UCEI - LA RIUNIONE A ROMA

Informazione e Comunicazione, interventi in Consiglio

Un confronto sui temi dell’informazione e della comunicazione ha caratterizzato la seconda parte dei lavori del Consiglio dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, riunitosi ieri a Roma. Introdotto e concluso da alcune considerazioni dell’assessore Davide Jona Falco, il dibattito ha toccato varie questioni. Dalla linea editoriale da impartire ai processi di organizzazione interna del lavoro, dalla necessità di fare chiarezza rispetto a cosa è informazione e cosa è invece comunicazione alle strategie per risultare più incisivi nella speranza di incidere sulla ripartizione dell’Otto per Mille. L’assessore ha anche informato rispetto ai due bandi recentemente disposti dall’ente. Il primo, dedicato alla ricerca di una “risorsa a supporto della Comunicazione”. E il secondo, pubblicato a inizio giugno, per l’individuazione di un nuovo direttore per le testate editoriali.
Facendo riferimento al secondo, l’assessore ha reso noto che sono in corso i colloqui con i candidati e che i profili di maggior interesse saranno poi valutati dalla Giunta in un secondo momento. Nel trarre le conclusioni del dibattito, cui sono intervenuti Consiglieri sia di maggioranza che di opposizione, l’assessore ha parlato di occasione positiva di interazione e confronto. Un’occasione, ha assicurato, “per ripensare la comunicazione, studiando nuove formule”.
La riunione di Consiglio, che nel corso della mattinata era stata segnata dall’approvazione del Bilancio consuntivo riferito al 2022 e di alcuni progetti proposti dalle Commissioni UCEI, si è chiusa con uno sguardo alla prossima edizione della Giornata Europea della Cultura Ebraica (di cui Firenze sarà capofila per l’Italia). A parlarne l’assessore alla Cultura Gadi Schoenheit, con alcune anticipazioni rispetto al programma.

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L'INTERVENTO DEL PRESIDENTE USA SULLE POLITICHE DEL GOVERNO ISRAELIANO

Biden e le critiche a Gerusalemme
“Spero nella moderazione di Netanyahu”

Tra il presidente degli Stati Uniti Joe Biden e il Premier israeliano Benjamin Netanyahu c’è un rapporto decennale. Entrambi in diverse occasioni hanno parlato di un legame di amicizia che si è consolidato nel tempo. La prima volta che si incontrarono era il 1982: Biden era stato eletto per la seconda volta senatore mentre Netanyahu era vicecapo della delegazione israeliana a Washington.
Quando nel 2010 l’allora vicepresidente Biden arrivò a Gerusalemme, Netanyahu, nonostante i contrasti con l’allora presidente Usa Barack Obama, lo salutò calorosamente. “Abbiamo un’amicizia personale che dura da tre decenni. Riesci a credere che sia passato così tanto tempo?”, il saluto del leader del Likud al vicepresidente Usa. “No, stai invecchiando, Bibi. Non so come sia possibile”, la replica ironica. Oltre dieci anni dopo quell’incontro, i rapporti tra i due appaiono molto mutati. Tanto che Biden non ha ancora invitato Netanyahu alla Casa Bianca da quando, a fine 2022, è tornato alla guida d’Israele. Un’attesa insolita, considerando che per tradizione le amministrazioni Usa hanno sempre invitato i Premier israeliani (in passato lo stesso Netanyahu) pochi mesi dopo l’inizio dei loro mandati. Il motivo della freddezza lo ha esplicitato Biden in una recente intervista alla Cnn, in cui ha apertamente criticato alcune componenti e azioni dell’attuale governo di Gerusalemme. Un esecutivo con i membri “più estremisti che abbia mai visto” in Israele.

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IL PRESIDENTE DELL'EBRAISMO FRANCESE E I DISORDINI NEL PAESE

“Laicità, fondamentale difenderla
nella lotta contro i radicalismi”

La calma è tornata per le strade francesi, ma nel Paese continua la discussione rispetto a quanto accaduto dopo l'uccisione di Nahel M., ferito a morte da un poliziotto. Una uccisione che ha scatenato violenze e disordini in tutta la Francia, facendo riesplodere un disagio e una rabbia diffusa in alcuni settori della società. A interrogarsi sulla situazione anche il mondo ebraico francese, interpellato dai media locali. Tra le voci chiamate a dare una propria valutazione, il presidente del Consistoire de France, l'organo di rappresentanza dell'ebraismo francese, Élie Korchia. 
A colloquio con Le Figaro, Korchia ha espresso preoccupazione per l'antisemitismo presente oltralpe. Ma ha anche detto di voler “rimanere ottimista” rispetto all'atmosfera che si respira a livello nazionale dopo il caso Nahel e le successive violenze. “Non credo che si tratti di un peggioramento irreversibile, quanto piuttosto di un avvertimento della situazione sociale del nostro Paese, in particolare di alcuni nostri giovani, e degli eccessi inaccettabili che dobbiamo riuscire a prevenire”, la lettura di Korchia. 

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CICLISMO - IL SUCCESSO NELLA PRESTIGIOSA COMPETIZIONE  

Tour de France, l’exploit del team israeliano:
conquistata una delle storiche vette

Aveva appena un anno di vita Michael Woods quando il Tour de France era transitato per l’ultima volta sulla vetta del Puy de Dôme, vulcano dell’Alvernia e tra le mitiche cime della corsa a tappe. Oggi che di anni ne ha 36, il ciclista canadese in forza alla Israel Premier Tech dal 2021 ha coronato il suo sogno: vincere una tappa al Tour. E farlo, in solitaria, in una delle frazioni più suggestive.
Merito del singolo e della squadra, che ha affinato la strategia che l’ha portato a prendere il treno giusto, quello della fuga di giornata lanciata poco dopo il via da Saint-Léonard-de-Noblat. Woods, lontano in classifica generale dai big, si è unito a un gruppo di altri 13 ciclisti nella sua stessa condizione. Rimontando, sull’ultima ascesa, chi aveva preso nel frattempo qualche secondo di vantaggio. L’ultimo aggancio e sorpasso ad appena 450 metri dal traguardo. “A ottobre avrò 37 anni. Sentivo dentro di me che la finestra delle opportunità si stava chiudendo. Che non avrei più avuto tante occasioni” la soddisfazione di Woods nel dopo gara. Gioia del singolo e vittoria di squadra per il team israeliano, presente al Tour per il quarto anno consecutivo e già vincitore nel 2022 di due tappe.

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