Zemmour

Gli Aït Zemmour o Aït Zouggouatt sono una confederazione di tribù berbere che vive nelle montagne del Medio Atlante marocchino e sono prevalentemente arabofone. Nelle lingue berbere “azemmour” designa l’albero di olivo, e vari toponimi tra il Marocco e l’Algeria derivano da questo nome, come il comune di Zemmora, Zemmouri, o Azemmour sul Oceano Atlantico. Lo stesso vale per molti cognomi maghrebini portati sia da musulmani che da ebrei.
Da questa premessa potrebbe essere ritenuto quanto meno ironico che un personaggio con un cognome berbero o arabo-berbero, quale Éric Zemmour, sostenga che “seguendo la tradizione di Napoleone e De Gaulle non bisognerebbe dare nomi stranieri, come Mohammed, ai propri figli”. Aggiungendo inoltre che in realtà nemmeno Eric è un nome francese, ma semmai germanico proveniente da Heinrich.
Per paradosso credo che Éric Zemmour sia ben conscio di tutto questo, egli stesso ha vantato in più occasioni “origini berbere” – più di quanto abbia parlato di “origini ebraiche”. Perché in certe opposizioni binarie care ai neoconservatori ‘berbero’ è sempre meglio di “arabo”. I berberi, in quest’ottica, furono tra le prime popolazioni che resistettero strenuamente alle invasioni arabo-islamiche. Sebbene al giorno d’oggi, quel “corpo estraneo” alla République composto da maghrebini e tanto detestato dai nazionalisti francesi sia probabilmente più berbero che arabo.
Ma Zemmour, e non c’è bisogno di ribadirlo, più che ebreo o berbero sente soprattutto (o solo) di appartenere alla Francia. Un sentimento legittimo e comprensibile se ciò non sfociasse poi nel creare partiti dal nome “Vox Populi” con idee più a destra del Front National.
Se le sue posizioni politiche e le sue origini potrebbero stonare è vero anche che Zemmour non è affatto un’eccezione: è un figlio di immigrati che come molti altri immigrati nutre l’ossessione di assimilarsi nella cultura del paese in cui è nato a costo di negare o riscrivere la propria storia personale. Poco importa il suo cognome o il fatto che i pieds-noirs in Algeria fossero più antisemiti dei francesi del continente e degli stessi musulmani. Potremmo congetturare per questo che dentro di sé Zemmour viva una profonda lacerazione e oppressione interna e abbia assorbito una certa mentalità coloniale ancora viva sia in Francia che altrove.
Forse da una storia come quella di Zemmour potremmo guardare più in grande anche al dramma e allo sradicamento vissuto da molti ebrei algerini, per quanto egli non ne sia certo l’emblema. Gli ebrei d’Algeria hanno adottato più rapidamente la modernità e la cultura francese come condicio sine qua non per continuare ad esistere e hanno perso con l’esodo verso la Francia – più dei correligionari tunisini e marocchini – gran parte dei legami, anche solo sentimentali, con la terra d’origine. Ma in fondo, come già detto, le origini ebraico-algerine o berbere di Zemmour potrebbero essere nient’altro che accidentali. Henry Kissinger disse “che se non fosse stato per ‘l’incidente’ della mia nascita, io sarei stato antisemita…”.
Anche Zemmour dovrà convivere con l’incidente del suo nome poco francese, e noi con la sua probabile candidatura e con l’eventualità di sentire ancora per un po’ le sue pericolose sciocchezze. Più ottimisticamente, Éric Zemmour potrebbe essere al contrario colui che frantumerà l’estrema destra francese alle prossime elezioni presidenziali. Il cosiddetto fuoco amico. Staremo a vedere…

Francesco Moises Bassano

(29 ottobre 2021)