Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui    30 Settembre 2022 - 5 Tishri 5783
L’UCEI E LE BORSE DI STUDIO PER GLI STUDENTI AFGHANI

“Aiutare, un dovere ebraico”

Nell’estate del 2021, per settimane, non si è parlato d’altro. Poi d’un tratto il vuoto. L’Afghanistan è scomparso dalle prime pagine, ha smesso di fare notizia. Eppure la crisi umanitaria non ha smesso di mordere un istante. Amplificandosi, anzi, ancora di più. Calata l’attenzione e intensificatasi la stretta talebana, la sfida resta quella di rimanere solidali. Come se fossimo ancora in quel drammatico agosto in cui, nell’arco di poche ore, sono crollate le conquiste civili di un ventennio. È la strada adottata dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane attraverso l’erogazione di due borse di studio ad altrettanti studenti afghani che, fuggiti dal loro Paese d’origine, avranno la possibilità di ricostruirsi un futuro in Italia. Un progetto realizzato in sinergia con la Comunità di Sant’Egidio (sono arrivati entrambi grazie ai corridoi umanitari) e con la ong ebraica internazionale HIAS che lo sostiene finanziariamente.
A. è uno di loro. Ex funzionario ministeriale, è fuggito insieme alla moglie. Con loro anche la sorella e il figlioletto di otto anni. “Purtroppo – racconta – è rimasta vedova: suo marito, inviso ai talebani, è stato torturato e ucciso in modo brutale”. A. e i suoi cari sarebbero dovuti emigrare già lo scorso anno. Erano in una delle liste attraverso le quali, nei giorni dell’evacuazione di massa, migliaia di afghani sono riusciti a partire. Ma, mentre erano in attesa di imbarcarsi, un attentato ha seminato il panico. Nel tumulto che è seguito i loro diritti non sono stati riconosciuti e non hanno avuto altra scelta che tornare indietro. Mesi di angoscia fin quando si è aperto uno spiraglio per l’emigrazione in Iran. Da lì, in estate, sono giunti in Italia. “Sento una profonda gratitudine per chi ci sta aiutando”, sottolinea A. Nella mente ancora il trauma di quell’agosto: “Vent’anni di progressi collassati in un istante. Tutto lo sforzo compiuto per la democrazia, la pace e i diritti è stato vanificato”. A., che è di etnia hazara, ha ottenuto l’asilo politico. E tra poche ore inizierà a frequentare un corso universitario in un ateneo del Nord. “È un’opportunità straordinaria. Darò il massimo affinché sia fruttuosa. Tornare a studiare è una cosa meravigliosa. Come lo è – aggiunge – percepire il sostegno e l’amicizia di chi ci ha teso una mano”. Forte resta comunque la preoccupazione: “Una parte della famiglia è rimasta in Afghanistan, tra gli altri un fratello più piccolo. Gli aggiornamenti che ricevo sono terrificanti: i talebani odiano gli hazari, li perseguitano fin dentro le loro abitazioni. Non sono al sicuro neanche lì. Spero un giorno di poterli riavere al mio fianco, qui, in Italia. Per assaporare il dono della libertà insieme”.
“Quello dell’Afghanistan è un dramma sul quale non deve calare il silenzio” esorta Milo Hasbani, vicepresidente UCEI. Nella scelta di investire nell’educazione “la precisa volontà di lasciare un segno, un impegno rivolto al futuro”. Non la prima iniziativa che ha visto l’Unione attivarsi per lenire le ferite di chi, lasciandosi Kabul alle spalle, è stato costretto a ripartire da zero. In parallelo prosegue lo sforzo intrapreso in solidarietà all’Ucraina: “Continua l’impegno per dare soccorso ed è sempre aperto il canale con chi, nel frattempo, ha fatto la scelta di tornare. Storie emblematiche di vita che continua, nonostante tutti gli ostacoli e le avversità. A noi il dovere di esserci. Un lavoro senza soluzione di continuità, insieme ad organizzazioni amiche con cui condividiamo l’urgenza di una mobilitazione costante. È il caso, ad esempio, di questo progetto”.
“Siamo grati all’UCEI che partecipa a questo impegno tenace per non far prevalere indifferenza. Sono passati appena pochi mesi ma purtroppo in tanti si sono dimenticati dell’Afghanistan”, osserva Stefano Pasta della Comunità di Sant’Egidio. Un progetto, prosegue, che si inserisce “nell’ambito dei corridoi umanitari, iniziativa dall’iniziale caratterizzazione interconfessionale diventata poi interreligiosa”. Il modello dei corridoi umanitari, evidenzia ancora Pasta, “prevede l’accoglienza in famiglia: parenti, comunità, singoli che mettono a disposizione degli alloggi; un modello più inserito nel tessuto cittadino rispetto ad altri”. Elemento che fa la differenza, in positivo, “per un ragazzo che studia all’università”. La speranza è che “anche la moglie possa andarci a breve”. Ilan Cohn è il direttore di HIAS per l’Europa: “Dall’istituzione di un ufficio a Bruxelles abbiamo iniziato a lavorare con molti organismi ebraici. Tra cui, naturalmente, l’UCEI. Siamo e vogliamo essere sempre di più un punto di riferimento nel campo delle attività umanitarie”. HIAS ha una lunga e gloriosa storia. L’idea da sempre è che l’unione faccia la forza, che insieme si possano ottenere risultati più significativi che agendo singolarmente. Soprattutto “in periodi di crisi come questo”, con HIAS all’opera in molteplici contesti. A partire dall’Ucraina. Ma senza dimenticare altri fronti “di cui meno si parla”, dall’Africa profonda al Sud America. “HIAS ha iniziato ad aiutare perché chi aveva bisogno di aiuto erano gli ebrei. Adesso – evidenziava l’organizzazione in un recente messaggio – continua ad aiutare perché è ciò che noi ebrei facciamo: aiutiamo.”

Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked

(Nell’immagine: una delle famiglie afghane aiutate in questi mesi con il supporto dell’UCEI)

IL RISULTATO DELLE ELEZIONI NELLA CIRCOSCRIZIONE ESTERA

Italiani d'Israele, un voto in equilibrio
La coalizione di destra non sfonda

Mentre su base nazionale l'affermazione della coalizione di destra è stata molto netta - 44 per cento -, non così è avvenuto tra gli italiani d'Israele. Sommando infatti i dati della circoscrizione Israele e di quella autonoma che unisce Gerusalemme e territori palestinesi, la destra - Fratelli d'Italia, Forza Italia e Meloni - ha ottenuto ben dieci punti percentuali in meno rispetto al dato nazionale, fermandosi al 34 per cento. Rimane la coalizione che da sola ottiene più voti, ma il risultato è decisamente inferiore rispetto al successo ottenuto in Italia, con gli italkim che hanno dato complessivamente più credito ai partiti che siederanno all'opposizione: il Partito democratico, nei seggi israeliani, ha infatti ottenuto il 28 per cento (contro il 19 nazionale), Azione il 19 (contro l'8) mentre i Cinque Stelle sono arrivati al 18 (contro 15,4). 
IL SAGGIO PRESENTATO AL SENATO

Vito Volterra e il coraggio di dire no al fascismo 

“Sapevo che mio nonno era un grande matematico, del suo ruolo di antifascista, del rifiuto di prestare il giuramento di fedeltà al regime, ma ho scoperto molte cose su di lui solo dopo anni. Ad esempio negli anni Ottanta, quando entrai nel Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), il mio direttore di allora mi fece vedere un opuscolo che diceva: Vito Volterra fondatore del Cnr. A quei tempi noi eravamo convinti che il Cnr l'avesse fondato Marconi: cioè la damnatio memoriae che ha colpito mio nonno e tanti altri è durata decenni”. Un oblio che, ha raccontato la nipote Virginia Volterra, ha coinvolto suo malgrado anche la famiglia del celebre matematico e politico antifascista, scomparso nel 1940. Con il tempo la sua figura è stata riscoperta, il suo contributo scientifico, sociale e politico ricordato, come testimonia il recente convegno a lui dedicato dall'Accademia dei Lincei, di cui fu presidente. E come dimostra anche il volume presentato in Senato L'arduo cammino della coscienza. L'opposizione al regime nel Senato del Regno e il giuramento del 1931, firmato da Pierpaolo Ianni. “Un volume che mi ha dato modo di scoprire molte cose su mio nonno e non solo. Sapevo ad esempio che lui fosse tra i dodici accademici che non firmarono il giuramento al fascismo, ma non sapevo che quel numero in realtà, come ci racconta Ianni, era superiore”. Lo storico infatti aggiunge a quell'elenco anche Gaetano Salvemini, che aveva lasciato l'insegnamento, e Leone Ginzburg, che prese la libera docenza.
Nel saggio - con prefazione della senatrice a vita Liliana Segre - si approfondisce la scelta coraggiosa dei pochi che, come Volterra, non si piegarono alla minacce e pressioni di Mussolini e dagli scranni del Senato del Regno e dell'accademia rifiutarono di dare la propria adesione al fascismo. “Dal libro - ha raccontato ancora Virginia Volterra, tra le intervenute al convegno organizzato dalla Commissione Biblioteca e Archivio Storico del Senato - ho scoperto ad esempio che, dopo il delitto Matteotti, anche al Senato fu chiesto di dare la fiducia a Mussolini. E solo in ventuno non la diedero: tra cui mio nonno”.
GLI APPROFONDIMENTI LEGATI AL NUOVO ANNO EBRAICO

