L'APPELLO DEL PRESIDENTE DEGLI EBREI FRANCESI FRANCIS KALIFAT

"Votate, l'astensionismo premia gli estremisti"

Urne aperte da questa mattina in Francia per il primo turno delle presidenziali. Si voterà fino alle 20. Dodici i candidati che si sono presentati alle elezioni odierne. Da questa rosa i francesi sceglieranno i due nomi che si sfideranno per il secondo turno. I sondaggi dicono che, a meno di sorprese, il prossimo 24 aprile nei seggi gli elettori troveranno i nomi di Emmanuel Macron, il presidente uscente, e di Marine Le Pen, volto della destra radicale. Sarebbe il loro secondo testa a testa dopo quello del 2017. In queste settimane Le Pen ha diminuito di molto lo svantaggio rispetto a Macron. Alla fine la candidatura alla sua destra di una figura controversa come Eric Zemmour l'ha favorita. “Zemmour, dopo aver mancato di spodestarla, ha contribuito involontariamente, con i suoi eccessi, a dare credibilità a Le Pen e ad ammorbidirne l'immagine”, sottolineava alla vigilia del voto in direttore di Le Monde Jérôme Fenoglio. Tra i moderati la preoccupazione è l'astensionismo: secondo Le Figaro le proiezioni dicono che questa potrebbe essere l'elezione presidenziale con la minor affluenza di sempre. E il dato potrebbe premiare i candidati più estremisti. A fare questa valutazione, il presidente del Consiglio rappresentativo degli ebrei di Francia, Francis Kalifat. In un messaggio alla Comunità ebraica transalpina in occasione del voto, Kalifat ha infatti invitato “a votare perché astenersi vuol dire giocare la partita dell'estrema destra e dell'estrema sinistra”. Del primo gruppo fanno parte i citati Le Pen (data al 23,5 per cento) e Zemmour (9 per cento), assieme a Nicolas Dupont-Aignan (sotto la soglia del 2). L'estrema sinistra invece è rappresentata da Jean-Luc Mélenchon (17,5), Fabien Roussel (2,5), Nathalie Arthaud e Philippe Poutou (entrambi sotto il 2 per cento). “Mettere la tua scheda nell'urna è la migliore risposta da opporre alla loro intolleranza e violenza politica”, ha dichiarato Kalifat, invitando a votare secondo coscienza. Ma tenendo conto che dalla scelta del candidato passa “il futuro della Francia e della sua comunità ebraica”. Un futuro, ha aggiunto il presidente rivolgendosi agli ebrei francesi, che “è nelle vostre mani quindi domenica fate il vostro dovere”.
Parole che sono suonate anche un avvertimento ad evitare di votare per Zemmour, ebreo di origine algerina, dalle posizioni talmente estreme da essere stato definito dal Gran Rabbino di Francia Haim Korsia: “Antisemita certamente, ed evidentemente razzista”. Secondo il Jerusalem Post, a ridosso delle elezioni, “i vertici della comunità ebraica francese hanno parlato con i rabbini in Israele e li hanno informati della situazione. Hanno pregato i rabbini di dire ai loro fedeli di non votare per Zemmour, dicendo che questo potrebbe creare una reazione negativa e persino violenta verso gli ebrei in Francia”.

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L'ULTIMO SALUTO ALLE VITTIME DELL'ATTACCO TERRORISTICO A TEL AVIV

"Israele, uniti nel dolore e contro l'odio"

Giorno di lutto per Israele con le celebrazioni dei funerali delle tre vittime dell'attentato compiuto da un terrorista palestinese a Tel Aviv. A Kfar Saba l'ultimo addio a Tomer Morad e Eytam Magini, amici d'infanzia, sorpresi dall'attentatore mentre si trovavano assieme in un popolare bar della città. “Si respira grande tristezza e frustrazione. È un trauma grave per tutta la comunità”, le parole del sindaco di Kfar Saba, Raf Saar. “Da quando eravamo piccoli, siamo cresciuti tutti insieme. Ora non riusciamo a digerire questa situazione. Siamo in un abisso”, il sentimento espresso alla stampa dagli amici di Tomer ed Eytam.
Grande dolore anche per la famiglia di Barak Lufen, terza vittima dell'attentato. Dopo una notte in sala operatoria, Lufen è morto a causa delle ferite riportate. “Barak era una persona meravigliosa, lo amavamo moltissimo e ha sempre ricambiato il nostro amore. La fortuna di Barak lo ha tradito, era nel posto sbagliato al momento sbagliato”, le parole dei genitori, prima del funerale nel Kibbutz Ginosar. In un comunicato la famiglia Lufen lo ha descritto come “un marito e padre esemplare, un atleta in ogni fibra del suo essere, un membro dello staff della squadra olimpica di kayak e un educatore delle future generazioni”. Alle famiglie delle vittime il Primo ministro Naftali Bennett ha ribadito il proprio cordoglio. “L'intera nazione di Israele condivide il vostro pesante dolore”.

