Una Giornata per il rinnovamento,
il programma a portata di click
Domenica 18 settembre tornerà l’appuntamento con la Giornata Europea della Cultura Ebraica, la manifestazione coordinata e promossa nel nostro paese dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane che apre alla cittadinanza le porte di sinagoghe, musei e altri siti ebraici. Fitto il calendario delle iniziative organizzate quest’anno in centodue località distribuite in sedici regioni italiane, da nord a sud alle isole.
Un programma a disposizione del pubblico sul sito della Giornata Europea della Cultura Ebraica 2022. Sulla piattaforma, contenuti, approfondimenti, gallery fotografiche e contributi video, per raccontare l'appuntamento a trecentosessanta gradi, fornendo al pubblico uno strumento per orientarsi tra le centinaia di iniziative, tra visite guidate, musica, spettacoli, mostre d’arte, occasioni di approfondimento, eventi per famiglie e degustazioni kasher.
Un insieme di appuntamenti che rendono da tempo l’edizione italiana, secondo quanto riconosciuto dall’AEPJ – l’associazione europea per la preservazione e valorizzazione del patrimonio ebraico in Europa e organizzazione “ombrello” della Giornata – la manifestazione più ampia e riuscita del vecchio continente, grazie anche alla diffusa bellezza e rilevanza del patrimonio storico e culturale ebraico italiano.
Quest’anno città capofila sarà Ferrara, dove domenica 18 settembre si darà il via ufficiale alla Giornata, nella suggestiva cornice della sinagoga di via Mazzini, per proseguire con tante iniziative tra le vie dell’ex ghetto e il Meis – Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah, che in quei giorni (15 al 18 settembre) ospiterà la “Festa del libro ebraico”, con un ampio calendario di appuntamenti e incontri.
A fare da filo conduttore dell'edizione 2022 della Giornata il tema del “rinnovamento”. Un invito a pensare a nuovi modelli di convivenza e di sviluppo di fronte alle grandi sfide del nostro tempo e a riflettere su quali siano le fondamenta su cui costruirli. A tracciare delle idee sulle strade percorribili, alcune riflessioni che saranno pubblicate su questi notiziari e raccolte in un'area dedicata del sito della Giornata firmate da rav Riccardo Di Segni, rav Roberto Della Rocca, rav Scialom Bahbout, l’insegnante e studiosa di lingua ebraica Emma Aboaf e dai membri dell’associazione ambientalista “Beautiful Israel” Marcelo Steinberg e Aldo Winkler.
Ogni giorno il nostro Creatore infonde una vita nuova e invita l’uomo a riconsiderare ciò che ci dona oggi; ogni mattina l’uomo dovrebbe considerarsi una creatura nuova posta in un mondo che anche esso è una creazione nuova, ogni giorno alla ricerca della propria identità. Tutta la vita ebraica è scandita da un ritmo temporale di creazione ininterrotta. La dimensione del tempo è scandita, nel calendario ebraico, da due unità fondamentali, shanà (anno) e chòdesh (mese), che portano in sé un duplice significato, quello del ripetersi del tempo (la radice di shanà significa “ripetere”) insieme a quello della novità, dell’imprevisto (la radice di chòdesh significa infatti “nuovo”). Il termine ebraico shanah, anno, ricorda sia la ripetizione ciclica successiva del tempo, sia il shinnui, la sua differenziazione, il suo cambiamento nelle varie epoche. Per l’ebreo la monotonia della successione e della ripetizione ciclica del tempo sembra non esistere affatto. La vita dell’uomo si svolge dunque seguendo un criterio circolare e lineare: nell’anno i moadìm (le ricorrenze religiose) segnano le tappe di un cammino preordinato, ma questo cammino porta in sé l’irriducibile prospettiva del rinnovamento.
Il tempo, sia in una prospettiva psicologica come “durata” interiore, sia in quella dell’esperienza, come sequenza di eventi, contiene ambedue le dimensioni: ripercorrere circolarmente la storia sulla base di fermate prestabilite e legate ai meccanismi della memoria (quegli appuntamenti chiave rappresentati dai moadìm), ma anche essere in grado di uscire dal quotidiano e attivare un rinnovamento etico e spirituale. Ripassare per la stessa fermata non deve mai essere una semplice ripetizione, e non è un caso, forse, che nella Torà le date delle ricorrenze siano sempre calcolate a partire dall’inizio del mese, il rosh chòdesh, come a indicare che nel ricordo e nella riproposizione attuiamo un rinnovamento.
Rav Roberto Della Rocca, direttore dell’Area Formazione e Cultura dell’UCEI
L'INCONTRO DI MEMORIA E DIDATTICA PROMOSSO INSIEME ALL'UCEI
Il ricordo del ’38 e l'espulsione dalle classi:
i Testimoni tornano tra i banchi
Lunedì mattina alle 9 otto ex studenti ebrei cacciati in regime di leggi razziste torneranno a sedersi sui banchi di scuola in compagnia di studenti e studentesse che si apprestano a iniziare il quarto anno delle superiori nella Cittadella della Pace di Rondine (Arezzo). Una giornata di Memoria e cittadinanza attiva organizzata da Rondine in collaborazione con l’UCEI.
