Elia Richetti,
rabbino
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In
apertura di questa Parashà, che ci invita ad essere “kedoshìm”,
consacrati, dedicati a D.o attraverso un comportamento di
consapevolezza e di distinzione, Rashì rileva che questa parte della
Torà è stata data “be-haqhèl”, ossia in assemblea plenaria pubblica. La
base testuale per quest’affermazione è chiara: la Parashà si apre
dichiaratamente con l’espressione “Parla a tutta la congrega dei figli
d’Israele e di’ loro......”; ma ciò che più importa non è qui la base
testuale, bensì ciò che le parole di Rashì vogliono insegnarci. In
altri termini, perché è così importante sapere che questi precetti sono
stati dati in assemblea plenaria?
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Sergio
Della Pergola,
Università
Ebraica
Di Gerusalemme
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Di
fronte alle grottesche provocazioni del grillo urlante, è importante
dare rilievo e riconoscimento a chi invece in Italia lavora seriamente
a favore di una capillare presa di coscienza sui temi della memoria. Un
esempio benemerito, già ricordato su questa pagina, è rappresentato da
UIL Scuola, oggi coordinata da Noemi Ranieri, che cerca di avvicinare
una vasta platea di insegnanti, e di promuovere una riflessione comune
sulla Shoah, i suoi antecedenti e le sue conseguenze. Sempre nel
rispetto dell'autonomia intellettuale del singolo. Abbiamo svolto
diversi seminari e discussioni nella sede severa ma serena di Yad
Vashem a Gerusalemme, seguiti da una libera rielaborazione da parte dei
partecipanti sui concetti e i rischi del negazionismo. Abbiamo
proseguito il dialogo a Roma con una riflessione sul tema dei Giusti.
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Temi e immagini
del pensiero ebraico |
"Temi
e immagini del pensiero ebraico”. Questo il titolo del ciclo di
incontri ospitato presso la nuova sede della Biblioteca Universitaria
di Genova, l’ex Hotel Colombia (luogo storico della città, che ospitò e
fece cantare grandi nomi tra cui anche i Beatles). L'iniziativa è
organizzata da Laura Mincer (Università di Genova) da Alberto Rizzerio
(Centro Culturale Primo Levi) e Ilana Bahbout (DEC-UCEI).
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Israele, pace al capolinea |
Il
giorno dopo l'accordo tra Hamas e Autorità nazionale palestinese, ci si
chiede quale volto avranno ora i palestinesi, quale sarà il destino dei
negoziati di pace e cosa faranno israeliani e, in seconda battuta,
americani di fronte a quello che ha il sapore di uno strappo
definitivo. Interrogativi e analisi che compaiono oggi sui maggiori
quotidiani nazionali. Su La Stampa, Maurizio Molinari ricostruisce i
termini dell'accordo tra le due fazioni palestinesi: entro cinque
settimane, riporta il giornalista in merito, dovrebbe nascere un
'governo di unità nazionale' guidato da Abu Mazen o da Nasser al- Din
al-Shaer, ex vicepremier di Hamas, mentre entro sei mesi si dovrebbero
svolgere le elezioni per rinnovare parlamento e presidente.
Condizionale d'obbligo perché, come spiega Lorenzo Cremonesi sul
Corriere della Sera, non è la prima volta che Hamas, gruppo
terroristico che controlla la Striscia di Gaza, e l'Autorità nazionale
palestinese, che gestisce la Cisgiordania, provano a riconciliarsi.
Dopo sette anni di conflitto interno, con uccisioni, violenze e
incarcerazioni, non è ancora chiaro quanto la stretta di mano di ieri
tra i due contendenti sia solida. Per Israele è invece evidente la
volontà di Abu Mazen di far saltare i colloqui di pace perché, “con i
negoziati di pace ancora in corso – ha attaccato il premier israeliano
Benjamin Netanyahu - Abu Mazen ha preferito la pace con Hamas a quella
con Israele, ma non sono conciliabili. Chi sceglie Hamas, non vuole la
pace”. L'ex ambasciatore israeliano Avi Pazner (Repubblica) e il
politologo Yossi Klein Ha Levi (La Stampa) sono d'accordo con
Netanyahu. “Con questa decisione – afferma Levi, riferendosi
all'accordo Hamas-Anp – il processo di pace è morto”. E intanto le
violenze continuano, con tre razzi Kassam lanciati dalla Striscia di
Gaza contro il sud di Israele, preceduti da un attacco mirato
dell'aviazione israeliana. “Dobbiamo avere il coraggio di
guardarci indietro senza paura e senza omissioni, perché un Paese che
nasconde e teme la propria storia è un Paese senza futuro”. Così il
presidente del Senato Piero Grasso è intervenuto sulla questione della
pubblicazione di documenti, sino ad oggi riservati, legati alle stragi
che hanno insanguinato la storia italiana. Tra cui quella del 9 ottobre
1982 al Tempio Maggiore di Roma, su cui il presidente della Comunità
ebraica capitolina Riccardo Pacifici ha chiesto, come riporta il
Corriere, di far cadere il segreto per poter avere chiarezza
sull'attentato che costò la vita al piccolo Stefano Gaj Taché.
