…Storia

Quando si lavora con la storia, con la documentazione archivistica, con le testimonianze, sottoponendole a rigorosa critica scientifica per proporre infine i risultati della ricerca in forma scritta (con un libro o un articolo) o realizzando conferenze o corsi universitari, oppure utilizzando mezzi di comunicazione e divulgazione di altro tipo, si compie un lavoro necessario ma non neutro. Necessario, perché la società in cui viviamo ha bisogno di porsi in una prospettiva storica, di conoscere e interpretare il passato che l’ha portata ad essere quella che è oggi. Ma problematico, perché esporre i fatti, portare alla luce episodi e dinamiche del passato può essere (quasi sempre è) scomodo. Lo storico Jan Grabowski che insegna in Canada ha pubblicato qualche anno fa uno studio in cui ragionava sulle complicità della società polacca nell’esecuzione del meccanismo di sterminio degli ebrei. Niente di rivoluzionario per la verità: del coinvolgimento delle popolazioni locali nel processo di individuazione e di deportazione si sa molto e da tanto tempo. Perfino sull’Italia si è lavorato in questo senso e a tutti è ormai chiaro che a fianco dei nazisti operarono moltissimi “volonterosi carnefici” locali. Tuttavia nella Polonia di oggi, travolta da un vento nazionalista che rende ciechi anche di fronte alle evidenze più inconfutabili, a qualcuno questo lavoro di ricerca non è piaciuto. E così un gruppo di docenti universitari (quasi nessuno storico, e nessuno storico dell’olocausto) legati alla lega polacca contro la diffamazione ha deciso di sfidare Jan Grabowski a pubblica tenzone, come se la storia potesse essere un terreno su cui esercitarsi in ordalie medievali, e non invece una disciplina che richiede rigore, disciplina e onestà intellettuale. A difesa di Grabowski è intervenuto il Polish Center for Holocaust Research, e di certo anche gli altri istituti di ricerca sulla storia della Shoah si affiancano in questa chiara presa di posizione a protezione della libertà di ricerca. Ma siamo alle solite: la storia non è un terreno neutro, e c’è chi tenta di manipolarla a proprio uso e consumo.

Gadi Luzzatto Voghera, Direttore Fondazione CDEC

(16 giugno 2017)