…Memoria

È cominciata anche quest’anno la maratona della Memoria. Incontri, abbracci, riconoscimenti, ringraziamenti. Pochi disconoscimenti, soprattutto riconoscimenti, perché è più bello sorridersi da bravi amici che mostrare la chiostra dei denti e gridare in faccia all’altro il tradimento, la spiata, le vergogna. Si cerca la condivisione piuttosto che le ragioni della separazione o del voltafaccia. Perché si cerca sempre, disperatamente, di essere gentili e mostrare il sorriso per essere accettati, anche quando si sa che si tratta di un’illusione dalla vita breve.
Ci hanno salvato. Lo hanno fatto in molti, ma più passa il tempo e più sembra che lo abbiano fatto tutti.
Un evento pubblico come tanti altri, e un religioso afferma che salvare ebrei in tempo di guerra ha avuto un senso e un motivo: la comune eredità dei cinque libri di Mosè. E vorresti chiedergli se non ci sia proprio altro da riconoscere in quell’eredità. E vorresti chiedergli, nel caso quegli ebrei non fossero stati ebrei, ma zingari, buddisti, atei, o semplici mortali, se non sarebbe stato ugualmente il caso di salvarli. E vorresti chiedergli, allora, se davvero creda alle parole che ha appena pronunciato o se non le abbia pronunciate semplicemente perché suonano bene alle orecchie del pubblico, che si aspetta solo quelle per divorarsele e portarsele a casa e custodirle nella sua memoria per continuare a fantasticare sulla bontà del genere umano.
Certe volte ti vien voglia di non partecipare, per non sentirti colpevole di freddo scetticismo. Ma c’è qualcuno che si senta mai colpevole di averci raffreddato i sentimenti?

Dario Calimani, Università Ca’ Foscari Venezia

(24 gennaio 2017)