PREOCCUPAZIONE NEL PAESE PER I NUOVI SVILUPPI
Nucleare iraniano, Israele
non esclude l'opzione militare

Mentre vengono rivelati nuovi dettagli della bozza di accordo sul nucleare iraniano, in Israele il parere condiviso è che si tratti di un’intesa peggiore rispetto a quella del 2015. Per questo le forze politiche e di intelligence del paese spingono gli Stati Uniti affinché il testo sia modificato. Da settimane si parla infatti di missioni diplomatiche e colloqui tra rappresentanti israeliani e americani sul tema. L’obiettivo è quello di influenzare Washington per rendere più stringenti alcune clausole dell’intesa e, spiegano i media, per disegnare i confini di un eventuale intervento contro l’Iran in caso di gravi violazioni. Si tratterebbe di una extrema ratio, ma secondo Gerusalemme rappresenta il deterrente più efficace contro un regime di cui non ci si può fidare. Dato confermato anche dalle dichiarazioni di queste ore arrivate da Teheran. Il presidente iraniano Raisi ha infatti fatto dipendere il ripristino dell’intesa dall’interruzione di un’indagine dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica sulle tracce di uranio arricchito trovate in tre siti iraniani non dichiarati. Teheran non ha mai fornito spiegazioni convincenti al riguardo, nonostante sia tenuta a farlo. In particolare perché è tra i firmatari del Trattato di non proliferazione nucleare. E ora, per bocca di Raisi, vorrebbe che tutto venisse cancellato. Ennesima dimostrazione della mancanza di trasparenza del regime. Nel frattempo Raisi ha anche colto l’occasione per minacciare Israele.
(Nell’immagine il Primo ministro Yair Lapid e il capo del Mossad David Barnea a colloquio)
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THOMAS BACH A TEL AVIV NELLA DATA EBRAICA DELL'ANNIVERSARIO
Monaco '72, il presidente del Cio
accoglie l'invito di Israele

Sono passati 12 anni dall’ultima visita di un presidente del Comitato Olimpico Internazionale in Israele. Un vuoto che sarà presto interrotto da Thomas Bach, attuale numero uno dello sport mondiale, nel corso di una iniziativa che vedrà un intero Paese sintonizzato: la commemorazione in programma a Tel Aviv nella data ebraica del cinquantesimo anniversario dalla strage di Settembre Nero a Monaco. “Sin dalla sua elezione il presidente Bach ha condotto innumerevoli attività innovative in molti campi, ha portato l’organizzazione a impegnarsi in prima linea e si è affermato come un leader attento ai principi. Sono orgogliosa della sua decisione di unirsi a noi in questa importante circostanza” il commento della presidente del Comitato olimpico d’Israele Yael Arad nell’annunciare l’accoglimento del suo invito a presenziare alla cerimonia. L’appuntamento è per il 21 settembre (il 26 del mese di Elul). Con Bach interverranno anche il Capo dello Stato Isaac Herzog e i familiari delle vittime. Non la prima volta che si incontreranno: Bach, infatti, è stato il primo presidente del Cio a istituire un minuto di silenzio in ricordo degli undici sportivi assassinati da terroristi palestinesi. Un atto volto a squarciare decenni di imbarazzi e indifferenza, concretizzatosi sugli spalti della cerimonia inaugurale dei Giochi di Tokyo. Al suo fianco le due donne simbolo di questa battaglia: Ilana Romano e Ankie Spitzer. “Giustizia è stata finalmente fatta per quei mariti, padri e figli che furono uccisi a Monaco. Siamo passate attraverso 49 anni di sofferenze ma non ci siamo mai arrese. Ora non possiamo frenare le lacrime, abbiamo atteso tanto questo momento” le loro parole dopo un commovente abbraccio con lo stesso Bach, che è tedesco e ha definito la strage, in più di una occasione, “un attacco all’intera famiglia olimpica”.
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LA LEGGENDA DEL NUOTO E IL RITORNO A MONACO 50 ANNI DOPO
Mark Spitz, sette ori e un rimpianto

