei, sopravvissuti e figli e nipoti di sopravvissuti alla Shoah, abbiamo un grande problema [...]: come trasmettere la memoria del più grande genocidio della storia che ci ha colpito e fare in modo che non si ripeta?
Anna Foa
Oltremare – Sms
È da ieri che il mio telefono trilla in continuazione con nuovi sms promozionali in arrivo. Naturalmente, nell’impostare i suoni in un cellulare, la prima cosa da fare è diversificare fra sms e messaggi di altra origine, come Whatsapp o email, per l’ovvio motivo che nessun umano scrive più un sms da anni ormai, e quindi la lettura degli stessi può di norma essere posticipata anche di giorni. Con due sole eccezioni: le elezioni e i compleanni.
Daniela Fubini
Controvento - La dignità delle emozioni
Il discorso pronunciato al Parlamento europeo il 28 aprile da Ursula von der Leyen in risposta allo sgarbo subìto da Erdogan, che non le ha offerto una poltrona durante l’incontro con la delegazione europea, mi sembra esemplare per dignità, determinazione e impegno. Ma anche rappresentativo di un linguaggio politico innovativo, implicito ed esplicito.
Viviana Kasam
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