esempio…

La Torah ci racconta come Itrò, suocero di Mosè, venuto a conoscenza della miracolosa liberazione dei figli d’Israele, venisse di persona per incontrare questo popolo accampato nel deserto, di fronte al Monte Sinai, per felicitarsi con Mosè e Aronne e per esprimere la profonda impressione tratta da quegli eventi che, secondo l’interpretazione data dai Maestri, lo avevano condotto ad un completo ripudio dell’idolatria per condividere la fede nel D.O uno unico. In quella visita Itrò avrà modo di dare importanti consigli a Mosè sulla conduzione del popolo ma, oltre a quanto esplicitamente narrato dal testo della Torah, è possibile imparare dalla sua condotta altri valori importanti che emergono dalle pieghe del racconto. Il testo della Torah ci riporta la straordinaria gioia di Itrò per la salvezza d’Israele; secondo un’interpretazione di R.Shelomo Rabinovitch (il Rabbi dei Chassidim di Radomesk) con quel sentimento Itrò ha insegnato ad Israele qualcosa di nuovo: non è sufficiente gioire per il bene direttamente ricevuto da D.O, come pure i figli d’Israele avevano dimostrato ringraziando il Signore con il canto, dopo il passaggio del Mar Rosso, non meno importante è essere lieti e ringraziare D.O quando il bene si manifesta anche verso altri soggetti.
C’è ancora un altro importante insegnamento che Itrò trasmette ad Israele implicitamente con il suo comportamento; in quel viaggio il suocero di Mosè aveva condotto con se la figlia Zipporà, moglie del profeta, e i due loro figli, Ghershon ed Eliezer; a quanto pare, Mosè, durante le fasi più intense della trattativa con il faraone, aveva preferito lasciare moglie e figli presso il suocero, per dedicarsi completamente alla causa del suo popolo. Forse era sua intenzione continuare la sua vita in tal modo, tanto più che (secondo l’interpretazione che segue in questo episodio il contesto narrativo della Torah) si apprestava all’esperienza straordinaria di ricevere la più grande rivelazione del Signore sul Monte Sinay, ma ecco che il suocero, nel riportargli moglie e figli gli fa comprendere, con molta delicatezza, un concetto fondamentale: la formazione del popolo d’Israele non poteva prescindere, non poteva andare a scapito della famiglia. Oggi diremmo che non c’è futuro, non c’è progetto, per quanto grande che sia, per il popolo ebraico senza che questo coinvolga direttamente anche la vita della famiglia ebraica.
Forse Itrò ci fa anche capire che è possibile trasmettere valori essenziali non solo attraverso le parole ma anche, forse ancor più, con i gesti e con il nostro modo di agire.

Giuseppe Momigliano, rabbino

(31 gennaio 2018)