L'AMBASCIATORE EYDAR IN VISITA A BIELLA, VERCELLI E CASALE MONFERRATO
Piemonte ebraico, luoghi di vita e tradizione
La sinagoga biellese del Piazzo e la grande sinagoga di Vercelli rappresentano due testimonianze tra le più significative della presenza ebraica nel Piemonte. La prima che ci ricorda l’epoca drammatica dei ghetti in cui gli ebrei italiani furono separati a lungo dal resto della società; la seconda invece celebrativa, anche nel suo slancio verticale, dell’emancipazione appena conquistata. A ripercorrere questo itinerario nei luoghi e nella storia l’ambasciatore d’Israele in Italia Dror Eydar, in compagnia della presidente della Comunità ebraica vercellese Rossella Bottini Treves e di varie autorità locali, tra cui i due sindaci Claudio Corradino e Andrea Corsaro. A partecipare a questo momento di condivisione anche Elio Carmi, il presidente della Comunità di Casale Monferrato.
Il giorno seguente l’ambasciatore ha visitato proprio la sinagoga monferrina altro gioiello del Piemonte ebraico, accolto dal presidente Elio Carmi, dal sindaco Federico Riboldi e da vari altri rappresentanti istituzionali. Ad attenderlo anche il presidente emerito della Comunità – Giorgio Ottolenghi, 99 anni – con cui Eydar si è intrattenuto in conversazione. “Sono lieto che lei porti qui un pezzo di Israele”, ha esordito Ottolenghi.
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L'INCONTRO AL MUSEO EBRAICO DELLA CITTÀ EMILIANA
Da Londra a Bologna, una rete per la cultura
Il Museo ebraico di Bologna ha accolto in queste ore due ospiti internazionali: Dame Helen Hyde e Michael Mail, fondatore di Jewish Heritage con sede a Londra, rispettivamente chair e presidente del consiglio d’amministrazione della stessa fondazione. A dare loro il benvenuto la direttrice Vicenza Maugeri e il consigliere David Palterer.
La visita, che ha contribuito a rinsaldare le relazioni di scambio tra i componenti attivi nel Progetto Europeo Moreshet, ha dato modo di conoscere il modello istituzionale, gestionale, la missione culturale e, in particolare, l’intensa attività didattica svolta dal Museo ebraico bolognese, diventando così oggetto di studio per il Welsh Heritage Center.
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Il tempo del risentimento
A differenza della rabbia, il risentimento è una condizione che presume un tempo lungo. Dietro, una lunga fase di incubazione intorno a un conto non chiuso. Quando diventa atto indica una decisione consapevole, perché fondato su una memoria e coltivato nel rancore. Riguarda tanto i vinti come i vincitori; si fonda su una politica che ruota intorno all’idea dell’identità; si nutre dell’orgoglio della propria capacità di resistenza alle sirene ammalianti del mondo intorno, avvertito come "nemico".
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In lotta contro la realtà
Ha scritto recentemente la giornalista e studiosa Anne Applebaum che: «le persone hanno sempre avuto opinioni diverse. Ora hanno fatti diversi». Una questione che è emersa in questi ultimi anni come fondamentale, e che continua ad imporsi, è infatti il modo con il quale si intenda trattare la realtà degli eventi. Posta, beninteso, la loro conoscibilità. Soprattutto quand’essa risulti sgradevole, tale perché non coincidente con le nostre aspettative. Così come confusa e quindi difficilmente prevedibile nei suoi effetti di lungo periodo. Ci piace pensarci come soggetti raziocinanti ma, assai più spesso, ci riveliamo fortemente emotivi.
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