Parlare alle camere del Congresso Usa riunite è uno dei più alti attestati di stima e amicizia che la democrazia americana riconosce ai leader stranieri. E in queste ore a salire su quegli scranni sarà il Presidente d’Israele Isaac Herzog. Una dimostrazione del fatto che, al di là degli attriti, il rapporto tra i due paesi resta saldo. “Indissolubile”, come ha detto il presidente Joe Biden accogliendo Herzog alla Casa Bianca. I due hanno ricordato come l’altro presidente israeliano ad avere avuto l’onore di intervenire al Congresso riunito sia stato, nel 1987, Chaim Herzog: il padre di Isaac. Una coincidenza, sottolineano da Washington, che allo stesso tempo “riflette la natura duratura della nostra partnership, che ha superato numerose amministrazioni statunitensi e israeliane”.
Nella parte pubblica dell’incontro Biden ha voluto rimarcare il legame tra le due democrazie. “Come ho confermato ieri al Primo Ministro Benjamin Netanyahu, l’impegno dell’America nei confronti di Israele è saldo e ferreo”, le sue parole. Nel corso della telefonata – al centro di discusse ricostruzioni mediatiche – è arrivato anche l’invito a Netanyahu a incontrare Biden negli Usa. Secondo il giornalista del New York Times Thomas Friedman – considerato molto informato su quanto accade alla Casa Bianca – il presidente americano, durante la conversazione, avrebbe anche fatto pressioni sul capo del governo di Gerusalemme affinché fermi la contestata riforma della giustizia. Una ricostruzione che alcuni esponenti della coalizione Netanyahu – puntualizza il sito Makor Rishon – descrivono oggi come scorretta.
Nell’incontro nello Studio Ovale davanti ai giornalisti è stato Herzog a richiamare la questione della riforma. “Stiamo attraversando un acceso dibattito come società”, la sua riflessione. “Un dibattito che rappresenta anche una virtù e un tributo alla grandezza della democrazia israeliana che appare forte e resistente”. Herzog si è poi rivolto a Biden, dicendo di condividere il suo appello passato sulla necessità che si tratti di una riforma condivisa.
(Foto: Ufficio Presidenza d’Israele – Chris Kleponis)
Due momenti rilevanti si sono avvicendati nelle ultime settimane nella “saga” dei decreti sui risarcimenti per i crimini di guerra e contro l’umanità compiuti in danno dei cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich. Un decreto, questa volta interministeriale, a firma dei Ministri dell’Economia, degli Affari Esteri e della Giustizia, è stato emanato il 28 giugno per disciplinare la “procedura di accesso e le modalità di erogazione degli importi del Fondo per il ristoro dei danni subiti dalle vittime dei crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani dalle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1° settembre 1939 e l’8 maggio 1945.” Pochi giorni dopo, il 4 luglio, è stata discussa alla Corte Costituzionale la legittimità costituzionale dell’art. 43, terzo comma, del decreto legge 36/22, concernente il Fondo istituito lo scorso anno dal Governo Draghi, relativo al ristoro alle vittime dei crimini commessi in Italia dai nazisti. Il decreto di attuazione del 28 giugno era atteso, a conclusione di un breve quanto tardivo percorso di decreti legge d’urgenza, con i quali lo Stato italiano ha stabilito, non senza criticità, le regole per permettere di ottenere un risarcimento per i crimini commessi dallo Stato tedesco durante la seconda guerra mondiale.
Prima di analizzarne il contenuto e capire come si è mosso lo Stato italiano tra politica, diritto e questioni diplomatiche, è necessario un veloce excursus sulla questione dei risarcimenti in sede civile, che nulla ha evidentemente a che fare con le vicende penali di condanna – e di mancata consegna da parte della Germania – dei molti criminali nazisti. Vicenda penale che, val la pena ricordarlo, nasce nel lontano 1960, allorché la Procura generale militare della Repubblica decise la “provvisoria archiviazione” di numerosi casi nel c.d. “Armadio della Vergogna.”
"Bombardamento di San Lorenzo,
una ferita profonda per Roma"
La presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella a dare forza e solennità alle commemorazioni in corso a Roma nell’ottantesimo anniversario dei bombardamenti che, il 19 luglio del 1943, inflissero gravissimi danni e perdite di vite umane nel quartiere Tiburtino-San Lorenzo. Il Presidente della Repubblica, accolto dal sindaco Gualtieri e dalle altre istituzioni presenti alla cerimonia, ha reso omaggio alle 1492 vittime con la deposizione di una corona sulla lapide del sacrario, ha ascoltato gli interventi pronunciati dal sindaco stesso, dal presidente del Municipio Francesca Del Bello e dalla vicepresidente della Regione Lazio Roberta Angelilli e ha infine partecipato all’inaugurazione di una mostra di fotografie storiche e di opere di street art .
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