Almog alla guida dell’Agenzia ebraica “Diaspora essenziale per Israele”
L’impegno per portare in salvo in Israele migliaia di rifugiati ucraini ed etiopi in fuga dalla guerra. Il delicato lavoro diplomatico con Mosca, tornata ad opporsi alle sue attività in Russia. Sono solo due delle diverse problematiche con cui l’Agenzia ebraica si trova a confrontarsi in questo periodo. Questioni complesse a cui l’ex generale israeliano Doron Almog dovrà dedicare buona parte del suo tempo, ora che è stato ufficialmente nominato alla presidenza dell’Agenzia. Nelle scorse ore è infatti arrivata la conferma formale che sarà Almog a guidare la storica organizzazione che si occupa di facilitare e gestire l’immigrazione ebraica in Israele. Dopo l’investitura da parte del Consiglio dei governatori, arrivata all’unanimità, il Premio Israele Almog – ottenuto grazie al suo impegno nel sociale – ha delineato i principali obiettivi del suo mandato: “raggiungere il cuore di ogni ebreo sulla Terra. Infondere orgoglio nel nostro ebraismo e nello Stato di Israele, l’impresa più importante del popolo ebraico dal 1948. Infondere orgoglio in questo miracolo chiamato Stato di Israele e nei suoi straordinari risultati in campo scientifico, tecnologico, culturale, agricolo, medico, sociale, economico, militare, di aliyah e molto altro”. Almog (nell’immagine a sinistra con il presidente del Consiglio dei governatori Mark Wilf) ha poi definito di “importanza strategica ed essenziale” il legame tra Israele e la diaspora. “Senza il sostegno dell’ebraismo globale, guidato dagli ebrei americani e dai volontari stranieri nella Guerra d’Indipendenza, dubito che la generazione dei miei genitori, la generazione fondatrice di Israele, sarebbe sopravvissuta”, le sue parole. Per questo sarà importante “aumentare l’aliyah e l’assorbimento: per costruire connessioni più forti con l’ebraismo mondiale e per rafforzare le sezioni più deboli della società israeliana”.
Dopo essere stato comandante del Comando meridionale dell’esercito israeliano dal 2000 al 2003, Almog ha ricordato anche la sua esperienza di “primo soldato ad atterrare a Entebbe, dove abbiamo salvato 105 ostaggi nell’operazione”. “Per sei anni – ha aggiunto – ho partecipato a operazioni segrete che hanno portato in Israele circa 6.000 membri della comunità etiope attraverso i deserti del Sudan”. Dopo l’esercito si è dedicato alla gestione di un centro di riabilitazione per disabili fisici e mentali nel Negev. L’idea di fondare il Villaggio di riabilitazione Adi Negev-Nahalat Eran gli è venuta dalle esperienze di cura del figlio Eran, affetto da autismo grave e disabilità fisiche, morto all’età di 23 anni.