L'INDAGINE SWG CON PAGINE EBRAICHE, DIECI ANNI DI MONITORAGGI SUL 27 GENNAIO
Gli italiani e il Giorno della Memoria:
“Più consapevoli, ma meno coinvolti”
L’elemento positivo è che gli italiani sono più consapevoli rispetto al significato del 27 gennaio. Il 61 per cento sa a cosa corrisponde questa data. La percentuale più alta registrata negli ultimi dieci anni. Il dato negativo è però un aumento, rispetto agli ultimi due anni, del numero di persone che si dice poco o per nulla coinvolto dalle iniziative promosse per il Giorno della Memoria (il 35 per cento). A questo si lega poi un netto calo rispetto alla percezione della diffusione dell’antisemitismo in Italia: se nel 2021 il 55 per cento lo considerava abbastanza diffuso, nel gennaio 2023 si è scesi al 42 per cento. Un calo non dovuto a una convinzione che ci sia stato un efficace contrasto a questo fenomeno, spiega il sociologo Riccardo Grassi, direttore di ricerca dell’istituto triestino Swg, ma da ricondurre “a quella che appare come una diffusa diminuzione della sensibilità rispetto al tema”. Una questione che tocca nel profondo il lavoro sulla Memoria.
Questi dati sono alcuni degli elementi che emergono dall’ultima indagine su “Gli italiani e il Giorno della Memoria”, arrivata al traguardo del decimo anno. Realizzata da Swg, tra i più importanti istituti di ricerca italiani, con la collaborazione della redazione di Pagine Ebraiche. Un prezioso strumento per cogliere l’evoluzione della percezione nel paese del ruolo del 27 gennaio, della Memoria in generale e dell’antisemitismo. “Negli ultimi dieci anni l’interesse e l’attenzione mostrata dagli italiani rispetto alla celebrazione del Giorno della Memoria ha avuto molti alti e bassi, – spiega Grassi, – sia a livello di conoscenza che di interesse e partecipazione”.
Non sono molte, aggiunge il sociologo, le indagini che possono “contare un monitoraggio così lungo. In questo decennale di collaborazione con Pagine Ebraiche ci sono stati cambiamenti sociali, culturali, geopolitici di portata straordinaria. Avere una rilevazione prolungata nel tempo ci permette di cogliere la differenza tra variazioni di breve periodo, essenzialmente di carattere emotivo, e variazioni di lungo periodo, che diventano strutturali”. Un esempio evidente in merito al Giorno della Memoria di questa variazione è la percentuale di intervistati in grado di identificare correttamente la ricorrenza del 27 gennaio dal 2014 a oggi. La percentuale si è attestata attorno a poco più del 50 per cento nel corso degli anni, con un picco massimo del 61 per cento raggiunto nell’ultima rilevazione.
Un dato, si diceva, positivo così come lo è l’evoluzione nel corso degli anni del significato che gli intervistati attribuiscono alla ricorrenza. “Abbiamo visto come dal 2014, quando abbiamo iniziato l'indagine, il Giorno della Memoria sia passato dall’essere percepito come un’occasione ‘dovuta’ e ‘formativa’, quindi considerato con grande distacco emotivo, ad essere valutato come un momento ‘giusto’ e necessario’ nel calendario civile. – evidenzia Grassi – Questi due ultimi elementi rappresentano un’attribuzione di valore morale molto più alto. E in generale vediamo come la ricorrenza sia considerata irrinunciabile”. Nello specifico, il 27 gennaio è considerato “giusto” dal 40 per cento degli italiani, “formativo” dal 37, mentre è “dovuto” e “necessario” per il 34.
La finanza ebraica. Un elemento-chiave della propaganda antisemita che tuttora insinua i meandri dell’opinione pubblica e il chiacchiericcio da bar. Un po’ come sentire la battuta da vecchio cinepanettone che nella banca americana dove lavora il ragazzone ignorante della Roma generona “c’è una mafia giudìa che fa spavento!”. E allora, per venire ai fatti seri, cos’era la finanza ebraica in Italia al momento del varo delle infami leggi razziste? Nel 1938 esistevano nel paese nove ditte bancarie “ebraiche”. Sei di queste cessarono l’attività o vennero cedute prima del marzo 1940. La Banca Loria & Co. di Milano fu venduta e assorbita dal Banco di Napoli, la Banca Ravà di Firenze fu posta in liquidazione volontaria e ceduta, la Banca Federico del Vecchio, anch’essa di Firenze, fu ceduta ai figli del titolare non colpiti dalle leggi (oggi è un marchio del gruppo Ubi), la Banca Gallia di Milano fu chiusa per l’emigrazione in Svizzera dei proprietari. Guillaume Assayas, cittadino francese non espulso per ragioni di età, titolare dell’omonima ditta bancaria milanese, cessò di fatto l’attività dopo la dichiarazione di guerra della Germania alla Francia in previsione di un sequestro nel probabile caso di entrata in guerra di Mussolini a fianco di Hitler. L’ispettorato della Banca d’Italia su proposta del Governatore Vincenzo Azzolini – che fu ligio esecutore degli ordini del regime nell’applicare le leggi dentro la banca e nel mondo finanziario, con uno zelo che andò ben oltre i suoi compiti – mise in liquidazione la sua banca. Ma è il caso della ditta Vizza Ovazza di Torino che illustra bene gli effetti della persecuzione anche nei confronti di cittadini di “razza” ebraica attivi nel mondo del credito dall’Unità d’Italia e vicini al fascismo tanto da ottenere la qualifica di “discriminati”.
