LA REAZIONE DEL GOVERNO ISRAELIANO 

"Elezione Raisi un nuovo campanello d'allarme:
un regime di carnefici non può avere il nucleare"

L'elezione di Ebrahim Raisi a ottavo presidente della Repubblica islamica iraniana non ha sorpreso nessuno. Un vincitore annunciato da settimane, esponente di quell'ala ultraconservatrice che, non troppo diversamente dai cosiddetti "riformisti", da decenni massacra diritti civili, speranze e libertà. Nel caso di Raisi anche con un coinvolgimento diretto nell'uccisione di migliaia di dissidenti. Vladimir Putin, tra i primi a congratularsi con il neo presidente, ha auspicato “l'ulteriore sviluppo di una cooperazione bilaterale costruttiva". Di altro avviso il governo israeliano, che da anni sta mettendo in guardia l'Occidente sulla minaccia rappresentata dal regime di Teheran. A livello regionale, ma anche mondiale. 
"I risultati di questa elezione ci ricordano l'urgenza di un'azione globale affinché l'Iran non si doti del nucleare" ha affermato il neo Primo ministro Naftali Bennett, aprendo quest'oggi il Consiglio dei ministri. "Questo voto - ha poi aggiunto - è un campanello d'allarme. Forse l'ultimo prima che, sul nucleare, si torni a un accordo. Bisogna che sull'Iran si aprano gli occhi. Un regime di carnefici non deve avere, a propria disposizione, armi di distruzione di massa". Parlando dell'elezione di Raisi, il ministro degli Esteri Yair Lapid ha ricordato come “il nuovo presidente dell'Iran, noto come il Macellaio di Teheran", sia un estremista "responsabile della morte di migliaia di iraniani”. La sua elezione, ha proseguito Lapid, “dovrebbe indurre a una rinnovata determinazione affinché sia fermato immediatamente il programma nucleare”.
Rispetto alla realtà politica israeliana, Bennett si è soffermato sull'inedita e (almeno nei numeri) fragile alleanza di governo. "Il segreto per avere successo - ha detto - saranno fiducia reciproca e comunicazioni aperte, in ogni senso, per risolvere i problemi. Senza fare di ogni questione un dramma". Secondo Bennett le premesse sarebbero incoraggianti: "Siamo qui per servire il popolo. Di Israele non siamo i padroni, ma i servitori. Questo è lo spirito che sento appartenere a tutti i membri dell'esecutivo". 

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IL PARERE DI TAL BANIN, IL PRIMO ISRAELIANO A GIOCARE IN ITALIA

"Dor Peretz è pronto, la Serie A la sua dimensione"

Un ragazzo sveglio. Un generoso che si sacrifica sempre, ma con qualità. 
Tal Banin, il primo calciatore israeliano a militare in Serie A, ha un’ottima considerazione del suo emulo Dor Peretz. Dal primo luglio, per il capitano della nazionale, 26 anni compiuti a maggio, una sfida ambiziosa: il neopromosso Venezia, che ne ha appena ufficializzato l’ingaggio e punta a farne uno dei cardini del proprio undici titolare. 
In carriera Peretz, in arrivo dal Maccabi Tel Aviv, ha vinto tre campionati israeliani, due Coppe di Lega e due Supercoppe. Mentalità da vincente, anche se a livelli naturalmente meno significativi del nostro campionato. L’esordio nella nazionale maggiore, del cui centrocampo è un perno e con la quale ha totalizzato ad oggi 20 presenze e due goal, risale al 2015. Mentre con il Maccabi è sceso in campo 212 volte, per un totale di 22 reti.
Con Peretz Israele torna, per la terza volta, in A. Dopo lo stesso Banin, che fu al Brescia dal 1997 al 2000. E dopo Eran Zahavi, che vestì la maglia del Palermo dal 2011 al 2013. “Lo ritengo pronto per raccogliere la sfida” il parere dell’ex giocatore delle “rondinelle”.
Il Venezia è una delle squadre che partiranno con l’obiettivo di salvarsi. Ma anche di fare bel gioco, candidandosi al ruolo di sorpresa come già fece una ventina d’anni fa sotto i colpi di un giovanissimo Alvaro Recoba. Quando venire allo stadio Penzo, il suggestivo impianto casalingo che si raggiunge in vaporetto, era una incognita per tutte le “big”. Chiedere per conferma alla Fiorentina dei vari Batistuta, Rui Costa ed Edmundo che nella stagione 1999-2000 si giocava lo scudetto e fu travolta senza pietà, con un clamoroso 4 a 1 casalingo. 
Chissà se Peretz è consapevole della profonda radice ebraica del club, fondato nel lontano 1907 e il cui primo presidente fu proprio un ebreo, Davide Fano. Uno dei padri nobili del calcio veneto. Alessandro Lancellotti, in un recente intervento su queste pagine, ha ricordato alcuni nomi: oltre a quello di Fano spiccano ad esempio Giuseppe Orefice, che fu tra gli artefici della nascita del Vicenza, e Giorgio Treves De’ Bonfili che fu invece fondatore (ma anche primo allenatore) del Padova.

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Schiavitù e diritti
Adil Belakhdim è morto nel tentativo di annullare una condizione di schiavitù. La schiavitù cessa allorché il dominatore non può continuare a perpetuare il suo potere eretto sull’assenza di diritti dei suoi sottoposti. Quel passaggio avviene in presenza di una forza che lo obbliga a recedere dall’esercizio del suo sopruso. Solo a quella condizione c’è inizio di nuovo tempo. Non serve riempire qualsiasi social network d’indignazione. Chiedere a Mosè, se siete perplessi.
                                                                          David Bidussa
Ciò che il nostro tempo ci consegna
Ogni generazione vive il suo tempo come esclusivo ed ultimativo. Di sé pensa (e dice) di essere la soglia ultima verso qualcosa a venire che, per il fatto stesso di non essersi ancora definito e rivelato appieno, è nebuloso poiché costituisce – al medesimo modo – la rifrazione di un passato prossimo e l’orizzonte di un futuro, nei confronti dei quali non si può nutrire altro che non sia il sentimento di spaesamento e di timore reverenziale. 
                                                                          Claudio Vercelli
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