Prima della strage di Settembre Nero i Giochi di Monaco erano stati soprattutto i Giochi di Mark Spitz e delle sue sette medaglie d’oro. Un record entrato nella storia e rimasto imbattuto per la bellezza di 36 anni. Sette titoli e altrettanti record mondiali: un marziano nella vasca olimpica. Esuberante e icona pop della sua generazione. Giovanissimo, appena 22 anni, eppure già appagato. Tanto da annunciare, a Giochi finiti, il suo ritiro. Con queste parole: “Ho 22 anni e ne ho passati 14 in una vasca. Sono l’uomo più veloce del mondo in acqua. Cosa posso fare di più?”.
Le sue imprese rivivono nel documentario Becoming An Olympic Legend, diffuso in queste ore dal canale ufficiale olimpico. Una lunga e dettagliata intervista, ma soprattutto un toccante ritorno: mezzo secolo dopo, infatti, lo ritroviamo in una Monaco ancora impregnata del suo mito. Uno Spitz non più goliardico come in gioventù ma riflessivo e visibilmente emozionato nel ripercorrere quelle gesta. “Questa era la mia corsia”, “Qui c’era il podio”, “Qui la banda intonava l’inno nazionale” racconta il campione, ancora in splendida forma. Una fame incessante di vittorie. Un bisogno, quasi esistenziale, di primeggiare in ogni disciplina. Spitz racconta come è diventato il più grande di tutti e quanto la famiglia l’abbia spinto verso quel traguardo. Ma confessa anche di avere qualche rimpianto: “Non essermi goduto il momento, non essermi preso del tempo per gioire di quel che stava accadendo. Diventare spettatore del mio stesso spettacolo: un lusso che non mi sono potuto permettere”. Senza rigida disciplina, fa capire, i sette ori non sarebbero mai arrivati.
Una gioia comunque offuscata dal dramma che si sarebbe compiuto nelle ore successive, toccando indirettamente lo stesso Spitz. Ritenuto un possibile obiettivo anche per via di una identità ebraica fieramente esibita, alle Maccabiadi come in altri contesti, fu prelevato a notte fonda dai servizi e trasferito seduta stante negli Usa.
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MEMORIA E ARTE
Meina e il ricordo della strage: una occasione perduta
Il 22 settembre cade l’anniversario dell’eccidio che nel 1943 a Meina, sulla riva del Lago Maggiore, ha visto trucidate sedici persone. Ci sarà chi allontanerà lo sguardo dallo specchio d’acqua dove i soldati del primo battaglione della Panzer-Division Waffen SS – LSSAH hanno fatto annegare i corpi di sedici ospiti dell’Albergo Meina, dopo averli catturati, segregati per sette giorni al termine dei quali vennero trucidati e fatti sparire nelle acque per cancellarne le memorie.
Le vittime avevano trovato rifugio dalle persecuzioni nell’albergo di Alberto Behar, anche lui ebreo, proveniente dalla Turchia, che ha potuto scampare con la propria famiglia da una simile fine per intervento del console turco. È lo stesso Behar che ci ha lasciato testimonianza dell’accaduto. Oggi il luogo dove sorgeva l’albergo è attraversato da una nuova promenade – un lungolago – uno “struscio” attrezzato, come tanti, con il proprio arredo urbano, panchine per godersi il panorama, delimitato da un parapetto che invita ad affacciarsi sul paesaggio. È un percorso per lo svago e la spensieratezza che l’amministrazione ha offerto alla cittadinanza e, a margine di questo, ha voluto salvare uno scorcio di memoria dall’oblio. È lodevole di aver scelto di lasciar un segno dell’eccidio mediante una installazione d’arte contemporanea.
David Palterer, architetto
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LIVELLI DI GUARDIA
Opinioni e valori alla prova dei fatti
A pochi giorni da una consultazione elettorale certo importante per il futuro dell’Italia, non c’è da stupirsi se anche gli ebrei italiani, come molti altri cittadini, desiderano liberamente esprimere la propria opinione. Niente di male e niente di straordinario, se tutto ciò avviene nel rispetto della diversità delle opinioni e attraverso modalità espressive serene e costruttive. A condizione di non confondere le opinioni dei singoli e la posizione delle istituzioni. E di non perdere di vista, nella passione del confronto, i valori di base cui l’intera collettività degli ebrei italiani deve fare necessariamente riferimento.
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Elezioni e futuro

A Sesto San Giovanni gli elettori sceglieranno fra il figlio di un sopravvissuto alla Shoah e la figlia di uno di quei repubblichini fedeli a un regime che dava la caccia agli ebrei e li consegnava alla deportazione. Ambedue politici, certo, non in quel ruolo come discendenti dei deportati o di militi di Salò, comunque tali. E conclamati tali. Certo Fiano non smette di essere fiero tanto della sua identità ebraica come del suo straordinario padre. Ma nemmeno la Rauti ha mai rinnegato quella discendenza da un protagonista di Salò poi ideologo della destra estrema.
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Oltremare - Sottotitoli

Non ho una memoria precisa del momento in cui ho iniziato a provare fastidio fisico guardando un film o programma televisivo con il doppiaggio, ma deve essere stato più o meno quando il mio inglese ha iniziato ad essere sufficientente utilizzibile per lo meno in modo passivo, perciò direi verso l’inizio del liceo. Quindi ne son passati di anni, ecco, non proprio un paio. E per mia fortuna (ma anche per scelta) negli ultimi vent’anni ho quasi sempre vissuto in luoghi in cui il doppiaggio non ha corso legale. Grande liberazione, e piacere immenso, oltre alla velocizzazione nell’apprendimento di qualunque lingua.
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