Davar acher – Perché Israele

Mi sono sentito obbligato, nei giorni scorsi, a promuovere un appello per sostenere l’esposizione “Unexpected Israel” programmata a Milano e minacciata da movimenti antisionisti, estremisti filopalestinesi, nemici di Israele di tutti i tipi. L’appello ha avuto circa un migliaio di adesioni, molte illustri e provenienti da varie parti politiche; insieme a forma più tradizionali di azione politica e diplomatica esso ha aiutato a raggiungere lo scopo di conservare a Israele quella che una volta si chiamava l'”agibilità politica” di Milano. Come sapete il nuovo sindaco, dopo qualche sgradevole esitazione, ha respinto il ricatto. L’apertura del salone, con le sue ricche appendici scientifiche, culturali, economiche e industriali è programmata per domani. Voglio ringraziare tutti quelli che hanno contribuito al nostro appello, innanzitutto naturalmente questo sito, la presidenza dell’UCEI e la Comunità ebraica di Milano che l’hanno appoggiato. E voglio esprimere la mia gioia per questo successo
Fin qui il lato positivo di questa faccenda: il popolo italiano è amico di Israele, di nuovo come durante la Shoah uno di quelli in Europa dove l’antisemitismo è più isolato e condannato. Questo paese, nonostante tutti i profeti di sventura, ha una democrazia viva e solida che non permette il boicottaggio di alcuna posizione pacifica, di alcun paese, di alcun popolo.
E però c’è anche il lato negativo: il semplice fatto di dover difendere la libertà per Israele di poter tenere una manifestazione culturale, scientifica e tecnologica che ovviamente non può far male a nessuno è profondamente preoccupante. Nel mondo non è una novità: non si contano i casi di oratori impediti di parlare nelle università britanniche, norvegesi, svedesi, americane, di spettacoli che non si sono potuti fare in Germania, di prodotti cosmetici boicottati in Francia, di frutta rifiutata (da noi, e poi riammessa – il caso Coop), di libri che si è cercato di non far vedere. Dopo la fiera di Torino di tre anni fa (a proposito, c’è qualcuno che abbia disturbato il padiglione palestinese, ospite d’onore di quest’anno, nonostante lo stillicidio degli attentati atroci fatti in nome del popolo palestinese?), va citato il caso grottesco di un distretto scozzese, che ha espulso i libri stampati in Israele da librerie e biblioteche…
Il punto è che queste cose accadono solo a Israele. Per quanto qualcuno possa essere contrario alla politica dello Stato di Israele, se non è completamente pazzo o ignorante, dovrà ammettere che esistono anche il Tibet e il Sudan meridionale, la Cecenia e la Nigeria cristiana, Cipro e la terra curda, i cristiani copti e il popolo siriano massacrato da Assad, l’atomica iraniana e la repressione in Yemen e Bahrein; le dittature grottesche del Nord Corea e di Cuba, eccetera eccetera. Se ne parla – anche se in certi casi molto poco. E però tutto il boicottaggio, l’odio, il disprezzo, l’umiliazione, la violazione dei confini e quant’altro si riversano solo su Israele. Chi pratica queste “forme di lotta” assicura di non essere antisemita – salvo rari casi di lodevole sincerità, come quello di Gianni Vattimo il quale un paio d’anni fa evocò contro Israele il fantasma dei Protocolli dei savi di Sion e in generale degli arabi quando parlano nella loro lingua. Anzi costoro sostengono che anzi la loro è una politica dei diritti umani e della dignità violata dalla terribile entità sionista eccetera eccetera.
Non discuto qui nel merito, lo faccio spesso altrove. Voglio solo ricordare però che ogni ebreo italiano ed europeo, che ha avuto padri e nonni e parenti espulsi dalle scuole e dal lavoro, boicottati nel loro commercio, espropriati delle loro proprietà, svergognati e discriminati, se pure hanno avuto la buona sorte di scampare al genocidio; ogni ebreo, che abbia raccolto il ricordo di quegli anni, riconosce in queste pratiche di umiliazione e di emarginazione la stessa propedeutica dello sterminio che fu messa in atto allora dai nazifascisti e ora è ripetuto quasi alla lettera da neocomunisti e “pacifisti”, buoni cattolici di base di Pax Christi, sindacalisti della Fiom e magari anche qualche cantante ebreo. Quel che si applica a Israele oggi è la ripetizione su scala internazionale di quel che Goebbels e Farinacci hanno applicato agli ebrei europei prima di contribuire a mandarli ad Auschwitz: allora “Kauft nicht bei Juden”, stelle gialle, espulsione da scuole e associazioni, propaganda con nasi adunchi, frotte di ratti e ogni sorta di disprezzo morale. Oggi boicottaggi, emarginazione, propaganda dell’odio, disprezzo e demonizzazione, calunnie del sangue vecchie e nuove.
Non bisogna illudersi. Tutto ciò non riguarda solo l’entità politica dello Stato di Israele, ha una ricaduta sulla vita di tutti gli ebrei e continuerà ad averlo sempre di più man mano che l’offensiva propagandistica palestinese continuerà e crescerà di tono. Lo si vede in quella gran parte d’Europa – in Norvegia e in Olanda, in Belgio e in Francia, in Svezia e in Gran Bretagna – dove gli obiettivi non sono le esposizioni di Israele, ma direttamente la vita e il corpo degli ebrei. Come nel ’38-’45, non c’è spazio per chiamarsi fuori da questa stretta. Coloro che cercano oggi di fare gli “ebrei buoni” “contro l’occupazione” rischiano di ripetere la parabola di Ettore Ovazza, l’ebreo fascista fedelissimo di Mussolini, leader del gruppo della rivista “La nostra bandiera” di Torino, che arrivò al punto di organizzare un assalto squadrista alla redazione “sionista” di Israel, ma fu comunque massacrato dalle SS al momento decisivo. E’ nostro compito spiegarlo, non stancarci di spiegarlo, non avere alcuna indulgenza morale per le ambiguità e le prese di distanza.

Ugo Volli