IL PRESIDENTE USA BIDEN SULLA SUA IMMINENTE MISSIONE NELL'AREA

“In viaggio da Israele all'Arabia Saudita,
costruiamo un nuovo Medio Oriente”

Mentre Israele soffre per la cronica instabilità politica interna, sul fronte internazionale la sua posizione appare sempre più forte e consolidata. Dai trattati di pace agli accordi di Abramo, i governi di molti paesi del Medio Oriente guardano a Gerusalemme sempre più come a un partner, a un alleato. Un cambio di politica che prosegue e presto potrebbe trovare un nuovo importante protagonista: l'Arabia Saudita. A evidenziarlo, il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden che in un articolo pubblicato sul Washington Post ha parlato della sua imminente missione in Medio Oriente. “Sarò il primo Presidente a volare da Israele a Jiddah, in Arabia Saudita. Questo viaggio - scrive Biden - sarà anche un piccolo simbolo delle nascenti relazioni e dei passi verso la normalizzazione tra Israele e il mondo arabo, che la mia amministrazione sta lavorando per approfondire ed espandere”. 
Il presidente Usa arriverà in Israele il 13 luglio per una visita di due giorni, in cui incontrerà i vertici della politica israeliana e palestinese. Poi ripartirà per l'Arabia Saudita per il summit del Consiglio della Cooperazione del Golfo a cui partecipano anche Iraq, Egitto e Giordania. “Da Gerusalemme, l'aereo del presidente Biden volerà verso l'Arabia Saudita e porterà con sé un messaggio di pace e di speranza da parte nostra”, ha dichiarato il Primo ministro israeliano Yair Lapid all'apertura della riunione settimanale del gabinetto. “Israele si rivolge a tutti i Paesi della regione e li invita a costruire legami con noi, a stabilire relazioni con noi e a cambiare la storia per il bene dei nostri figli”. 

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LA NOMINA ALL'UNANIMITÀ DELL'EX GENERALE 

Doron Almog alla guida dell'Agenzia ebraica
"Diaspora essenziale per il futuro d'Israele"

L'impegno per portare in salvo in Israele migliaia di rifugiati ucraini ed etiopi in fuga dalla guerra. Il delicato lavoro diplomatico con Mosca, tornata ad opporsi alle sue attività in Russia. Sono solo due delle diverse problematiche con cui l'Agenzia ebraica si trova a confrontarsi in questo periodo. Questioni complesse a cui l'ex generale israeliano Doron Almog dovrà dedicare buona parte del suo tempo, ora che è stato ufficialmente nominato alla presidenza dell'Agenzia. Nelle scorse ore è infatti arrivata la conferma formale che sarà Almog a guidare la storica organizzazione che si occupa di facilitare e gestire l'immigrazione ebraica in Israele. Dopo l'investitura da parte del Consiglio dei governatori, arrivata all'unanimità, il Premio Israele Almog - ottenuto grazie al suo impegno nel sociale - ha delineato i principali obiettivi del suo mandato: “raggiungere il cuore di ogni ebreo sulla Terra. Infondere orgoglio nel nostro ebraismo e nello Stato di Israele, l'impresa più importante del popolo ebraico dal 1948. Infondere orgoglio in questo miracolo chiamato Stato di Israele e nei suoi straordinari risultati in campo scientifico, tecnologico, culturale, agricolo, medico, sociale, economico, militare, di aliyah e molto altro”. Almog (nell'immagine a sinistra con il presidente del Consiglio dei governatori Mark Wilf) ha poi definito di “importanza strategica ed essenziale” il legame tra Israele e la diaspora.

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PAGINE EBRAICHE DI LUGLIO - DOSSIER ITALKIM

Da Haifa al moshav, storie di aliyah

Non c’è solo Gerusalemme nella prospettiva degli italkim. Anzi, la gran parte, vive altrove: soprattutto a Tel Aviv e nei dintorni. Ma c’è anche chi, come rav Michael Ascoli, ha fatto una scelta diversa. Nel suo caso Haifa. “La mia è stata un’Aliyah in due battute. Ci ho provato una prima volta nel 2004, stabilendomi in Israele per un periodo di circa tre anni. Poi sono tornato a Roma per un lasso di tempo equivalente. Infine, nel 2010, ho compiuto una scelta definitiva”. Una decisione ispirata “dai valori sionistici con cui sono stato educato”. Rav Ascoli, che opera in campo ingegneristico, trova Haifa “una realtà interessante, con il suo cocktail stimolante di religioni e popolazioni”. Eppure, nonostante il mosaico di identità che la compongono, “una città culturalmente ed ebraicamente non vivace; una delle poche, in Israele, con una tendenza demografica negativa”. Non esistono forme d’aggregazione specifiche per gli italkim. Da qui, racconta il rav, “la necessità di andare talvolta a Gerusalemme, al Tempio Italiano: un bisogno sia personale che culturale: è una tradizione, la nostra, che va mantenuta e trasferita alle generazioni successive”. 

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IL PROGETTO RIVOLTO AL MONDO DELL'INFORMAZIONE E DEI MUSEI

Memoria della Shoah e social media,
le buone pratiche da adottare

Abusi, travisamenti e manipolazioni della Shoah si possono riscontrare a tutti i livelli. Governi che cercano di minimizzare la loro responsabilità storica, teorici della cospirazione che accusano gli ebrei di esagerare le loro sofferenze a scopo di lucro e utenti online che fanno uso di immagini e linguaggio associati alla Shoah per scopi politici, ideologici o commerciali che non hanno legami con la sua storia: gli esempi sono purtroppo molteplici.
Ad elaborare strategie di contrasto a questo fenomeno inquietante il progetto “Countering Holocaust distortion on social media. Promoting a positive use of Internet social technologies for teaching and learning about the Holocaust”, che ha coinvolto varie realtà italiane ed è risultato vincitore di un bando promosso dall’IHRA.

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Il professore saputo
“Tra le nostre molte maschere politiche è anche egli maschera dai caratteri comici ben definiti: appare egli il professore saputo tra gli ignoranti, la cattedra tra gli analfabeti, il sapiente tra i privi di senno, il grande teorico tra gli affaristi frettolosi”. Così scriveva Carlo Levi di Antonio Salandra nell’agosto 1922 (il testo apre la raccolta Carlo Levi, Scritti politici, Einaudi 2022, pag.3).
Trovare le differenze cento anni dopo.
                                                                          David Bidussa
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Le guerre culturali
La nostra è una età di moralismi contrabbandati per posizionamento critico. Una sorta di epoca del pudore neovittoriano, estremamente intollerante nel momento in cui polemizza contro le altrui ragioni, per patrocinare come assoluto incontrovertibile la propria. Anche per queste ragioni l’azione politica sta invece a zero, posto che essa non si basa sulle petizioni di principio, quelle che danno forma a identità insindacabili, ma sul confronto di interessi e posizioni contrapposte e sulla loro successiva mediazione. 
                                                                  Claudio Vercelli
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