Milano Centrale, una nuova segnaletica
per raggiungere il Memoriale della Shoah
Nella stazione Centrale di Milano tre totem indicano come raggiungere il Memoriale della Shoah. Una segnaletica a lungo attesa, per cui molto si è spesa in questi anni la senatrice a vita e Testimone della Shoah Liliana Segre e che ora trova posto in due ingressi della stazione e nel piano sovrastante dove c'è l'accesso ai binari. “L'avevamo chiesto da anni. E finalmente è arrivato, grazie all'intervento del ministero della Cultura e del ministro Sangiuliano. Ora i passeggeri in transito nella stazione sapranno come raggiungerci. Quei totem rispondono a un'esigenza effettiva e al desiderio della senatrice Segre di dare più evidenza possibile al Memoriale”, sottolinea a Pagine Ebraiche il presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, Roberto Jarach. L'iniziativa è stata possibile grazie a un accordo con Grandi Stazioni. La segnaletica spiega come arrivare in piazza Safra 1, slargo di via Ferrante Aporti, dove si trova l'ingresso del Memoriale. Da qui - quello che è un tempo era il binario 21 - il 30 gennaio 1943 centinaia di persone, tra cui Liliana Segre e il padre Alberto, furono deportate dai nazifascisti ad Auschwitz.
L'INIZIATIVA DEDICATA AI GIOVANI E AI LUOGHI DELLA MEMORIA IN ITALIA
Da Trieste a Ferramonti, la rete per non dimenticare
Da Trieste a Milano, da Ferrara a Carpi, da Roma a Tarsia. Alcuni dei più importanti luoghi della Memoria italiana si sono uniti in una rete di Musei e Memoriali della Shoah che ha l’obiettivo di rafforzare una riflessione, nelle nuove generazioni, “sul valore irrinunciabile del rispetto dei diritti umani, contro ogni forma di intolleranza e violenza”. A farne parte il Civico Museo della Risiera di San Sabba – Monumento Nazionale nel Comune di Trieste, la Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, la Fondazione Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara, la Fondazione per il recupero e la valorizzazione della memoria storica del Campo di Fossoli, la Fondazione Museo della Shoah di Roma il e Museo Internazionale della Memoria Ferramonti di Tarsia. Ideata dalla vicepresidente del Memoriale della Shoah milanese Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo dei governi Conte 2 e Draghi, la “Rete italiana della Memoria” si propone, insieme al ministero dell’Istruzione e del Merito, di aprire sempre più le porte di tali luoghi ad alunni ed insegnanti delle scuole del primo e del secondo ciclo di istruzione. Significativo in tal senso il contributo di Trenitalia – Gruppo Ferrovie dello Stato Italiane, che proporrà dei “costi agevolati” agli istituti che ne faranno richiesta entro il 31 dicembre di quest’anno. “Uno dei temi del dibattito pubblico di questi giorni riguarda il futuro della Memoria. Questa iniziativa, di cui tutte le scuole d’Italia sono state messe a conoscenza nelle scorse ore, va nella direzione di offrire delle risposte. Un impegno concreto e rilevante”, dice Santerini a Pagine Ebraiche. Rilevante anche perché “nasce da una rete, da un comune sentire” rispetto alle molte sfide del presente. E soprattutto perché porta attenzione su realtà che si trovano nel nostro Paese, “ricordandoci che quel passato e certe responsabilità storiche ci riguardano molto da vicino”.
