Haviva Reik

angelica edna calò livneIl Kibbutz Sasa è ancora comunitario, cioè è un kibbutz dove sono ancora vivi i principi che hanno dato valore a questa forma speciale di vita. Una comunità di oltre 80 famiglie condivide cultura, avvenimenti e economia senza differenza di professione o salario. Questo comporta una grande disciplina interna, un elevato senso di responsabilità e rispetto reciproco e lo sforzo costante per unire le persone attraverso la ricerca di interessi comuni. Una delle attività più amate dai haverim (i membri) è la gita annuale. Il kibbutz si divide in cinque grandi gruppi che scelgono una meta e insieme costruiscono un itinerario. Quest’anno in venti, tra i 30 e i 65 anni, abbiamo scelto la Slovacchia. I Monti Tatra. Una serie di trekking di 13 km a piedi ogni giorno, fino a 1750 – 2000 metri di altezza tra laghi, boschi, campanule, genziane, profumi, colori e sopratutto acqua: sorgenti, cascate, ruscelli e fiumi come solo chi vive in un posto come Israele può apprezzare e anelare. Il nostro viaggio è iniziato nella cittadina Banská Bystrica dove visse Haviva Reik (1914-1944) una dei 33 paracadutisti inviati trek in Slovacchiadall’Agenzia Ebraica nell’Europa occupata da nazisti. Haviva era membro del movimento giovanile Hashomer Hatzair. Nel 1939 compì la sua aliyah in Palestina, dove si unì al kibbutz Ma’anit e poi si arruolò nel Palmach.
Nell’autunno del 1944 tornò in Slovacchia per lavorare con i nuclei ebraici locali e organizzare la resistenza contro l’occupazione tedesca. Istituì un campo per prigionieri di guerra russi. I tedeschi organizzarono ingenti forze per abbattere la resistenza ebraica e Haviva Reik insieme a gli altri paracadutisti fuggirono con circa 40 ebrei della cittadina in montagna. Nel novembre del 1944, tuttavia, furono tutti catturati, uccisi e gettati in una fossa comune. Haviva, con Hanna Senesh e Ada Sereni, è una dei personaggi che hanno segnato la mia adolescenza, il mio ideale di donna attiva, coraggiosa, dedita alla comunità e alla vita. In questi giorni tra i 20170714_144340boschi che videro eroismo e abnegazione, mentre ci arrampichiamo sulle rocce impervie e ci sembra per un attimo di dimenticare gli attentati, il dolore dei nostri vicini drusi di Hurfesh, l’apprensione per i nostri figli all’esercito, il pericolo costante che ancora purtroppo incombe su di noi, ci riempiamo di questa pace, di questa speranza che anche da noi la storia finisca di trattenere il respiro e liberi nell’aria la solidarietà, la fratellanza, la comprensione del dolore dell’altro. Che ci dia un po’ di riposo.

Angelica Edna Calò Livne

(20 luglio 2017)