Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui     29 Ottobre 2021 - 23 Cheshvan 5782
IL LIMUD A UN ANNO DALLA SCOMPARSA

Nel nome di Renzo Gattegna

Una forza tranquilla, ma determinata e con una visione di largo respiro. Un uomo venuto con l’intento di dare, non certo di prendere. Un leader che ha molto da dire al nostro futuro e non solo al nostro passato. Tante voci e tanti racconti al limud svoltosi a Roma in memoria di Renzo Gattegna a un anno dalla sua scomparsa. In evidenza, nel corso di una serata ricca di sfumature, la vita, le scelte e l’appassionato impegno in campo ebraico che ha visto come tappa più alta di un percorso i dieci anni alla guida dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (2006-2016).
A fare gli onori di casa Bruno Sed, presidente del centro Pitigliani di Roma, che ha evidenziato quanto Gattegna, con il suo modo di agire rispettoso verso chiunque, abbia rappresentato un modello “di come ci si debba comportare”. E Ruth Dureghello, presidente della Comunità ebraica di Roma, che ha elogiato “la sua capacità di condividere, accogliere, indirizzare”, oltre “a un’innata capacità di gestire problemi complicati”.
Si è aperta poi la fase delle testimonianze, coordinata dall’ex presidente del Benè Berith Federico Ascarelli. Ad inaugurarla Giovanni Maria Flick, ex presidente della Corte costituzionale ed ex ministro di Grazia e Giustizia i cui primi contatti con Gattegna risalgono ai tempi del processo al criminale nazista Priebke. “È la Memoria che rende libere le persone. Un pensiero che ho condiviso con Renzo, una sorta di fratello maggiore. Fu lui – ha affermato – a spingermi a ricoprire la carica di presidente onorario della Fondazione Museo della Shoah”. Con Gattegna, l’attestazione di Flick, “ho sempre lavorato bene”. Merito anche del suo “carattere di gentiluomo, della sua sincerità e apertura al dialogo: mai l’ho sentito reagire aspramente contro nessuno”.
Una lezione di vita che ha molto da dire sul nostro futuro: è il pensiero espresso da Guido Vitale, direttore della redazione giornalistica UCEI, che ha ricordato quanto Gattegna abbia lasciato un segno indelebile impersonando in maniera ammirevole il ruolo di editore, quanto abbia creduto nella necessità di impegnarsi nel favorire la nascita di testate giornalistiche professionali e quanto decisivo sia stato il suo apporto per la nascita e lo sviluppo dei giornali che la redazione dell’Unione produce giorno dopo giorno. Un obiettivo chiaramente delineato: “Realizzare a pieno la vocazione di essere la casa di tutti gli ebrei italiani, un luogo in cui tutti possano sentirsi accolti”. Determinante, in questa impostazione, una capacità di ascolto e mediazione con l’esterno formidabile “visti i risultati, i migliori di sempre, nella difficile raccolta delle risorse economiche che sono essenziali per la sopravvivenza delle istituzioni ebraiche italiane”. Un leader giovane dentro e che ha investito sui giovani con i fatti e non con gli slogan, come attestano “i nove praticantati giornalistici compiuti sotto il suo impulso”. Tra i tanti resta indelebile l’incontro con il Rav Lord Jonathan Sacks nel quadro di un incontro chiesto a Pagine Ebraiche dallo stesso autorevole rabbino capo del Commonwealth. “Due persone che provenivano da esperienze molto diverse. Eppure – il ricordo di Vitale – si creò una straordinaria immediata intesa sulla quale si dovrà raccontare ancora tanto”.
