LA VITTIMA DELL'ATTACCO TERRORISTICO AD ARIEL E LE MINACCE DI HAMAS

Contro il terrore, l'eroismo di Vyacheslav
"Ha protetto con il suo corpo la fidanzata"

Quando i due terroristi palestinesi hanno aperto il fuoco contro la cabina di guardia, all'ingresso dell'insediamento di Ariel, Vyacheslav Golev ha subito cercato di proteggere la sua collega e fidanzata, Victoria Fligelman. Frapponendo il suo corpo tra lei e i proiettili, le ha salvato la vita, raccontano i media israeliani. “Si sono incontrati durante la guardia diversi mesi fa. Vivevano insieme qui ad Ariel e avevano appena adottato un cane. - ha raccontato all'emittente Kan Hila, un'amica della coppia - Vladi era un ragazzo dal cuore d'oro, si preoccupava sempre per lei, la metteva sempre davanti a tutto. Se lei se ne stava per conto suo, lui le portava da mangiare e stava con lei per non lasciarla sola”. Una settimana fa, aggiunge Hila, si erano fidanzati. “Dovevano sposarsi l'anno prossimo e avevano iniziato ad informarsi”. L'attacco terroristico ha sconvolto per sempre i loro piani. “Vyacheslav è un angelo, ha salvato mia figlia”, il commento del padre della giovane a ynet. “Victoria è in uno stato di trauma”, ha aggiunto, parlando nei pressi della casa dei genitori di Golev. A loro è arrivato il messaggio di cordoglio del Presidente d'Israele Isaac Herzog: “Il nostro cuore soffre per l'attacco di venerdì sera ad Ariel. Terroristi spregevoli hanno reciso la vita di un giovane coraggioso, che nei suoi ultimi istanti ha agito in modo eroico e ha salvato la vita della sua fidanzata”.A esprimere le proprie condoglianze anche il Primo ministro Naftali Bennett che ha ringraziato le forze di sicurezza per aver assicurato alla giustizia i due terroristi palestinesi responsabili dell'attacco. Ad entrambi era stato proibito di entrare in Israele, e uno di loro ha già scontato del tempo in una prigione israeliana. Sono stati arrestati nelle loro case, insieme a diversi parenti sospettati di averli aiutati a compiere l'attacco. Secondo le ricostruzioni, i due sono arrivati all'ingresso dell'insediamento con un auto con targa israeliana. Il primo a sparare è stato il passeggero. Poi entrambi sono usciti dal veicolo e hanno aperto il fuoco da poca distanza contro Golev. Hanno usato i mitra Carl Gustav, ovvero delle armi da fuoco artigianali diffuse tra i terroristi palestinesi. 
Golev è la quindicesima vittima israeliana di una nuova ondata di terrore che da fine marzo ha segnato il paese. Attentati ripetuti, a cui si sono aggiunte le violenze attorno alla moschea al-Aqsa, fomentate dal gruppo terroristico di Hamas. Anche in queste ore come dimostrano le parole del suo leader politico Yahya Sinwar. “La battaglia per proteggere la moschea di Al-Aqsa inizierà dopo il mese di Ramadan, perché i sionisti hanno una serie di date in cui cercheranno di fare breccia nella moschea”, la velenosa retorica di Sinwar. Come in passato Hamas continua a cercare di presentarsi ai palestinesi come il difensore di uno dei luoghi sacri per i musulmani, la Spianata delle Moschee (Monte del Tempio per gli ebrei) e in particolare di al-Aqsa. Lo fa reiterando la falsa narrazione secondo cui Israele vorrebbe modificare lo status quo ed espellere i musulmani dall'area.

