Controvento
La dignità delle emozioni

Il discorso pronunciato al Parlamento europeo il 28 aprile da Ursula von der Leyen in risposta allo sgarbo subìto da Erdogan, che non le ha offerto una poltrona durante l’incontro con la delegazione europea, mi sembra esemplare per dignità, determinazione e impegno. Ma anche rappresentativo di un linguaggio politico innovativo, implicito ed esplicito.
Vestita di una giacca rosa intenso a sottolineare la sua appartenenza di genere, von der Leyen rivendica innanzitutto il suo essere donna, la prima donna ad aver ottenuto la carica di Presidente della Commissione Europea. E ribadisce: “sono il Presidente della Commissione Europea. Da Presidente mi aspettavo di essere trattata. Invece non è successo”.
Ovvero: lo sgarbo non è solo rivolto a me, ma all’Istituzione che rappresento.
E subito chiarisce: “non sono riuscita a trovare nei trattati alcuna giustificazione al trattamento ricevuto, e quindi devo concludere che questo è avvenuto perché sono una donna.” Dritta al punto, senza urlare, sbraitare, insultare, come purtroppo ci siamo abituati a vedere anche nelle aule che dovrebbero invece essere esemplari per civiltà e ritegno. “Mi sono sentita ferita e sola, sola come donna e come europea” aggiunge. Quel “I felt” reiterato più volte mi sembra costituisca la vera novità in un discorso istituzionale -almeno in Europa: ovvero il portare le emozioni al centro del linguaggio politico, rivendicandone la dignità.
Come ho già raccontato in queste pagine, sto lavorando all’organizzazione di un Forum internazionale sulle emozioni, che avrà luogo in sette città europee tra la fine del 2021 e il 2022 e vedrà come relatrici esclusivamente donne scienziate. L’obiettivo è di rompere il soffitto di cristallo che ancora rende invisibili nei congressi le neuroscienziate (sono, quando ci sono, una percentuale insignificante dei relatori), ma anche di rivendicare l’importanza delle emozioni nei comportamenti, nelle decisioni, nelle scelte morali. Fino al capolavoro di Antonio Damasio, “L’errore di Cartesio” (1994, pubblicato in Italia da Adelphi), seguito l’anno dopo dal saggio di David Goleman “Intellligenza emotiva” (in italia edito da BUR) le emozioni sono state considerate un sottoprodotto del pensiero cognitivo, una dimostrazione della fragilità e inaffidabilità femminile, da contrapporre alla razionalità, alla durezza, alla severa logica maschile. La politica della sopraffazione ha marginalizzato, nella società patriarcale, la politica della solidarietà, dell’empatia, dell’inclusività, relegandola tra le attività non remunerative, svolte dalle donne o delegate al volontariato. Il suprematismo maschile e bianco ha umiliato non solo tutte le altre espressioni culturali e etniche, ma anche la maggioranza degli esseri umani, le donne.
Credo sia importante che i cambiamenti di cui il pianeta e il mondo hanno urgente bisogno (e che la pandemia ha messo in drammatica evidenza) passino anche attraverso il recupero dell’ottica femminile e un cambiamento di linguaggio che riconosca il valore e la dignità delle emozioni. Le emozioni ci fanno riconoscere l’umiliazione, le ferite, il senso di solitudine. Le ingiustizie, e la necessità che vengano denunciate e riparate.
Dall’emozione riconosciuta pubblicamente da Ursula von der Leyen non scaturisce il desiderio di vendetta e di rivalsa, così tipico del mondo maschile, ma l’impegno a promulgare leggi per prevenire e combattere la violenza contro le donne e i bambini “off-line e online” e ad estendere la lista dei crimini europei stabilita nei trattati in modo da includere ogni tipo di crimini d’odio, “perché l’Europa deve mandare un segnale forte che i crimini d’odio non sono tollerabili” ribadisce von der Leyen. E conclude citando Kamala Harris, l’altra donna a ricoprire una delle più alte cariche internazionali: “Lo status delle donne è lo status della democrazia”.
“United in diversity”, uniti nella diversità, il motto adottato nel 2000 dall’Unione Europea, non si riferisce solo alle differenti culture, religioni, tradizioni. Si riferisce, e si deve riferire anche alle differenze socio-economiche, etniche, di provenienza geografica e di genere. In un mondo dove i nazionalismi stanno riprendendo vigore, l’appello ai valori dell’eguaglianza, del rispetto, delle pari opportunità e della pari dignità di tutti, e la rivendicazione dei vissuti emotivi come incentivo ad azioni preventive e riparatrici, mi sembrano particolarmente importanti e significativi.

Viviana Kasam