“Un mandato di Presidente finisce, ma si è Maestri per sempre” la riflessione dell’attuale presidente UCEI Noemi Di Segni. La premessa a un annuncio: la decisione, presa dalla Giunta, di intitolare a Gattegna il diploma di laurea in studi ebraici. Di Segni si è soffermata su alcune coincidenze suggestive: come la concomitanza del limud con l’inaugurazione della terza grande mostra di un museo “fortemente voluto” come il Meis. Proprio al Meis, di cui era Consigliere, Gattegna partecipò per l’ultima volta a un’occasione pubblica: l’inaugurazione del precedente allestimento. “Una coincidenza da cui è possibile cogliere un lato luminoso”, ha detto Di Segni. Dall’impegno per la laicità delle istituzioni alla lotta all’antisemitismo, dalla difesa delle ragioni di Israele alle attività svolte per il Meridione ebraico: tanti fronti ripercorsi con alcune citazioni dal suo pensiero. Citazioni, ha concluso, “di cui continueremo a fare tesoro”.
Rav Roberto Della Rocca, direttore dell’area Cultura UCEI, ha esposto un antico insegnamento rabbinico “per la sua capacità di condensare l’aspetto tecnico della giurisprudenza con una visione comunitaria”. Argomento il Sinedrio e la sua disposizione a forma di semicerchio “perché tutti i suoi membri dovevano guardarsi negli occhi, andando a formare un’assemblea di volti e non una società anonima”. Anche il cerchio darebbe questa possibilità. Ma il semicerchio offre un’opzione in più: quella, ha spiegato il rav, di lasciare uno spazio aperto per il confronto con chi del Sinedrio non fa parte.
Nel Sinedrio ogni posto era assegnato rigidamente, ma se un giudice mancava si doveva scalare. “Anche Renzo – ha detto il rav – ha dimostrato che la posizione che occupiamo non è un privilegio fisso, ma deve adeguarsi alle circostanze secondo giustizia. Ha occupato diverse posizioni e, talvolta, per aver cambiato posizione ha pagato un caro prezzo”.
Rav Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, si è invece ispirato alla Parashah di questo Sabato che tratta come argomento la sepoltura di Sara moglie di Abramo. Perché Abramo accetta di pagare per essa una cifra spropositata senza battere ciglio e invece, nella dialettica con Dio sul destino di Gomorra, si confronta caparbiamente per tentare di evitarne la distruzione? Perché nel primo caso si tratta di “una cosa personale”, mentre nel secondo entra in gioco il suo spirito di servizio “verso gli altri, il suo battersi per la giustizia”. Una determinazione nel cui solco si è mosso lo stesso Gattegna “dedicando tutto il suo tempo, all’infuori di lavoro e famiglia, alle nostre istituzioni”. Dietro la sua forza tranquilla, ha ricordato il rav Di Segni, “c’erano sempre delle idee chiare”.

