…incontri

Non capita spesso che nel corso della stessa settimana per due volte venga proposta la domanda più intrigante dell’identità di gruppo per gli ebrei italiani: ma tu stai per l’Italia o per Israele? Sul campo ha vinto l’Italia due volte: 69-48 agli europei di pallacanestro, 1-0 e alle qualificazioni per i mondiali di calcio. Prevedibili i risultati, forse meno i punteggi. I valori emersi sui campi sportivi di Tel Aviv e di Reggio Emilia danno comunque chiaramente un vincitore e uno sconfitto. Tornando invece alla questione identitaria, le domande e le risultanze sono più complesse e maggiormente sfumate. Nessun dramma, ma forse la necessità di precisare quali siano i significati e limiti del paradigma identitario in un’epoca in cui nel panorama dei gruppi religiosi, etnici, sociali e culturali sembrano emergere due tendenze contrapposte: una di consolidamento integralista e supremazionista di confini rigidi e assoluti, e una di fluidificazione e cancellazione assimilazionista dei medesimi confini. La tendenza da parte di molti, incluse paradossalmente persone che si sentono vicine più al secondo che non al primo dei due modelli ora menzionati, è di percepire le identità di gruppo come blocchi monolitici e mutualmente esclusivi. Nella realtà sociale contemporanea, l’identità sia italiana sia israeliana (e a monte – ebraica) sono un composito di molte sotto-identità diverse. Esiste realmente la possibilità di essere sia italiano sia israeliano (e ebreo) in molti modi. Il problema inizia quando guardiani della città di vario genere e di diverse ispirazioni pretendono cha la loro sia l’unica via possibile e omologata, e si impegnano a fustigare chiunque la pensi diversamente. È anche vero che oggi è sempre più diffusa la presenza di identità multiple, cosicché l’opzione: sei italiano e sei israeliano sembra più realistica di quella: o sei italiano o sei israeliano. Una delle più diffuse e classiche forme di pregiudizio è che agli ebrei nel mondo importa di più dello Stato d’Israele che non dello Stato di cui sono cittadini. Nella sua stragrande maggioranza, questa è una affermazione menzognera se si pensa ai tanti casi di patriottismo da parte di ebrei nelle due guerre mondiali, e forse in maniera più sottile e malinconica, a come – in parte ancora durante, ma certamente dopo la Shoah – gli ebrei abbiano continuato a essere sinceri e leali membri degli stati nazionali che li avevano discriminati, perseguitati e uccisi. Gli italiani in Israele sono israeliani che non hanno cessato di essere italiani, come dimostrano le molte iniziative culturali e le diverse istituzioni rappresentative. Significativo anche il loro buon tasso di partecipazione alle elezioni politiche, in quanto cittadini italiani residenti all’estero, che dimostra continuità nella partecipazione alle vicende dell’Italia. Così come in Italia molti si sentono coinvolti nelle vicende di Israele dove spesso mantengono forti legami familiari. Di fronte agli incontri sportivi di questa settimana, sono convinto che molti – sia in Italia sia in Israele – avranno provato un’indefinibile mistura di piacere e di dolore. E anche così avranno manifestato, ognuno a modo suo, il forte legame che esiste e può coesistere con entrambe le matrici di identificazione.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(7 settembre 2017)