fuoco…

Domani sera sarà il trentatreesimo giorno dell’Omer, 18 del mese ebraico di Yiar, giorno nel quale secondo la tradizione, smise di esistere la pestilenza che fu causa della morte dei discepoli di Rabbi Akiva. Questo giorno è anche l’anniversario della morte di Rabbi Shimon Bar Yochai, un giorno denso di misticismo che in quanto tale può essere fonte di grande elevazione spirituale, così come di grande banalizzazione folkloristica. Uno degli usi legati alla morte di Rabbi Shimon è l’accensione di falò, cosa che avviene in tutto Israele ed in special modo a Meron, dove il maestro è sepolto. Allo stesso modo in molte case si accendono lumi in memoria del maestro e si cerca di aumentare o prolungare di notte la luce del giorno.
Allungare la luce del giorno significa ricordare che il sole si fermò aspettando che il maestro, nel giorno della sua morte, finisse di insegnare segreti profondi della Tora’, prima di tramontare. Anche in questo caso il fuoco può diventare un mezzo di richiamo mistico e di allusione ed insegnamento verso una salita spirituale o può essere il più bieco, terribile ed antico mezzo di distruzione e vendetta. Un mezzo così arcaico e così dannatamente umano nel suo annientare il mondo che a volte, guardando le immagini del rogo del camper che alla periferia di Roma ha ucciso tre povere ragazze, viene da pensare che il dono del fuoco fatto da Dio ad Adamo sia stata la vera maledizione dopo la cacciata dall’Eden.

Pierpaolo Pinhas Punturello, rabbino

(12 maggio 2017)