Chi boicotta israele

francesco-bassanoLa parola boicottagio deriva dal nome del capitano inglese Charles C. Boycott, che fu amministratore dei possedimenti del conte di Erne, un ricco latifondista irlandese del diciannovesimo secolo. Poiché Boycott era solito vessare crudelmente i contadini a lui sottoposti, l”Irish land legue” intraprese contro di lui una lotta non violenta che consisteva nell’isolamento e nella non collaborazione. Nessuno gli rivolse più la parola, né intraneva alcun rapporto con questo personaggio, fintanto che fu costretto a dimettersi. Quando si pensa alla parola boicotaggio oggi, viene in mente la pratica di non acquistare determinati tipi di prodotti derivanti da una certa azienda o provenienti da un dato regime autoritario. Il boicotaggio più celebre è stato probabilmente quello nei confronti del Sudafrica dell’apartheid dopo la II Guerra Mondiale, ma oltre a questo non mi vengono in mente boicottaggi onnicomprensivi che riguardano l’isolamento di un intero paese, come quello concepito dal BDS verso Israele. Il boicataggio verso il Sudafrica puntava sull’abolizione del sistema dell’apartheid, quello verso Israele, al di là della retorica, mina in realtà come ha affermato Rav Jonathan Sacks, alla cancellazione di Israele e alla negazione della sua componente ebraica. Eppure nonostante la fine dell’apartheid, il Sudafrica rimane un paese creato realmente dagli interessi coloniali europei, dove permangono profonde differenze e discriminazioni, e dove i bianchi sono pur sempre un circolo elitario e privilegiato sotto molti aspetti, una minoranza impiantata nel 1700, ma questo non importa più a nessuno.
L’obiettivo primario del BDS – come si legge nel sito italiano – è “porre termine alla occupazione e alla colonizzazione di tutte le terre arabe e smantellare il muro”. Non vengono specificati confini, come quelli del 1967 a cui spesso fanno riferimento altri movimenti i quali invece sovente non sono prettamente contro Israele, si parla solo di una fantomatica “occupazione”/”colonizzazione” che se anche fosse esistita risale ormai a quasi un secolo fa. Non viene mai espressa la parola “convivenza”, “pace”, soluzioni di “uno o due stati”, ne deriva soltanto l’idea che Israele, insieme a chi vi abita, è uno “stato coloniale” e razzista e che quindi come tale non dovrebbe esistere, e poiché quella terra era ipoteticamente araba solo agli arabi dovrebbe tornare di diritto. Se si applicasse questo principio al resto degli stati esistenti, nel mondo non ne rimarebbe più neanche mezzo. Tra gli altri “principi guida” salta poi all’occhio “il boicottaggio delle attività commerciali israeliane insieme alle sue istituzioni culturali, artistiche, accademiche, sportive nonché delle aziende internazionali coinvolte nel sistema israeliano di apartheid” e poi continua “è importante in questo contesto sottolineare che è Israele a non distinguere tra cultura e politica e ad avere trasformato le arti, la cultura e finanche lo sport in potenti strumenti di propaganda”. Questa parte si commenta da sola, chi l’ha scritta non solo non conosce Israele, ma l’ha scambiato probabilmente con l’Iran di Khomeini o la Russia sovietica. Persino personaggi notoriamentente vicini alla causa palestinese, come Norman Finkelstein o Noam Chomsky hanno criticato il movimento – quest’ultimo ha affermato se boicottiamo l’Università di Tel Aviv per le violazioni dei diritti umani in Israele, perché non boicottiamo anche Harvard per le violazioni da parte degli Stati Uniti?” – o l’ex presidente dell’Università Al-Quds di Rammalah, Sari Nusseibeh, uno tra i pochi intellettuali palestinesi a quanto pare propenso ad un dialogo sincero e che non ha mai esitato a condannare la violenza della propria parte politica. V’è poi da rimarcare come il movimento BDS potrebbe daneggiare gli stessi palestinesi o arabo-israeliani che lavorano in aziende israeliane, o i vari progetti di cooperazione tra israeliani ed arabi.
A questo proposito avrei un quesito da porre ai teorici del movimento BDS: qualche giorno fa ho scoperto un gruppo hip hop arabo-israeliano, i DAM di Tamer Nafar, fortemente critico nei confronti di Israele ma contemporaneamente molto seguito da giovani israeliani anche ebrei, le registrazioni vengono fatte in Israele, alcune canzoni sono in ebraico e sovente si sono avalsi della collaborazione con altri musicisti israeliani, si dice addirittura che a farli conoscere sia stato il rapper Subliminal, vicino alla destra nazionalista. Secondo la logica del BDS andrebbe boicottato anche un gruppo simile? Per ironia della sorte sembra che siano gli stessi arabo-israeliani e molti palestinesi, i quali lavorano, vivono e studiano in Israele ad essere in antitesi con i principi del BDS.

Francesco Moises Bassano

(3 marzo 2017)