Leggi del ’38, nuove iniziative per fissare la Memoria
Nuove iniziative raccontano in questi giorni l’impatto delle leggi razziste a ogni livello della società italiana. Tra gli altri il Cai, il Club Alpino Italiano, ricorderà i suoi soci espulsi a partire dal ’38 nel corso di un incontro con UCEI e Comunità ebraica di Roma che si svolgerà in serata nella sede del Pitigliani. L’iniziativa, al via alle 19, si inserisce all’interno del “percorso di autocritica, riflessione storica e rielaborazione etica” avviato durante l’ultima assemblea nazionale, con tutte le sezioni presenti e rappresentate. Nell’occasione erano stati infatti approvati una mozione e un programma di indirizzo con l’impegno “a ricostruire i fatti rielaborando la propria storia, riconoscere la propria responsabilità nel dare continuità alla politica razziale fascista, pubblicare articoli sui fatti e ricerche storiche sull’argomento, riammettere formalmente tutti i soci espulsi”. Ad intervenire saranno il presidente generale del Cai Antonio Montani, il presidente della sezione romana Giampaolo Cavalieri, la presidente UCEI Noemi Di Segni, la presidente della Comunità ebraica Ruth Dureghello, con a seguire le relazioni di Angelo Soravia (Consigliere centrale Cai, “Il Cai e le leggi razziali del 1939”), Lorenzo Grassi e Stefano Ardito (giornalisti, “Il Cai di Roma e le leggi razziali del 1939”), Livia Steve (Cai Roma, “I soci ebrei espulsi dal Cai Roma”), Fabrizio Russo (Coordinatore del Consiglio centrale del Cai, “Attuali iniziative del Cai sulle leggi razziali del 1939”). “Un appuntamento che va nella direzione indicata dall’ultima assemblea nazionale, che sollecitava il Cai ad avviare un confronto con il mondo ebraico. Si tratta di un evento molto significativo sotto molti punti di vista” afferma Steve, che non è soltanto l’organizzatrice dell’incontro ma anche l’autrice di uno studio sulle biografie dei soci espulsi nella Capitale che ha portato all’individuazione di circa 200 nominativi. Tra loro, anticipa a Pagine Ebraiche, varie personalità illustri. Come i Premi Nobel Franco Modigliani ed Emilio Gino Segrè, lo scrittore Alberto Moravia, il medico Attilio Ascarelli che avrebbe poi ricostruito l’identità delle vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine.
IL CONFRONTO ALL'ACCADEMIA DELLE BELLE ARTI DI ROMA
“Shoah, arte e immagine: il nostro debito aperto”
Il rapporto tra memoria, storia e opera d’arte, ma anche quello tra il disegno e la struttura architettonica dei campi di sterminio con quello dell’industria moderna e contemporanea e la questione ancora aperta delle opere razziate a famiglie ebraiche da fascisti e nazisti. Temi non sempre al centro dell’attenzione e che sono stati sollevati dai titolari delle cattedre di Pittura, Decorazione e Museologia del Contemporaneo dell’Accademia di Belle Arti di Roma durante una conferenza molto partecipata.
Gli interventi di Alfredo Pirri, Marco Brandizzi e Claudio Libero Pisano, accompagnati al tavolo dall’addetta culturale dell’ambasciata israeliana in Italia Maya Katzir, hanno portato in questo senso molti spunti e nuova consapevolezza. Nella sua relazione su “La Shoah e l’immagine” Pirri ha in particolare ravvisato l’esistenza di un obbligo, “che solo l’immaginario può provare a risarcire attraverso un atteggiamento allo stesso tempo sintetico e complesso che sappia tenere insieme le due nature all’apparenza opposte del linguaggio artistico: la sua originalità rituale e la diaspora del suo linguaggio”.
Vent'anni fa al Monte Stella, parco nel nord di Milano nato sulle macerie dei bombardamenti della seconda guerra mondiale, fu inaugurato ufficialmente il Giardino dei Giusti. Un luogo simbolico, ispirato al Giardino dello Yad Vashem di Gerusalemme, dedicato al coraggio di chi scelse di opporsi al male. “Il Giardino è diventato il luogo che celebra quella scelta. Ricorda che quando la società è alla deriva c'è sempre la possibilità di cambiare direzione”, le parole del presidente di Gariwo Gabriele Nissim, davanti al pubblico riunitosi nella sala Alessi del Comune di Milano per festeggiare - con un concerto di musica jazz, klezmer e armena - il traguardo dei vent'anni del Giardino. “Quanto abbiamo raggiunto dal 2003 penso sia un miracolo: dalle leggi per i Giusti del parlamento italiano ed europeo, alla nascita di duecento giardini in diverse parti d'Europa e in alcuni paesi arabi. Risultati straordinari. Ed è solo l'inizio”.