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L'INCONTRO CON RAV SACKS EVOCATO DURANTE IL LIMUD

"Parlare con tutti è un dovere"

Durante il limud svoltosi a Roma a un anno dalla scomparsa di Renzo Gattegna, il direttore della redazione giornalistica UCEI Guido Vitale ha evocato un’occasione d’incontro tra l’allora Presidente dell’Unione e l’autorevole Gran rabbino d’Inghilterra e del Commonwealth Rav Lord Jonathan Sacks.
Rav Sacks e Gattegna, ha ricordato Vitale, sono stati richiamati da Hashem a breve distanza uno dall’altro un anno fa. Ma la loro esistenza e il loro esempio, ognuno nella sfera delle sue responsabilità, hanno più da dire al nostro futuro che al nostro passato. “Due persone che provenivano da esperienze molto diverse. Eppure – la testimonianza del giornalista – si creò una straordinaria immediata intesa sulla quale si dovrà raccontare ancora tanto”.
Un ricordo di quell’incontro, con qualche accenno all’intesa fra il Rav Sacks e il leader ebraico italiano, era già apparso sul giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche quando fu pubblicata l’intervista al rav Sacks. Eccone il testo.


Il velluto nero della kippah rischia di trarre in inganno chi non riesce a vedere al di là delle apparenze. Quando appare la pattuglia di professionisti d’eccezione che lo affianca, si potrebbe scambiare lo staff del Rav per un gruppo di giovanotti appena usciti dalla Yeshivah, certo solidamente preparati nelle materie ebraiche, ma poco abituati a destreggiarsi con i media e i giornalisti. Ben Ullmann, il direttore degli Affari pubblici dell’Ufficio del Chief Rabbi ha al fianco Dan Sacker, direttore della Programmazione e della Comunicazione e l’assistente Darren Stalick. Nel momento in cui il rav Sacks fa la sua apparizione, il lavoro preparatorio è ben definito, le regole sono chiare. Sono uomini chiave che lavorano giorno dopo giorno per l’agenda di uno dei rabbini più ascoltati del mondo, lo aiutano a rivolgersi a milioni di persone, ebrei di ogni orientamento e non ebrei, lo assistono nella funzioni di componente della Camera dei Lord.
Giusto un sorriso, una stretta di mano, uno sguardo diritto, intenso. Poi la clessidra del suo tempo comincia a correre e le parole si allineano evitando il superfluo, i giri di fumo. Poche frasi bastano per aprire grandi orizzonti e il giornalista si rende conto di essere davanti a un formidabile comunicatore. Senza una sbavatura, senza un’ambiguità, il Rav sembra scrivere nell’aria con la voce, con i gesti ampi con cui accompagna il discorso. Daniel, il giovane giornalista incaricato dell’intervista, è emozionato.
Noi colleghi (Adam Smulevich gli lancia un’occhiata di incoraggiamento) siamo con lui per assistere a un’intervista importante, ma anche per fargli coraggio. Domande e risposte si incontrano senza intoppi. Il Rav usa la stessa intensità nel parlare e nell’ascoltare, diffonde un senso di amicizia che mette tutti a proprio agio. Che si trovi di fronte alla gente della sua sinagoga di St John’s Wood, a pochi passi dallo studio di registrazione da dove i Beatles lanciavano una rivoluzione musicale e un messaggio di speranza alla gioventù di tutto il mondo, davanti alle telecamere della Bbc, assieme ai colleghi della Camera alta nel Parlamento del Regno Unito, che si rivolga alla regina o al papa, che tenga in piedi con il fiato sospeso le migliaia di rabbini e attivisti Lubavitch (molto sperimentati nelle tecniche di comunicazione) all’annuale oceanica convention di Brooklyn, poco importa. Il messaggio deve raggiungere chiaramente l’interlocutore, deve portare un equilibrio attento di amicizia, calore e chiarezza.
Il messaggio deve essere chiaro e mettere in luce il valore della tradizione ebraica, la gioia di vivere una vita pienamente ebraica, il dovere che tutti gli ebrei condividono di essere d’esempio, di aiutare e restaurare il mondo ed esaltare il valore della differenza. Il Rav, infine, lo dice chiaro: parlare agli altri, lavorare ad alto livello professionale sul fronte della comunicazione, non è solo una nostra facoltà, ma anche un nostro dovere. Dobbiamo far sapere al mondo che esistiamo e di quali valori siamo portatori. Rinchiuderci nel silenzio, rinunciare alle potenzialità dei nuovi mezzi di comunicazione sarebbe un errore imperdonabile e moltiplicherebbe le insidie che da sempre minacciano una cultura di minoranza. Ma scendere in campo con le proprie parole, con le proprie idee, con il messaggio che gli ebrei si tramandano di generazione in generazione, non può significare una mitizzazione degli strumenti. E il Rav per primo mette in luce, di fronte alle enormi potenzialità, anche i limiti di strumenti che tendono a rinchiudere la gente nel monologo autoconsolatorio, nella pura affermazione di sé, nell’asserzione che non ammette contraddizione, nella tentazione di alzare la voce che maschera la paura di restare in ascolto. Sono trascorsi appena quindici minuti, la tensione si è allentata, l’orizzonte è nitido. Le parole hanno preso forma, i progetti sembra di poterli toccare con mano. Prima della benedizione e del congedo, il Rav si intrattiene ancora con il presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna. L’intervista è ormai conclusa, i due leader si scambiano confidenze, opinioni e prospettive sul dialogo, sull’Europa, sul lavoro da compiere che attende le istituzioni ebraiche. Lo staff del Chief Rabbi dà un segno, è ora di rientrare a Londra. “Si torna al lavoro”, dice il Rav con un sorriso. Nelle ore intense che si lascia alle spalle, l’incontro con la Comunità nel tempio di via Padova, il colloquio con il papa, la lezione alla università Gregoriana e lo splendore di Roma alla prima luce dell’inverno.

g.v – Pagine Ebraiche gennaio 2012 

(Nell'immagine: l’incontro del rav Jonathan Sacks con la redazione di Pagine Ebraiche, mentre sfoglia il giornale dell’ebraismo italiano con l’ex Presidente UCEI Renzo Gattegna) 

