LA NOTA DELLA GIUNTA UCEI

Mattarella bis, il messaggio degli ebrei italiani

La Giunta dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane si unisce al caloroso applauso per l’elezione di Sergio Mattarella alla carica di Presidente della Repubblica con piena fiducia per un secondo mandato. Proseguirà quanto già radicato nella storia trasmettendo dignità, senso delle istituzioni, forza delle azioni compiute anche in materia di contrasto a quei rigurgiti di odio e antisemitismo che ogni giorno di più insidiano le nostre conquiste e i nostri progetti di convivenza presenti e futuri. Il custode dell’unità del Paese, per un’esperienza di servizio e promozione di quei valori costituzionali che sono l’essenza della nostra democrazia. Come ebrei italiani gliene siamo e sempre saremo riconoscenti. Pronti, ancora una volta, a fare la nostra parte.
Il plauso della Giunta UCEI anche a Giuliano Amato eletto presidente della Corte costituzionale in queste ore cruciali per il Paese.

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LILIANA SEGRE A PAGINE EBRAICHE

"Felice che sia andata a finire così"

"Sarò sempre grata al Presidente Mattarella sia per la scelta simbolica di nominarmi senatrice a vita sia per aver scelto, come primo atto nel 2015, di visitare le Fosse Ardeatine. Ha dato un chiaro messaggio al Paese e non posso che essere contenta per la sua rielezione”.
Di ritorno da Roma, dopo aver partecipato a tutte le votazioni in Parlamento, la senatrice a vita Liliana Segre esprime a Pagine Ebraiche tutta la sua soddisfazione per questo secondo mandato. “Sono stata presente con la testa e con le gambe tutta la settimana. Per niente assente" spiega, alludendo alla sua scelta di non voler mancare a nessuna delle votazioni. Aggiunge poi: "Sono contenta che sia andata a finire così”.
Sulle dinamiche politiche non vuole intervenire: “L’unica battuta che posso fare è: ai posteri l’ardua sentenza”. Poi però tiene a ricordare il valore della scelta di Mattarella di recarsi alle Fosse Ardeatine. “Tutti i Capi di Stato - riflette - ci sono andati prima o poi durante i loro mandati, ma lui è stato l’unico, che io sappia, ad andarci come primo atto dall’insediamento. E questo non dobbiamo mai dimenticarlo. Questa sensibilità è stata una costante della sua presidenza. Anche la mia nomina, quando aveva un solo senatore da poter scegliere, ne è la prova. Poi, se non avesse scelto me, ma qualcuno come me, sarebbe stato uguale”. Nomina e visita, dice ancora Segre, sono messaggi che il Presidente "ha dato a tutto il Paese, anche agli odiatori”.

 

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L'ESEMPIO DEL QUIRINALE

Sette anni, un segno indelebile


“Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Gaj Taché, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano”.
Sono le parole, indelebili nella coscienza pubblica, con cui Sergio Mattarella scelse di presentarsi al Paese nel giorno del suo insediamento. Era il 3 febbraio del 2015. Esattamente sette anni dopo, il 3 febbraio del 2022, si ripresenterà in Parlamento per un altro discorso molto atteso.

Piena fiducia dal mondo ebraico. Un rapporto che nel suo primo settennato è stato costante e caratterizzato da molti incontri che hanno lasciato il segno. Fu proprio Mattarella ad inaugurare, nel dicembre del 2017, il Museo nazionale dell’ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara. “Un capolavoro di integrazione e identità”, l’avrebbe definito al termine della visita alla prima mostra dell’allestimento permanente “Ebrei, una storia italiana. I primi mille anni” curata da Anna Foa, Giancarlo Lacerenza e Daniele Jalla. Primo atto da Presidente una sosta al Mausoleo delle Fosse Ardeatine, per un momento di silenzioso raccoglimento. Un luogo a lui molto caro in cui tornerà più volte, sia negli anniversari dell’eccidio sia in altre circostanze. Nel maggio del 2017 ne varcherà la soglia in compagnia del suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier. Uno accanto all’altro per una giornata entrata nella storia dei due Paesi e d’Europa.
 

“Il contributo recato dalla comunità ebraica è decisivo nella storia d’Italia. Ma non sempre questo è stato compreso” evidenzierà Mattarella dal Tempio Maggiore di Roma nel febbraio del 2020. “Quando ero bambino, ragazzo, ho vissuto a lungo a Roma e mi sentivo romano. Ma fin dalle elementari alcuni compagni di scuola mi dicevano un vecchio detto, secondo il quale ci vogliono sette generazioni nate a Roma per essere romani. Voi avete 2mila e 200 anni alle spalle. Sono ben pochi – sottolineerà ancora – a potersi sentire più romani di voi”.
 

Emblematica la sua scelta di fare di Liliana Segre una senatrice a vita. Un atto che resta tra i più significativi del suo mandato anche perché compiuto nel 2018, nell’ottantesimo anniversario dalla proclamazione delle leggi razziste. “Un capitolo buio, una macchia indelebile, una pagina infamante della nostra storia”, ricorderà appena pochi giorni dopo nel corso della solenne cerimonia per il Giorno della Memoria al Quirinale.

