Dove sta andando l’educazione ebraica in Italia? Quali i nodi critici di cui prendere coscienza, quali invece le direttrici di crescita e sviluppo? È uno degli interrogativi che hanno contraddistinto i lavori degli Stati Generali dell’Ebraismo Italiano organizzati a Roma dall’UCEI. Dalla scelta della mission per le scuole ai moduli per la formazione rabbinica, dai percorsi di studio superiori all’erogazione di servizi integrativi: questi e altri tasselli di un mosaico ampio ad animare le diverse sessioni della due giorni di confronto e approfondimento.
Educazione come preservazione, educazione per costruire futuro e continuità. È uno dei concetti sui quali si è soffermato il rav Roberto Della Rocca, direttore dell’area Educazione e Cultura UCEI, nella sessione inaugurale dell’evento. L’obiettivo annunciato dal rav, oltre al rafforzamento di una rete, è quello di una trasmissione attiva e non basata esclusivamente sulla conoscenza di nozioni. Il rischio, altrimenti, è di “diventare banali e irrilevanti”. Da correggere anche l’errore di impostazione, che sarebbe ancora diffuso nell’Italia ebraica, di un’identità “non vissuta nel quotidiano, ma appendice rispetto ad altro”.
Al termine dei lavori, nel trarre un primo bilancio, la presidente UCEI Noemi Di Segni ha sottolineato “come fosse importante mettere in evidenza la parte positiva” del lavoro svolto dell’Unione sul versante educativo. Un prisma attraverso il quale leggere la realtà con il suo carico di “fatiche, limiti, sfide”. L’impegno è a mettere insieme “istanze e osservazioni critiche” emerse nel corso degli Stati Generali, sviluppando in questo solco “una riflessione al nostro interno”.
"Non lasciare indietro nessuno" l’obiettivo indicato da Livia Ottolenghi, assessore alle Politiche educative UCEI. Nella sua restituzione in plenaria l’assessore ha parlato di “indicazioni costruttive” pervenute dai partecipanti: un patrimonio ora a disposizione di professionali e dirigenti. Nel corso della discussione, ha poi aggiunto Ottolenghi, “è emerso come l’UCEI stia effettuando investimenti importanti per le scuole: anche attraverso risorse come il sito Zeraim, che resta però scarsamente utilizzato” rispetto alle potenzialità. Un’altra criticità emersa, sempre in tema di scuola, sarebbe “il rapporto conflittuale con le famiglie” .
Un mondo in forte trasformazione quello dei giovani e delle loro realtà di riferimento: è la fotografia dell’assessore alle Politiche giovanili UCEI Simone Mortara. “Siamo davanti a una generazione che interagisce di meno rispetto al passato, ma al tempo stesso molto creativa”, ha osservato in plenaria. Da qui la necessità di ripensare un’offerta che, “in un momento di crisi delle istituzioni formali, non potrà più essere solo istituzionale”. Per quanto riguarda il trend identitario l’impressione “è che vi sia una positiva e strutturata aggregazione intorno a momenti educativi, religiosi e sociali”. Dall’altro lato, però, “per il mondo più ‘laico’ non vediamo lo stesso risultato”.
(Nelle immagini: la restituzione in plenaria al termine dei lavori, uno dei workshop tematici che hanno contraddistinto gli Stati Generali, alcuni rabbini italiani al Tempio di via Balbo)
La prima sessione, moderata da Nathania Zevi, è stata dedicata alla mission delle scuole ebraiche. Al tavolo Maddalena Rossi e Levana Touitou, direttrici della scuola Yoseph Tehillot di Milano; Amy Hayon, direttore della scuola Tiferet Israel di Roma; Marco Camerini, direttore della scuola della Comunità di Milano; Nathan Neumann, direttore della scuola della Comunità di Trieste; rav Ariel Finzi, rabbino capo di Torino; rav Igal Hazan, direttore della scuola Merkos di Milano; rav Roberto Colombo, direttore di ebraismo della scuola della Comunità di Roma.
La formazione rabbinica e i percorsi di studi ebraici superiori al centro della seconda sessione di approfondimento. A prendere la parola, moderati da Dario Coen, il direttore del Kollel di Roma Michael Cogoi Wagner; la coordinatrice del diploma universitario dell’Unione Myriam Silvera; il presidente dell’Assemblea Rabbinica Italiana rav Alfonso Arbib; il coordinatore del Collegio Rabbinico Italiano rav Benedetto Carucci Viterbi; il suo direttore rav Riccardo Di Segni.
I lavori della seconda giornata sono ripresi con un sguardo su “Giovani, formazione, identità ebraica”. Stimolati dal segretario generale della Comunità ebraica di Milano Alfonso Sassun, sono intervenuti il consigliere UCEI Alex Zarfati, il presidente Ugei David Fiorentini, Eitan Della Rocca di Tiferet Chaim Roma, la coordinatrice dell’Ufficio Giovani Nazionale UCEI Genny Di Consiglio, rav Moshe Hachmun di Eli Hay, i rappresentanti del Benè Akiva Ofir Batash ed Elihasiv Shechter e dell'Hashomer Hatzair Josef Jona Falco e Shiry Caftori.