Prepararsi a feste e solennità,
lo speciale Tishrì su Zeraim

Insegnanti, studenti, responsabili delle comunità e cultori di educazione ebraica. È ampio il pubblico cui si rivolge www.zeraim.it, sito web sviluppato dall’Area Cultura e Formazione UCEI con l’obiettivo di alimentare “percorsi educativi per giovani e adulti che vogliano accrescere le proprie conoscenze in ambito culturale ebraico secondo le proprie attitudini, interessi e competenze”. Una disseminazione costante, come il nome stesso Zeraim (“semi”) evoca. L’inizio del nuovo anno ebraico è stata in particolare l’occasione per immettere nel sito ulteriore materiale di approfondimento sulle ricorrenze del mese di Tishrì.
IL PROGETTO PER I 110 ANNI DEL MOVIMENTO 

Hashomer, un archivio da costruire

Movimento sionista nato nel 1913, l’Hashomer Hatzair ha avuto un ruolo di rilievo nell’ebraismo europeo e internazionale: dalla Seconda Guerra Mondiale alla fondazione di Israele, fino alla creazione dei kibbutzim, l'Hashomer ha portato i suoi valori di solidarietà e egualitarismo sociale nel mondo ebraico della diaspora e nella società israeliana. Il prossimo anno diverse iniziative celebreranno i centodieci anni dalla nascita. Tra queste quella promossa dall'Hashomer Hatzair Milano e dall’Archivio storico della Fondazione Cdec per raccogliere, catalogare e digitalizzare documenti e materiali (quaderni, appunti, fotografie, riviste, verbali di riunioni, filmati, diari) di tutti coloro che hanno animato il movimento, dagli anni Cinquanta ad oggi.
Il compito di Giosuè
“Vajelekh Moshè – E andò Moshè”. Si chiedono i commentatori dove effettivamente andò Moshè.
La nostra parashà ci descrive con tutta la sensibilità umana la figura di Moshè, il quale, dopo aver accompagnato il popolo per quaranta anni attraverso il deserto, giunge al termine del suo compito. Per questo motivo si reca a salutare uno ad uno i componenti di tutto am israel, raccomandandosi loro di seguire la Torah.
Come un buon padre non lascia nulla al caso. Prima di morire nominerà, davanti a tutto il popolo, il suo successore, indicatogli dal Signore nella figura di Giosuè.
Rav Alberto Sermoneta
La corsa di Rav Laras bambino
2 ottobre 1944, due SS italiane si presentano in un appartamento torinese la cui proprietaria è stata denunciata come ebrea dalla delazione della portinaia; con lei ci sono la figlia e il nipote di nove anni. Le due donne offrendo tutto il denaro di cui dispongono riescono a ottenere che almeno lascino scappare il bambino; nel punto in cui secondo gli accordi avrebbero dovuto lasciarlo andare, tuttavia, non accennano a mollare la presa, ma il ragazzino riesce comunque a divincolarsi e fugge senza poter neppure dire addio alla mamma e alla nonna, che non vedrà mai più, e corre attraverso la città verso una casa sicura.
Anna Segre
Guerre futili
“E che cosa ci faccio alla guerra? […] Che cosa ci vado a fare, nell’esercito svedese? A incendiar villaggi, rovinare i raccolti ai contadini e portargli via il bestiame. A foraggiare di casa in casa, spaventare a morte la povera gente, tormentarla, coprirla d’improperi, frustarla a sangue: “Tira fuori quello che hai, canaglia!”. Dovrei esser pazzo per voler diventare un soldato del re di Svezia, scavar trincee, andare alla carica, sfiancare il mio cavallo. Se è in lite con lo zar dei Moscoviti è affar suo: si batta pure con lui, o ci si metta d’accordo, se preferisce; a me che me ne importa?”.
Questo passo tratto da Il Cavaliere Svedese (1936) di Leo Perutz ben evoca l’assurdità della guerra e la tragedia nelle esistenze che essa finisce sempre per travolgere. 
Francesco Moises Bassano
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