 


 

Accanto alla senatrice a vita una emozionante visita al Memoriale della Shoah di Milano, avvenuta nel maggio del 2019. “L’abisso del male è inimmaginabile e il dovere della Memoria è la base per il futuro, per la convivenza del futuro”, il suo messaggio in quella circostanza. Due volte sarà in Israele, nell’ottobre del 2016 e nel gennaio del 2020 per i 75 anni dalla liberazione del campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau. “Sono qui per dimostrare l’amicizia tra Italia e Israele. Un’amicizia rappresentata anche da voi, che siete un legame tra i due paesi” le sue parole di apprezzamento nei confronti degli Italkim, gli italiani d’Israele, incontrati a Gerusalemme.
Un rapporto forte anche sul piano culturale. Come attesta la consegna, tra le sue mani, del primo volume del Talmud Babilonese tradotto in italiano (aprile 2016). Una tradizione che si è rinnovata nel tempo, di uscita in uscita.

(Nelle immagini: il Capo dello Stato insieme ad Anna Foa durante l'inaugurazione del Meis; con la presidente UCEI Noemi Di Segni e l'ex presidente Renzo Gattegna al Quirinale; l'intervento al Tempio maggiore di Roma; in raccoglimento alle Fosse Ardeatine; insieme a Gadiel Gaj Taché, fratello del piccolo Stefano)

 

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LA TESTIMONIANZA

Ebrei di Libia e persecuzione fascista,
una storia da ricordare

Pochi sanno che anche gli ebrei di Libia – di Tripoli, Bengasi e di altre città – hanno subito l’infamia delle leggi razziste. Mio padre Marcello Ortona z.l, ebreo italiano, aveva 16 anni e due gliene mancavano per la maturità classica quando quei provvedimenti gli chiusero in faccia le porte del liceo. Venne espulso dal Ginnasio-Liceo Dante Alighieri, la stessa scuola, ironia della sorte, dove il sottoscritto la mattina del 5 giugno 1967 dovette fuggire a causa dei tragici eventi collegati alla Guerra dei Sei Giorni. Per continuare gli studi mio nonno Federico lo iscrisse alle Regie Scuole italiane Garibaldi di Tunisi dove viveva lo zio Cesare Ortona, direttore dell’Ospedale italiano che qualche anno dopo, anche lui per le conseguenze delle famigerate leggi, fece la stessa fine di Angelo Fortunato Formiggini. Si lanciò nel vuoto dall’ultimo piano.

Yoram Ortona

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IL SOPRALLUOGO DEL RAV DAYAN

Monte Argentario, il disastro aereo
e quella lapide da restaurare

Era il tardo pomeriggio del 31 dicembre del 1948 quando un aereo da trasporto si schiantò contro le pendici del monte Argentario. Un incidente fatale per i cinque membri dell’equipaggio e per i sette passeggeri, tutti di nazionalità israeliana, che stavano viaggiando da Atene a Nizza. “Su questa montagna precipitò un aereo infrangendo vite preziose”, il messaggio riportato sulla stele commemorativa che sorge da tempo in quell’area. Una testimonianza oggi piuttosto degradata, come constatato di persona dal rabbino capo di Livorno rav Avraham Dayan recatosi sul posto per un sopralluogo e per recitare una preghiera in ricordo delle vittime. Ad accompagnarlo un ebreo grossetano, Carlo Reuven Tronchi, e un restauratore non ebreo, Max Mascelloni, che si è offerto di intervenire sulla stele riportandola alle condizioni originarie. “Un gesto molto significativo nel segno di una vicenda che oggi pochi ricordano. Contatteremo adesso l’ambasciata per informarla di questa possibilità”, sottolinea il rav. L’obiettivo è di partire al più presto con i lavori e organizzare alla loro conclusione un’iniziativa. Magari, il suo auspicio, “alla presenza dell’ambasciatore stesso”.

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Storia della Brigata ebraica
Il libro di Gianluca Fantoni («Storia della Brigata ebraica», Einaudi) consentirà di riempire un vuoto di conoscenza su una vicenda spesso molto chiacchierata, ma poco indagata, almeno in Italia. Anche in conseguenza di questo aspetto la lettura di questo libro (e solo se letto fino all’ultima pagina) forse consentirà che si riduca (non credo che cesserà) l’uso politico del passato che spesso ha contrassegnato la rievocazione di quella storia.
Il prossimo 25 aprile sarà il primo test per verificarlo per davvero.
 
                                                                          David Bidussa
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Il minestrone
C’è un vizio di fondo nell’oramai abituale cacofonia che accompagna le ricorrenze pubbliche, nel caso nostro il Giorno della Memoria. Ed è la prevedibile, se non inesorabile, sovrapposizione tra la specificità e unicità di ciò che viene ricordato e la sua plateale, irritante ma quasi inesorabile manipolazione, nella logica demente – ma razionale dal punto di vista di chi la pratica – di banalizzare tutto a proprio beneficio. Una sorta di minestrone è quindi il vero prodotto della lettura esclusiva del Novecento come «secolo degli stermini». 
 
                                                                          Claudio Vercelli
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