Se non leggi correttamente questo messaggio, clicca qui   7 dicembre 2022 - 13 Kislev 5783

PASSI AVANTI NELLE TRATTATIVE PER FORMARE IL GOVERNO  

Netanyahu e l'intesa con i partiti haredi   

Un passo in avanti Yariv Levin, l'uomo del Likud a cui è stato affidata la negoziazione con gli altri partiti della coalizione per dare un nuovo esecutivo a Israele, è riuscito a farlo. Nelle scorse ore ha siglato un accordo - seppur provvisorio - con il partito haredi Yahadut HaTorah. Nell'immagine diffusa alla stampa un sorridente Levin mostra, con a fianco i leader di Yahadut HaTorah Moshe Gafni e Yitzhak Goldknopf, il documento che sigilla l'intesa. Tra gli elementi che quest'ultima contiene, la garanzia che al partito haredi andrà il controllo del ministero dell'Edilizia e delle Abitazioni così come l'ambita presidenza della commissione Finanze della Knesset. Poi alcune posizioni da viceministro, tra cui quello al Lavoro e ai Servizi sociali. Dopo aver trovato la quadra con Yahadut HaTorah, racconta il quotidiano Maariv, ora il Likud è concentrato nei colloqui con l'altro partito religioso, Shas. Quest'ultimo è l'ultimo a mancare nella lista delle firme per la suddivisione degli incarichi e, aggiunge Maariv, farà pesare il suo sì chiedendo ulteriori incarichi. Dall'altra parte alcune promesse le ha già ottenute - in ticket con Yahadut HaTorah -, come racconta Haaretz: “un sostanziale aumento dei finanziamenti statali alle scuole haredi”.

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IL LAVORO DEL MAGISTRATO MARCO DE PAOLIS RACCONTATO IN UN LIBRO

“Indagare le stragi nazifasciste in Italia,
il mio impegno contro l’indifferenza”

C’è un ostacolo, angosciante e radicato, che il magistrato Marco De Paolis si è trovato a sormontare nella sua attività di indagine sulle stragi nazifasciste in Italia. Un ostacolo che risponde al nome di “indifferenza” e che è stato, nel dipanarsi della sua attività, una presenza “quasi totale”, un vero e proprio “macigno”. È stato De Paolis stesso a confessarlo, nel corso della presentazione del libro per ragazzi “L’uomo che dava la caccia ai nazisti” (ed. Piemme) scritto insieme ad Annalisa Strada e dedicato ai 17 processi che è riuscito a istruire e alle 57 condanne all’ergastolo di militari tedeschi ottenute. Un libro per le nuove generazioni, affinché non si dimentichi il passato e fiorisca, da esso, una più solida consapevolezza.
Il procuratore generale militare alla Corte d’appello di Roma, premiato di recente con l’Ordine al merito della Repubblica federale tedesca, ne ha parlato al Centro Bibliografico dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane su invito di UCEI e Fondazione Museo della Shoah. Un’occasione per fare il punto sui risultati raggiunti e il loro significato. Ad intervenire, moderati dalla responsabile UCEI per Antisemitismo e Memoria Sira Fatucci, l’assessore alla Comunicazione dell’Unione Davide Jona Falco, il giornalista Paolo Borrometi e la storica Isabella Insolvibile.

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LA PRESENTAZIONE AD ALESSANDRIA DELLA "VALMADONNA TRUST LIBRARY"

Libri ebraici, una collezione straordinaria

Una raccolta di manoscritti e volumi a stampa in ebraico di enorme valore e significato compone la “Valmadonna Trust Library”, tra le più importanti collezioni private al mondo, con testimonianze che vanno dal decimo al sedicesimo secolo acquisite nel tempo dal collezionista Jack Lunzer. Ad illustrarne i tesori un incontro tenutosi alla biblioteca civica Francesca Calvo di Alessandria. Città assai cara a Lunzer che, nato nel 1924 ad Anversa, la frequentò nell’immediato dopoguerra ospite della famiglia Vitale intrecciandovi molti legami e rapporti. Da qui la scelta di intitolare la fondazione al paesino di Valmadonna di cui, scherzando con alcuni amici, si proclamava “conte”. L’iniziativa ha visto tra gli altri i saluti dell’assessore comunale Vittoria Oneto, della delegata della sezione alessandrina della Comunità ebraica di Torino Paola Vitale, del suo presidente Dario Disegni, della consigliera della Comunità ebraica di Milano Sara Modena, di monsignor Pier Francesco Fumagalli della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e di Angelo Piattelli, curatore della collezione “Dr. David e Jemima Jeselsohn” di Zurigo, che ha svolto la relazione principale. I dirigenti della Biblioteca Civica, infine, hanno presentato il fondo ebraico da loro custodito. A prendere la parola don Marco Visconti, direttore della Biblioteca del Seminario di Alessandria, la presidente della società cooperativa Arca Alessandra Rivera, la responsabile dell’ufficio tutela del patrimonio librario della biblioteca Paola Ottone.

