Tour de France,
l’exploit del team israeliano:
conquistata una delle storiche vette
Aveva appena un anno di vita Michael Woods quando il Tour de France era transitato per l’ultima volta sulla vetta del Puy de Dôme, vulcano dell’Alvernia e tra le mitiche cime della corsa a tappe. Oggi che di anni ne ha 36, il ciclista canadese in forza alla Israel Premier Tech dal 2021 ha coronato il suo sogno: vincere una tappa al Tour. E farlo, in solitaria, in una delle frazioni più suggestive.
Merito del singolo e della squadra, che ha affinato la strategia che l’ha portato a prendere il treno giusto, quello della fuga di giornata lanciata poco dopo il via da Saint-Léonard-de-Noblat. Woods, lontano in classifica generale dai big, si è unito a un gruppo di altri 13 ciclisti nella sua stessa condizione. Rimontando, sull’ultima ascesa, chi aveva preso nel frattempo qualche secondo di vantaggio. L’ultimo aggancio e sorpasso ad appena 450 metri dal traguardo. “A ottobre avrò 37 anni. Sentivo dentro di me che la finestra delle opportunità si stava chiudendo. Che non avrei più avuto tante occasioni” la soddisfazione di Woods nel dopo gara. Gioia del singolo e vittoria di squadra per il team israeliano, presente al Tour per il quarto anno consecutivo e già vincitore nel 2022 di due tappe.
Si conferma un rapporto speciale con il Canada. Lo scorso anno una delle tappe vinte dalla Israel aveva visto, primo al traguardo, il canadese Hugo Houle. Tre i canadesi al via in questa edizione: con Woods e Houle c’è infatti anche Guillaume Boivin.
Canadese di nascita è il patron del team, Sylvan Adams, emigrato da alcuni anni in Israele. “Uno dei giorni più importanti nella nostra storia”, il suo commento. “Ci restano ancora due settimane di gara: proveremo a centrare ulteriori successi”.
Chissà che non possa riprovarci lo stesso Woods, atleta tra i più combattivi in corsa, che ha scoperto il ciclismo all’età di 25 anni. Molto in ritardo rispetto a tanti suoi compagni d’avventura sulle strade del Tour.
Fino ad allora il suo sport era stato infatti l’atletica, con prestazioni giovanili di assoluta eccellenza. Un infortunio e la necessaria riabilitazione l’avevano portato ad avvicinarsi a quest’altra disciplina, presto entrata nel cuore. “Quando ho iniziato come professionista, mi sentivo un impostore”, avrebbe confessato Woods.
L’arrivo sul Puy de Dôme ha confermato, una volta di più, la bontà di quella scelta.