(Nell'immagine, il locale di Tel Aviv teatro dell'attentato)

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PAGINE EBRAICHE APRILE 2022 - DOSSIER UCRAINA

Odessa, il volto delle tante identità ebraiche

Mark Twain, sbarcato a metà ‘800 ad Odessa, racconta la città sul Mar Nero come una piccola America. È un luogo di cultura, di energia, dove le persone possono costruirsi nuove identità e ripartire da zero. Un sogno americano ai confini dell’impero russo. “Odessa non possedeva una sua tradizione, ma non aveva timore di sperimentare nuove forme di vita e nuove attività” racconterà un suo celebre cittadino, Vladimir Jabotinskij. Qui molti ebrei, Isaac Babel, Sholem Aleichem, Jabotinskij stesso, sperimenteranno le proprie idee. La cosmopolita Odessa è stata per russi, ebrei, ucraini, greci, italiani un rifugio e un’ispirazione. Ma è stata il teatro di violenze terribili, di pogrom feroci, di decadenza. Una doppia anima raccontata perfettamente da Charles King, docente di relazioni internazionali alla Georgetown University, e autore di Odessa. Splendore e tragedia di una città di sogno. Le pagine di King aiutano a capire il passato e il presente di questo celebre porto sul Mar Nero, costruito per volere della zarina Caterina la Grande e oggi minacciata dal Cremlino. Grande conoscitore dell’Europa orientale, King a Pagine Ebraiche racconta le sue impressioni sull’aggressione di Mosca, riflette su un patrimonio a rischio e sul segno lasciato nella storia, anche ebraica, da Odessa.

Cosa ha pensato quando ha sentito dell’invasione dell’Ucraina da parte di Putin e della sua falsa retorica sulla denazificazione?
È un’affermazione particolarmente grottesca, visto che l’Ucraina ha un presidente ebreo. È ancora più ridicola quando è la Russia, non l’Ucraina, che oggi si avvicina di più a un classico stato fascista: un governo a partito unico, un leader tirannico, e persino un simbolo iconografico la famigerata “Z” che viene dipinto con lo spray sulle porte di giornalisti e dissidenti a Mosca. L’affermazione è ovviamente assurda, ma del resto gran parte della Russia di Putin è diventata completamente priva di contatto con la realtà.

Un rabbino di Odessa ha raccontato di aver paura, oltre che della guerra, anche della possibilità che nella città esplodano violenze interne. Cosa pensa di questa preoccupazione?
È sicuramente accaduto nel 2014. Odessa ha sperimentato una significativa violenza interna in quel periodo, tra persone che erano oppositori del vecchio esecutivo di Kiev e sostenitori delle proteste di Maidan che hanno portato un nuovo governo al potere. Odessa ha anche una lunga storia di violenza urbana. È una città che, nonostante le sue gargantuesche conquiste, nonostante la sua cultura di apertura e sperimentazione, è anche scesa periodicamente in una violenza orribile, con Odessani che hanno combattuto altri Odessani. Tuttavia, al momento sono meno preoccupato per questo. La minaccia di un’invasione russa, più la prova quanto successo in altre città come Kharkiv e Mariupol, ha consolidato un forte senso di unità a Odessa. Se non altro, penso che probabilmente vedremo una resistenza veramente eroica se i russi dovessero cercare di prendere la città con la forza.