Il conte di Valmadonna, così si faceva chiamare scherzosamente da alcuni vecchi amici di origine italiana, Jack Lunzer, uomo d’affari londinese e commerciante di diamanti industriali, ma soprattutto noto come custode della Valmadonna Trust Library, forse la più grande biblioteca di libri ebraici in mani private. Era nato nel 1924 ad Anversa, da padre britannico, anche lui mercante di diamanti e discendente di un noto collezionista. Jack si trasferì per qualche tempo in Svizzera per studiare medicina, ma presto capì che quella professione non faceva per lui e tornò a Londra dandosi al mondo degli affari con grande successo. Nel 1948 sposò Ruth Zippel, un’ebrea di Wiesbaden, la cui famiglia originaria di un paesino alle porte di Lodz in Polonia, si era inizialmente trasferita in Germania e poi a Torino per qualche anno. Da Torino i Zippel erano tornati nella repubblica di Weimer, ma costretti a lasciare il paese nel 1933 avevano scelto di nuovo l’Italia, questa volta però optarono per Milano, come residenza stabile. I fratelli Zippel, tra cui il suocero di Lunzer, avevano istaurato un rapporto di profonda amicizia con Peppino Vitale, avvocato e uomo d’affari di Alessandria. Lo stesso Lunzer ne divenne grande amico a partire dagli anni Cinquanta.
 

Angelo Piattelli

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L'ESPOSIZIONE INAUGURATA A FERRARA E DEDICATA ALLA FESTA

Al Meis, l’arte racconta Hannukkah

Si avvicina per il mondo ebraico il momento di accendere il primo lume di Hanukkah. Un’occasione celebrata nelle case, ma ormai anche tradizionalmente nelle piazze di molte città, con eventi aperti a tutti. Ad aprire le fila di queste manifestazioni è il Museo Nazionale dell’Ebraismo italiano e della Shoah di Ferrara con una mostra a ingresso libero che racconta al pubblico, attraverso opere e oggetti, i significati della festa. “Hanukkah. Una festa raccontata attraverso l’arte”, il titolo dell’esposizione del Meis curata dal direttore del museo Amedeo Spagnoletto ed Ermanno Tedeschi.
“Apriamo una piccola ma raffinatissima mostra”, ha spiegato il presidente del Meis Dario Disegni in occasione dell’evento inaugurale dell’iniziativa. “Una mostra che abbiamo voluto organizzare per introdurre a tutti quanti la festa di Hanukkah, che inizierà tra pochi giorni. Tra le opere, troverete quadri di artisti contemporanei come quello di Francesca Duscià che ha voluto essere presente qui con noi per l’occasione. Chiudiamo così questo 2022 e ci prepariamo ad accogliere il 2023 con una grande mostra che apriremo ad aprile e che sarà dedicata alle architetture delle sinagoghe e dei cimiteri ebraici in Italia”.
La mostra, ha aggiunto il direttore Spagnoletto, “è stata pensata e ideata poco meno di un mese e mezzo fa: una vera e propria sfida che si sposa perfettamente con lo spirito della festa”. A chiudere gli interventi il co-curatore Ermanno Tedeschi: “Desidero ringraziare il Meis per aver scelto di realizzare assieme questa mostra nata da una semplice chiacchierata. L’idea di fondo è quella di far vedere la gioia che nasce da questa celebrazione che, attraverso accensioni collettive, coinvolge ogni anno tutta la cittadinanza”. 

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L'INIZIATIVA IN RICORDO DEGLI EBREI PADOVANI DEPORTATI  

Padova, in marcia per la Memoria

Da dieci anni, ogni anno, la Comunità di Sant’Egidio e la Comunità ebraica organizzano una marcia della memoria in ricordo della deportazione degli ebrei padovani. La data scelta è quella del 3 dicembre 1943, che segnò l’avvio di uno dei momenti più drammatici della storia recente della città: il prelevamento degli ebrei e l’apertura del campo di concentramento di Vo’ vecchio. Il 17 luglio 1944, i 47 internati furono deportati ad Auschwitz e solo tre donne tornarono. 
Interrotto dalla pandemia, nelle scorse ore si è potuto finalmente ripetere questo “pellegrinaggio della memoria” per le vie del centro, attraverso il vecchio ghetto. Significativa la presenza di giovani, insieme a cittadini di ogni età e credo religioso, che hanno scelto di camminare fianco a fianco, in silenzio, passando accanto alle porte e alle case delle famiglie che furono colpite.

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La rubrica “Opinioni a confronto” raccoglie interventi di singoli autori ed è pubblicata a cura della redazione, sulla base delle linee guida indicate dall’editore e nell’ambito delle competenze della direzione giornalistica e della direzione editoriale. 
È compito dell'UCEI incoraggiare la conoscenza delle realtà ebraiche e favorire un ampio ed equilibrato confronto sui diversi temi di interesse per l’ebraismo italiano: i commenti che appaiono in questa rubrica non possono in alcun modo essere intesi come una presa di posizione ufficiale dell’ebraismo italiano o dei suoi organi di rappresentanza, ma solo come la autonoma espressione del pensiero di chi li firma.