La sessione conclusiva ha visto un focus su “percorsi di educazione” e “formazione ebraica” alternativi alla scuola. Intervistati dal vicepresidente della Comunità ebraica di Venezia Paolo Navarro, hanno portato una riflessione rav Giuseppe Momigliano della Consulta Rabbinica dell’Unione, il consigliere UCEI Davide Orvieto, rav Shalom Beer Hazan dei Chabad Roma, Ruth Mussi - Talmud Torah UCEI, la coordinatrice del Pitigliani Lucilla Musatti, l’ex presidente dell’Adei Ziva Fischer. A integrare il quadro anche alcune considerazioni svolte dalla coordinatrice dell'UGN Genny Di Consiglio e dal direttore dell'area Educazione e Cultura UCEI rav Roberto Della Rocca.
È scritto nei Pirqè Avot: “Non ti separare dalla collettività” (2, 4). Mi domando? È questa un’ingiunzione rivolta solo al singolo rispetto alla Comunità di cui fa parte, o non può essere estesa anche alla collettività stessa, rispetto a una collettività ancora più grande di cui dovrebbe far parte? Dieci anni fa fu introdotto su scala mondiale lo “Shabbat Project”, per iniziativa dell’allora rabbino capo del Sudafrica Rav Harris. Tutte le Comunità ebraiche del pianeta avrebbero indetto uno Shabbat collettivo, cui sarebbero stati invitati tutti i membri, anche i meno osservanti. Lo Shabbat sarebbe stato accompagnato da opportune iniziative che avrebbero visto il coinvolgimento di ogni settore della Comunità per 25 ore, in modo che ognuno potesse annoverarsi, almeno una volta all’anno, fra “coloro che meritano la Vita assaporandone il gusto”. La data annuale fu individuata in uno dei primi Shabbatot subito dopo Simchat Torah, in genere Lekh lekhà o Wayerà.
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È compito dell'UCEI incoraggiare la conoscenza delle realtà ebraiche e favorire un ampio ed equilibrato confronto sui diversi temi di interesse per l’ebraismo italiano: i commenti che appaiono in questa rubrica non possono in alcun modo essere intesi come una presa di posizione ufficiale dell’ebraismo italiano o dei suoi organi di rappresentanza, ma solo come la autonoma espressione del pensiero di chi li firma.
Un'opinione sulle opinioni
Mi permetto di esprimere un’opinione a proposito della nuova rubrica “opinioni a confronto”.
Il dialogo, la discussione, la presentazione di punti di vista diversificati sono sicuramente importanti, ed è giusto che l’UCEI cerchi di favorirli sollecitando la partecipazione del maggior numero possibile di persone anziché limitarsi ai soli collaboratori fissi che hanno scritto finora. Ma se lo scopo era questo, lo spazio destinato ai contributi esterni alla redazione avrebbe dovuto essere ampliato, non diminuito; invece per ora abbiamo visto una riduzione del 50% (tre giorni su sei), di cui non mi pare sia stato spiegato il motivo. In conseguenza di questa riduzione dello spazio, è stato abbandonato il meccanismo della cadenza settimanale per i contributi dei collaboratori: chi scrive non sa più quando sarà pubblicato e chi legge non sa più quando potrà trovare le persone o i temi a cui è interessato.
Personalmente sono estremamente grata per lo spazio che mi è stato concesso settimanalmente per dodici anni, e riconosco che dopo così tanto tempo sarebbe anche comprensibile che mi si chiedesse di lasciare spazio a qualcun altro. Ma come lettrice sono preoccupata perché temo di perdere tante cose interessantissime che amavo leggere a cadenza settimanale, con la riposante certezza di un’abitudine consolidata: ogni giorno aveva i suoi collaboratori e i suoi temi. Opinioni, certo, che permettevano un utile confronto, ma non solo: recensioni di libri, film e mostre, quadretti di vita israeliana, segnalazione di atti di antisemitismo, approfondimenti sulla musica concentrazionaria, filosofia, storia, feste, tradizioni, e molto altro. È stato anche un modo per conoscersi meglio tra persone appartenenti a diverse Comunità, e per apprendere qualcosa di più della loro vita, delle tradizioni locali, delle iniziative portate avanti da diversi gruppi e istituzioni dell’ebraismo italiano. Certo, per tutto questo ci sono anche i contributi redazionali, ma i collaboratori esterni spesso aggiungevano il colore locale, il sapore della testimonianza diretta di chi aveva organizzato o partecipato. Onestamente fatico a capire come la fine, o comunque la sensibile riduzione, di tutto questo possa essere un arricchimento per l’ebraismo italiano. Mi auguro sinceramente di essere smentita.