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ACCADDE DOMANI - GIORNALISTA E STUDIOSO DI FILOSOFIA

Manuel Disegni chiamato alla guida
delle Scuole ebraiche torinesi

Non è stato necessario attendere a lungo per sciogliere l’enigma e comprendere l’allusione che il direttore della redazione giornalistica Guido Vitale aveva disseminato fra le tante emozioni del ricordo per Renzo Gattegna che si è svolto a Roma nelle scorse ore.
I giornalisti professionisti formati nella redazione dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane – aveva detto – sono tutti al lavoro con il massimo impegno sul fronte ebraico. E non solo nelle redazioni dei giornali editi dall’UCEI o in altre prestigiose redazioni giornalistiche come quelle dei quotidiani israeliani. Fra di loro oggi c’è chi insegna nelle Scuole ebraiche romane, chi è segretario generale di importanti Comunità ebraiche, chi porta responsabilità al Museo dell’ebraismo italiano di Ferrara… e chi presto assumerà altre altissime responsabilità…”.
Solo poche ore dopo la Comunità ebraica di Torino ufficializzava la nomina di Manuel Disegni alla direzione della gloriosa Scuola ebraica della Comunità di Torino, una istituzione fondamentale per l’istruzione ebraica nell’Italia settentrionale, ma anche per la sua lunga tradizione di accoglienza e di raccordo con la società civile e in particolare le altre culture di minoranza che arricchiscono la realtà italiana.
Con l’incarico di coordinatore delle attività didattiche ed educative delle Scuole ebraiche torinesi, Manuel, giornalista professionista, formatosi nella redazione giornalistica dell’Unione, laureato in Filosofia all’Università degli Studi di Torino, docente alle prestigiose Humboldt e Freie Universität di Berlino, raccoglie una sfida importante. A deliberare la sua nomina, la Giunta della Comunità, sulla base del rapporto finale della Commissione valutatrice, composta dalla vicepresidente e assessore alla Scuola Franca Mortara, in qualità di presidente, dalla vicepresidente Alda Guastalla, dal rabbino capo Ariel Di Porto, dal Coordinatore uscente Marco Camerini e dalla dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo “Niccolò Tommaseo” di Torino Lorenza Patriarca.
Recentemente, fra l’altro, Disegni ha concluso il proprio dottorato all’Università di Torino presentando la propria tesi, valutata con il massimo dei voti, su “Karl Marx e l’antisemitismo moderno”.
Tra i titoli delle sue pubblicazioni e collaborazioni: Lebendiges Denken. Marx als Anreger (2020 – Manuel Disegni, Wolfgang Girnus, Andreas Wessel, Nikos Tzanakis-Papadakis – Leipziger Universitätsverlag); Cesare Jarach (1884-1916). Un economista ebreo nella Grande Guerra (2017 Alberto Cavaglion, Francesco Forte, Silvio Zamorani Editore); Aktualität des Ursprungs. Historische Erkenntnis bei Marx und Walter Benjamin (2016 – WeltTrends). Tra gli articoli pubblicati, “Die ‘schmutzig jüdische Erscheinungsform’ der bürgerlichen Praxis. Zum Problem der deutschen Ideologie und des Antisemitismus in der ersten Feuerbach-These” (2021 – Marx-Engels-Jahrbuch 2019/20, 100-134. Berlin Boston: De Gruyter Akademie Forschung); “La ricerca dell’origine della lingua. Messianismo e materialismo storico nella riflessione linguistica di Benjamin. Un confronto con Platone” (Rivista Italiana di Filosofia del linguaggio).
Disegni collabora inoltre con Hakeillah, testata del Gruppo di Studi Ebraici di Torino.
A Manuel il più caloroso Mazal Tov di tutti i colleghi giornalisti.