Gli otto Testimoni in arrivo a Rondine sono Ugo Foà, di Napoli, autore del libro di recente uscita “Il bambino che non poteva andare a scuola”; Miriam Cividalli, fiorentina, poetessa e autrice del memoir “Perché qualcosa resti,” in cui ha ripercorso la storia di famiglia negli anni delle persecuzioni; Lello Dell’Ariccia, uno dei testimoni del rastrellamento del 16 ottobre 1943 e oggi presidente di “Progetto Memoria”; Claudio Fano, il cui padre fu ucciso alle Fosse Ardeatine e che al tempo delle leggi razziste aveva nove anni; Carla Neppi Sadun, classe 1931, originaria di Ferrara; il romano Fabio Di Segni, da anni impegnato nella testimonianza, in particolare nelle scuole; Gianni Polgar, nato a Fiume nel 1936 e residente a Roma dal 1939; Nando Tagliacozzo, romano, classe 1938, molto attivo nelle attività di testimonianza nelle scuole e di formazione degli insegnanti.
Portare l'ebraismo nelle scuole,
la lezione di rav Yoseph Colombo
Rav Yoseph Colombo è stato una figura centrale per l’ebraismo italiano del ‘900 e per il mondo della scuola del nostro paese. Classe 1897, figlio del rabbino Samuele Colombo e di Clelia Luzzati, insegnò e diresse prima il Liceo Roiti di Ferrara, poi a causa delle leggi razziste, si trasferì a Milano dove fece nascere la scuola ebraica di via Eupili. Qui i ragazzi ebrei espulsi dagli istituti pubblici nel '38 poterono continuare i propri studi. Nel dopoguerra poi rav Colombo, scampato con la famiglia alle persecuzioni, proseguì il suo impegno nel mondo della scuola diventando preside dello storico liceo Berchet di Milano. Come ricordava rav Elio Toaff in un articolo pubblicato nel 1975 su La Rassegna Mensile di Israel, “Yoseph Colombo dedicò la sua vita all'insegnamento ed alla scuola, perché sapeva che solo da una buona scuola possono uscire dei buoni allievi, e per fare una scuola buona occorrono buoni maestri”. Celebre la frase che disse nel congedarsi come preside del Roiti: "Quanto ho fatto in questa scuola è Ebraismo applicato”.
Alla sua memoria e ai suoi insegnamenti, il Museo nazionale dell'Ebraismo Italiano e della Shoah Meis dedica un incontro di approfondimento organizzato per il prossimo 6 settembre (16.30). Un'iniziativa portata avanti in collaborazione con l’Istituto di Storia Contemporanea di Ferrara che inaugura ufficialmente le celebrazioni per il Centenario del Liceo Scientifico A. Roiti (1923-2023).
Questo non è un articolo, è una notizia. Bella perché parla di libri, di documenti e di nuove possibilità. Fino alla primavera scorsa erano solo una manciata di posti e si poteva accedere alla palazzina di via Eupili solo in orari stabiliti e per appuntamento. Ora, a partire da domenica 4 settembre, la nuova biblioteca della Fondazione CDEC a Milano presso il Memoriale della Shoah riapre al pubblico con 48 posti disponibili. Gli orari sono accresciuti di molto rispetto al passato, dal lunedì al giovedì dalle 10 alle 17.30, e la domenica dalle 10 alle 16. Lo comunico, inutile dirlo, con malcelato orgoglio.
“Shofetim ve shoterim titten lekhà bekhol shearekha – Giudici e funzionari porrai in tutte le porte delle tue città”. La nostra parashà ci insegna quanto è importante osservare la legge, ma altrettanto è avere dei giudici per amministrare la giustizia.
Più volte nella Torà troviamo l’ordine di amministrare la giustizia: addirittura l’imperativo risale all’epoca di Noè quando, alla conclusione del diluvio, il Signore comanda a lui e all’umanità rigenerata le “sheva mitzvot”: le sette leggi noachidi. Fra queste vi è l’istituzione dei tribunali.
Questo ritorno a scuola sembra un po’ più ritorno degli altri. Non si torna – nelle intenzioni e nelle speranze – alla scuola di tre mesi fa ma a quella di tre anni fa: non più mascherine, non più distanziamento, non più intervalli a tutte le ore per facilitare il cambio d’aria, non più didattica a distanza o mista. Tutto come prima, come se fossimo tornati a quell’inizio dell’anno scolastico 2019-2020 che ci aveva visti rientrare dalle vacanze e fare tanti bei progetti per la primavera successiva senza immaginare neppure lontanamente quello che ci attendeva.
Nelle ultime pagine di un celebre libro scritto insieme alla figlia Fania pochi anni prima della sua morte, Gli ebrei e le parole (2012), Amos Oz cerca di decostruire il termine ebraismo. Lo scrittore e la storica sostengono che “prima dell’età moderna il lessico dell’ebraico e dell’ebraismo non avesse una parola per chiamare la religione di per sé”.