Ticketless – Akados Baruch

alberto cavaglionDiversamente da altre città-porto, oggetto di una vivace discussione negli ultimi tempi, Nizza è rimasta nell’ombra. Ha pesato la geografia prima che la storia. Simonetta Tombaccini, in un bel libro (Gli Ebrei di Nizza) in uscita nei prossimi giorni per i tipi del Centro Studi Piemontesi, scrive che l’ostacolo delle montagne ha fatto sì che Nizza non potesse svolgere con Torino un asse di commerci e di scambi paragonabile a quello che ha legato Trieste con Vienna. È pur vero che, al pari di Trieste, la “nissardité” si caratterizza per il “crogiuolo” di provenienze. Alla componente più antica, quella degli “Ebrei vecchi”, i Judéo-Niçards, sono subentrati gli arrivi del Comtado Venassino, i provenzali e gli “ebrei del Papa”, ricordati nelle sue memorie anche da Pierre Vidal-Naquet – un Vallabregue per ascendenza materna; più tardi apporteranno una nota di colore, ma anche una diversità di culture, gli ebrei sefarditi del Maghreb, come il leggendario e romanzesco Rav Belaiss, di cui Tombaccini racconta la vita avventurosa.
Le montagne hanno ostacolato inoltre il diffondersi delle parole, delle espressioni gergali. C’è comunanza, ma anche difformità. L’ubriaco è “Sicòr” sulla promenade di Nizza come in piazza Carlina a Torino, ma le impervie Alpi Marittime si sono date da fare per modificare l’attributo per eccellenza del Padre Eterno, con il quale prima o poi saremo chiamati a fare i conti. Le sfumature linguistiche sono sempre interessanti. Al di là delle Alpi, fino alla Provenza e al Contado Venassino, risulta dai documenti pubblicati da Tombaccini e da una vasta letteratura (Lunel, Moulinas, lo stesso Mistral) il nome del Padreterno, Akados Baruch (Il Signore Benedetto) viene traslitterato così, senza l’aggiunta del pronome -hu, che di norma registriamo nei documenti e in tanta letteratura in Piemonte. Achadosh Baruch-hu (Il Signore, Benedetto Egli sia). Una questione puramente fonetica, legata ai suoni diversi della lingua francese, ma anche un tocco di mediterraneità provenzale come in uno spartito di Darius Milhaud.

Alberto Cavaglion