(Nelle immagini: un primo piano di Manuel Disegni e durante una delle prime edizioni del laboratorio giornalistico Redazione Aperta assieme agli allora colleghi praticanti della redazione UCEI)

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La bellezza di Sara
“E furono le vite di Sara: cento anni e venti anni e sette anni…” (Bereshit 23;1). Rashì, nel commentare il versetto con questo anomalo conteggio, spiega che la vita della matriarca ebbe tre fasi che coincidevano con le varie fasi della sua età: a cento anni era bella come una ragazza di venti e a venti era pura come una bimba di sette anni. Nel paragonare la vita dei personaggi biblici a quella odierna diremmo che all’epoca probabilmente non tenevano molto all’estetica del loro corpo, mentre oggi la vita soprattutto di persone di una certa età è incentrata proprio sull’estetica fisica. Sara era da giovane e negli anni della sua vecchiaia sempre molto bella, tanto da sembrare una ventenne quando aveva gia superato il secolo di vita…senza interventi artificiali.
 
Rav Alberto Sermoneta
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Libertà di stampa
Tra le cose di cui non si percepisce l’importanza finché non se ne viene privati temo si debba includere la libertà di stampa. Ancora una volta (e non è la prima) sono rimasta sconcertata dalla scarsa considerazione di cui gode questo diritto agli occhi di alcuni miei allievi, prontissimi a invocare censure e sanzioni a tutela di altri interessi che a loro appaiono prevalenti, quali la privacy, la reputazione, ecc. A qualcuno non passa proprio per la testa l’idea che esista un diritto-dovere di informare il pubblico e, soprattutto, un diritto della collettività ad essere informata. Ho l’impressione inoltre che fatichino a cogliere le differenze tra giornali e social network, e in sostanza tendono ad attribuire ai primi tutte le caratteristiche negative proprie dei secondi: diffusione di fake news, discorsi d’odio, diffamazione, ecc; come se il giornalismo non fosse altro che questo.
 
Anna Segre
Zemmour
Gli Aït Zemmour o Aït Zouggouatt sono una confederazione di tribù berbere che vive nelle montagne del Medio Atlante marocchino e sono prevalentemente arabofone. Nelle lingue berbere “azemmour” designa l’albero di olivo, e vari toponimi tra il Marocco e l’Algeria derivano da questo nome, come il comune di Zemmora, Zemmouri, o Azemmour sul Oceano Atlantico. Lo stesso vale per molti cognomi maghrebini portati sia da musulmani che da ebrei. Da questa premessa potrebbe essere ritenuto quanto meno ironico che un personaggio con un cognome berbero o arabo-berbero, quale Éric Zemmour, sostenga che “seguendo la tradizione di Napoleone e De Gaulle non bisognerebbe dare nomi stranieri, come Mohammed, ai propri figli”. Aggiungendo inoltre che in realtà nemmeno Eric è un nome francese, ma semmai germanico proveniente da Heinrich.
Francesco Moises Bassano
Pagine Ebraiche 24, l'Unione Informa e Bokertov sono pubblicazioni edite dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. L'UCEI sviluppa mezzi di comunicazione che incoraggiano la conoscenza e il confronto delle realtà ebraiche. Gli articoli e i commenti pubblicati, a meno che non sia espressamente indicato il contrario, non possono essere intesi come una presa di posizione ufficiale, ma solo come la autonoma espressione delle persone che li firmano e che si sono rese gratuitamente disponibili. Le testate giornalistiche non sono il luogo idoneo per la definizione della Legge ebraica, ma costituiscono uno strumento di conoscenza di diverse problematiche e di diverse sensibilità. L’Assemblea dei rabbini italiani e i suoi singoli componenti sono gli unici titolati a esprimere risoluzioni normative ufficialmente riconosciute. Gli utenti che fossero interessati a offrire un proprio contributo possono rivolgersi all'indirizzo comunicazione@ucei.it Avete ricevuto questo messaggio perché avete trasmesso a Ucei l'autorizzazione a comunicare con voi. Se non desiderate ricevere ulteriori comunicazioni o se volete comunicare un nuovo indirizzo e-mail, scrivete a: comunicazione@ucei.it indicando nell'oggetto del messaggio "cancella" o "modifica". © UCEI - Tutti i diritti riservati - I testi possono essere riprodotti solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione scritta della Direzione. l'Unione informa - notiziario quotidiano dell'ebraismo italiano - Reg. Tribunale di Roma 199/2009 - direttore responsabile: Guido Vitale.