Il duca  

Come abbiano già ricordato, Mosè è indicato, nel IV Canto dell’Inferno, tra gli spiriti dell’antico Israele che, confinati nel Limbo fino alla venuta e alla morte del figlio di Dio, furono poi da lui portati con sé in Paradiso, subito dopo la Passione, allorché scese appositamente nell’Inferno per assolvere a questo compito.
Virgilio racconta a Dante di essere stato personale testimone di questo evento, al quale assisté poco dopo essere sceso anch’egli nel Limbo (“Io era nuovo in questo stato”: Inf. IV. 52: tra la data della sua morte [19 a. E.V.] e quella di Gesù [33 E.V.] passano in realtà 52 anni; un lasso di tempo lungo secondo il metro della durata della vita umana, ma indubbiamente breve di fronte all’eternità). Abbiamo già detto come il poeta, in quei versi, con straordinaria capacità di sintesi, riesca in pochissime parole a indicare le caratteristiche essenziali dei padri e delle madri dell’antico Israele. Il profeta, segnatamente, è ricordato come “legista e ubidiente” (Inf. IV. 57): diede al suo popolo (e all’umanità intera) le leggi di Dio, e lo fece ubbidendo alla sua volontà. Ma la grandezza di Mosè, e il suo posto di assoluta centralità nel disegno soteriologico, è eloquentemente attestata dal fatto che egli compare in tutte e tre le cantiche: oltre alla già citata menzione dell’Inferno, ne abbiamo infatti un’altra nel Purgatorio e due nel Paradiso.
Nel XXXII Canto del Purgatorio, nel Paradiso terrestre – situato, com’è noto, sulla sommità della montagna del Purgatorio –, ove è ormai arrivato, Dante narra come si svegliò da un sonno che lo aveva colto, e, per descrivere questo risveglio, ricorda l’episodio evangelico della trasfigurazione, alla quale assistettero gli apostoli Pietro, Giovanni e Iacopo, i quali, finita la visione, videro dissolversi le immagini di Mosè e di Elia, che erano a loro apparse accanto al figlio di Dio (XXXII. 79-80). In questo passo la figura di Mosè non è quindi evocata per la sua funzione nella storia ebraica, ma solo come personaggio della narrazione evangelica, atto a sottolineare il nesso di continuità tra quello che i cristiani (e quindi anche Dante) considerano in Vecchio (o Antico) Testamento e il Nuovo. E non è qui il caso di soffermarsi sulla questione di come debba essere interpretata la parola Vecchio (Antico). In Dante, senza alcun dubbio, non voleva dire ‘superato’ o ‘cancellato’.
Nella prima citazione di Mosè nel Paradiso, nel XXIV Canto, il profeta è menzionato all’interno di una solenne dichiarazione di fede fatta dal poeta, il quale asserisce di credere nel Dio unico senza bisogno di prove, ma unicamente “per Moïsè, per profeti e per salmi,/ per l’Evangelio e per voi che scriveste” (XXIV. 136-137), ossia per quelli che i cristiani chiamano Pentateuco, per i libri profetici, per i salmi (richiamati per indicare la totalità dei cd. Agiografi), per i Vangeli e per gli altri testi neotestamentari (“voi che scriveste”: il poeta si rivolge agli autori degli Atti degli Apostoli, delle lettere di Paolo e dell’Apocalisse). Nell’elenco, come si vede, sono menzionati degli scritti (i salmi e il Vangelo) e delle persone (Mosè, i profeti e gli apostoli), ma queste ultime sono considerate un tutt’uno con i testi da loro redatti. Mosè, in questo senso, è citato come sinonimo del Pentateuco. Chi crede in quei libri, crede in Mosè.
Nella seconda citazione, contenuta nel XXXII Canto (a cui abbiano già fatto cenno in una scorsa puntata), Dante racconta di come San Bernardo gli descriva la visione delle anime beate che hanno il privilegio di circondare Maria, guardandola da vicino: Adamo, Mosè, Pietro, Giovanni Evangelista, Anna (madre di Maria) e Lucia. Mosè non è chiamato col suo nome, ma con l’espressione “quel duca sotto cui visse di manna/ la gente ingrata, mobile e ritrosa” (131-132), con ciò richiamando la traversata del deserto, che vide gli ebrei cibarsi di manna sotto la guida del profeta. L’espressione “gente ingrata, mobile e ritrosa, come abbiano già spiegato, non ha assolutamente un senso di generalizzata disistima verso il popolo ebraico, ma, solo di condanna per coloro che si dimostrarono recalcitranti a seguire con fiducia il loro “duca”.
Ma credo che il debito di Dante nei confronti di Mosè vada al di là de queste quattro citazioni, in quanto lo stesso tragitto ultramondano del poeta trae ispirazione dal percorso del profeta, così come dagli altri tre viaggi più famosi di tutti i tempi, quelli di Abramo, Ulisse ed Enea. Sul senso di questi cinque viaggi (Abramo, Mosè, Ulisse, Enea, Dante) torneremo nelle prossime puntate.

Francesco Lucrezi

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