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PAGINE EBRAICHE - IL FILM TRA I PROTAGONISTI DELL'ULTIMA BERLINALE

Salonicco, la tragedia negata

Lo sterminio degli ebrei di Salonicco è uno dei capitoli più cupi della Shoah. Nel febbraio del 1943 il regime nazista invia i suoi specialisti – Dieter Wisliceny e Alois Brunner, che Eichmann definirà uno dei suoi uomini migliori. Nel giro di pochi mesi gli ebrei della città definita “la Madre d’Israele”, da secoli sede di una grande comunità sefardita, sono concentrati con brutale efficienza in ghetti e avviati alla deportazione. Oltre il 90 per cento della popolazione ebraica è sterminata. 
La vita e la tragedia della comunità di Salonicco rivivono ora nel film I Poli ke I Poli – The City & City nel racconto enigmatico e inquietante dei filmmaker Syllas Tzoumerkas e Christos Passalis, entrambi nativi di Salonicco. Nato come installazione per un museo locale, il lavoro non segue un arco narrativo né propone personaggi nel senso tradizionale del termine. 
Legati da temi comuni, i sei episodi che lo compongono illuminano il massacro degli ebrei di Salonicco da differenti prospettive dando voce a molteplici soggetti e periodi in un’atmosfera ipnotica e coinvolgente. Il progetto passa dal bianco e nero al colore, gli spezzoni che rimettono in scena l’occupazione nazista si alternano a frammenti visivi della Grecia contemporanea, i capitoli si muovono nel tempo e accompagnano esponenti della comunità dal 1910 al 1965, passato e presente si fondono. 

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L'AMBASCIATORE EYDAR IN VISITA A BIELLA, VERCELLI E CASALE MONFERRATO

Piemonte ebraico, luoghi di vita e tradizione

La sinagoga biellese del Piazzo e la grande sinagoga di Vercelli rappresentano due testimonianze tra le più significative della presenza ebraica nel Piemonte. La prima che ci ricorda l’epoca drammatica dei ghetti in cui gli ebrei italiani furono separati a lungo dal resto della società; la seconda invece celebrativa, anche nel suo slancio verticale, dell’emancipazione appena conquistata. A ripercorrere questo itinerario nei luoghi e nella storia l’ambasciatore d’Israele in Italia Dror Eydar, in compagnia della presidente della Comunità ebraica vercellese Rossella Bottini Treves e di varie autorità locali, tra cui i due sindaci Claudio Corradino e Andrea Corsaro. A partecipare a questo momento di condivisione anche Elio Carmi, il presidente della Comunità di Casale Monferrato.

Il giorno seguente l’ambasciatore ha visitato proprio la sinagoga monferrina altro gioiello del Piemonte ebraico, accolto dal presidente Elio Carmi, dal sindaco Federico Riboldi e da vari altri rappresentanti istituzionali. Ad attenderlo anche il presidente emerito della Comunità – Giorgio Ottolenghi, 99 anni – con cui Eydar si è intrattenuto in conversazione. “Sono lieto che lei porti qui un pezzo di Israele”, ha esordito Ottolenghi.

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L'INCONTRO AL MUSEO EBRAICO DELLA CITTÀ EMILIANA

Da Londra a Bologna, una rete per la cultura 

Il Museo ebraico di Bologna ha accolto in queste ore due ospiti internazionali: Dame Helen Hyde e Michael Mail, fondatore di Jewish Heritage con sede a Londra, rispettivamente chair e presidente del consiglio d’amministrazione della stessa fondazione. A dare loro il benvenuto la direttrice Vicenza Maugeri e il consigliere David Palterer.
La visita, che ha contribuito a rinsaldare le relazioni di scambio tra i componenti attivi nel Progetto Europeo Moreshet, ha dato modo di conoscere il modello istituzionale, gestionale, la missione culturale e, in particolare, l’intensa attività didattica svolta dal Museo ebraico bolognese, diventando così oggetto di studio per il Welsh Heritage Center.

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Il tempo del risentimento
A differenza della rabbia, il risentimento è una condizione che presume un tempo lungo. Dietro, una lunga fase di incubazione intorno a un conto non chiuso. Quando diventa atto indica una decisione consapevole, perché fondato su una memoria e coltivato nel rancore. Riguarda tanto i vinti come i vincitori; si fonda su una politica che ruota intorno all’idea dell’identità; si nutre dell’orgoglio della propria capacità di resistenza alle sirene ammalianti del mondo intorno, avvertito come "nemico".
                                                                          David Bidussa
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In lotta contro la realtà
Ha scritto recentemente la giornalista e studiosa Anne Applebaum che: «le persone hanno sempre avuto opinioni diverse. Ora hanno fatti diversi». Una questione che è emersa in questi ultimi anni come fondamentale, e che continua ad imporsi, è infatti il modo con il quale si intenda trattare la realtà degli eventi. Posta, beninteso, la loro conoscibilità. Soprattutto quand’essa risulti sgradevole, tale perché non coincidente con le nostre aspettative. Così come confusa e quindi difficilmente prevedibile nei suoi effetti di lungo periodo. Ci piace pensarci come soggetti raziocinanti ma, assai più spesso, ci riveliamo fortemente emotivi.
                                                                          Claudio Vercelli
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