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IL GOVERNO BRITANNICO LO AVEVA SANZIONATO PER I LEGAMI CON LA RUSSIA

Congresso ebraico europeo, Kantor si dimette

Dopo la decisione del governo britannico di sanzionarlo per i suoi stretti legami con il presidente russo Vladimir Putin, Moshe Kantor si è dimesso dalla presidenza del Congresso ebraico europeo. Kantor è azionista di maggioranza della società Acron, uno dei maggiori produttori russi di fertilizzanti. Secondo il ministero degli Esteri di Londra questa società ha “un'importanza strategica vitale per il governo russo”. Da qui la decisione dell'esecutivo guidato da Boris Johnson di sanzionare Kantor, annunciando i provvedimenti contro di lui e contro altri sette “oligarchi” attivi in industrie “che Putin usa per sostenere la sua economia di guerra”.
Nato a Mosca e con doppia cittadinanza russa e britannica, Kantor, 68 anni, ha mantenuto forti legami nel corso del tempo con Putin. Secondo quanto riporta la stampa israeliana, ha ad esempio portato diverse delegazioni a incontrare il presidente russo. Nel 2017 ha ricevuto dallo stesso Putin l'Ordine d'onore “in riconoscimento dei suoi risultati professionali e del suo lungo lavoro equo”.
Il Congresso mondiale ebraico, a cui quello europeo è affiliato, ha diffuso un comunicato in cui prendeva atto delle dimissioni di Kantor. “Nessuno il cui nome è incluso in una lista di individui sanzionati dall'Unione Europea, dal Regno Unito o dagli Stati Uniti in relazione al conflitto in Ucraina può ricoprire una qualsiasi posizione o svolgere un qualsiasi ruolo nel Congresso ebraico mondiale”, si legge nella dichiarazione arrivata dopo le dimissioni dell'ormai ex presidente del Congresso ebraico europeo.

LO SPETTACOLO IN SCENA AL TEATRO MARCONI DI ROMA

Ridere (e riflettere) in giudaico-romanesco

Dalla sua istituzione ad oggi la cifra della compagnia “Quasi stabile” fondata da Alberto Pavoncello è sempre stata quella, tra risate mai banali, di far riflettere su temi d’attualità anche piuttosto delicati e complessi (tra gli altri l’uso corretto delle parole e la piaga del bullismo).
“Anche stavolta l’obiettivo era quello di stimolare pensieri, di portare il pubblico a confronto con qualcosa di molto vero e concreto. Una leggerezza generale che ci è d’aiuto per affrontare questioni anche spinose” spiega Pavoncello, la cui meritoria azione per la salvaguardia di quel grande patrimonio culturale e linguistico che è il giudaico-romanesco gli è valso, tra i vari riconoscimenti, anche il Premio Fiuggi per lo Spettacolo nel 2018 “Se so' fatti ricchi in sogno”. Spettacolo in scena in questi giorni al Teatro Marconi su iniziativa della Comunità ebraica di Roma.

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Notizie da Parigi
Non so se ci dobbiamo preoccupare di più della guerra o del dopoguerra. Ignoro come ci risveglieremo domani mattina.
Non per le notizie che arriveranno da Kiev, ma per quelle che arriveranno da Parigi.

                                                                         David Bidussa
 
La penna e le penne
Non è che ci sia poi molto da commentare rispetto all’approvazione in Senato della proposta di legge 1371 che contempla l’istituzione della  «Giornata nazionale della memoria e del sacrificio alpino»  individuandola nella data del 26 gennaio di ciascun anno. «Scopo del provvedimento è quello di tenere vivo il ricordo della battaglia di Nikolajewka [Nikolaevka], combattuta dagli alpini il 26 gennaio del 1943 e di promuovere "i valori della difesa della sovranità e dell'interesse nazionale nonché dell'etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato, che gli alpini incarnano" (art.1)». 
                                                                          Claudio Vercelli
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Bar Yochai, un canto da Tripoli
Un canto, dicevano i mistici con riferimento alla Rottura dei Vasi Divini, è come una brocca. Un canto rompe la brocca e aiuta a ricomporre l’infranto.
Molto prima che gli ebrei di Libia arrivassero in Italia dopo il pogrom del 1967, il Piyuth Bar Yochai, composto a Tripoli quattro secoli prima dal cabbalista Shim’on Labi, era divenuto parte integrante della cerimonia della Mishmarah nella Comunità ebraica di Roma in occasione del rito della circoncisione e poi del Bar mitzwah e dei matrimoni. 
                                                                          David  Meghnagi
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