Una multa di 25mila euro. Questa la decisione del giudice sportivo
Gianpaolo Tosel per i cori antisemiti provenienti dalla Curva della
Juventus, durante il match contro la Fiorentina dello scorso 9 marzo.
“Gli accertamenti esperiti dalla Questura di Torino - scrive
Tosel - costituiscono fonte inoppugnabile di prova circa il fatto che,
all'inizio della gara, alcuni sostenitori della società bianco-nera,
collocati nel settore denominato "Curva Sud", abbiano indirizzato alla
tifoseria avversaria un insultante coro di tenore antisemita” (Corriere
dello Sport). “Ma i tre collaboratori della Procura non li hanno
percepiti come tali – riporta la Gazzetta dello Sport - quindi non é
discriminazione”. Diverse le critiche piovute sulla decisione del
giudice sportivo, giudicata troppo leggera a fronte della gravità del
fatto, su cui vi era a disposizione della procura una prova audio ed
era stata richiesta dallo stesso Tosel un supplemento di
indagine.
Milano, come tutta Italia, si prepara a veder sfilare per le sue strade
il tradizionale corteo che celebra, il 25 aprile, la Liberazione dal
nazifascismo. I festeggiamenti milanesi si aprono però con una polemica
- datata nel tempo - dovuta alla manifestazione che si vorrebbe tenere
la prossima settimana in memoria di Sergio Ramelli, simpatizzante del
Msi ucciso il 29 aprile 1975. Lo scontro, esacerbato quest'anno dal
danneggiamento della lapide in memoria di Ramelli, è tra gli
organizzatori e le autorità cittadine, preoccupate che il corteo
diventi una manifestazione di nostalgici neofascisti. La situazione
appare tesa con minacce di scontri, provenienti da destra e sinistra. E
intanto per il 29 è stata organizzata una contro manifestazione dal
comitato “Milano 29 aprile: nazisti no grazie”.
“Sulla utilità sociale delle religioni”. È il titolo della riflessione
di Corrado Augias che su Repubblica, rispondendo a un lettore, scrive
“in molti paesi occidentali (Italia compresa) la religione influenza
sempre meno i comportamenti degli individui; che in un paese
culturalmente insufficiente come il nostro la tenuta sociale portata un
tempo dalla religione non è stata rimpiazzata da una sufficiente
educazione alla democrazia con i suoi diritti ma anche con i suoi
doveri (devo dimostrarlo?)”. Sulla questione, Augias propone poi di
aprire un dibattito: “si può volendo continuare a discuterne. Potrebbe
essere utile”.
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25 aprile
Le insegne della Brigata Ebraica
in piazza per la Liberazione
Con
il 25 aprile tornano in piazza anche le gloriose insegne della Brigata
Ebraica, il corpo di alcune migliaia di volontari che dalla Palestina
mandataria (il futuro Stato di Israele) raccolsero la chiamata al
coraggio delle truppe alleate per liberare l'Europa dal nazifascismo.
Sbarcati in Italia dopo una preparazione di alcuni mesi in Africa, i
soldati della Brigata si resero protagonisti di numerose iniziative ad
alto contenuto strategico tra cui lo sfondamento della Linea Gotica,
l'ingresso in alcune località del Centro Italia, l'assistenza alle
popolazioni colpite dalla guerra. Un impegno pagato al prezzo del
sangue e ricordato ogni anno, con solennità, all'interno del cimitero
di Piangipane (Ravenna) dove molti di quegli eroi oggi riposano.
Le insegne della Brigata saranno in prima fila nei grandi cortei in
programma a Milano, Roma e nelle principali città italiane. In alcune
località saranno inoltre esposti i gonfaloni delle diverse Comunità
ebraiche di riferimento così da ricordare il grande contributo che
questa minoranza seppe dare alla causa resistenziale.
La speranza è che gli indegni episodi di intolleranza verificatisi
negli scorsi anni ad opera di una minoranza di attivisti non abbiano a
ripetersi e che tutti, nessuno escluso, possano finalmente godere di un
25 aprile all'insegna dei valori e delle libertà comuni.
Relativamente a quanto accaduto lo scorso anno, quando la memoria della
Brigata Ebraica era stata nuovamente offesa a Roma e in altre città, il
presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna
aveva denunciato il pregiudizio e la mancanza di consapevolezza storica
da parte di chi aveva ideato tali iniziative e rivendicato l'importanza
di essere a Piangipane “per contrastare le intolleranze” e
“ripristinare la verità”. Una verità che è importante difendere domani
come ogni giorno perché, spiega Gattegna, offendere la memoria della
Brigata significa offendere il sacrificio di tutti coloro che, spesso a
prezzo della propria vita, seppero trascinare l'Italia fuori
dall'incubo della dittatura “per avviarla verso un orizzonte di libertà
e democrazia”.
Su questo tema da segnalare anche l'intervento del consigliere UCEI e
presidente del Maccabi Italia Vittorio Pavoncello che, in un lungo
articolo che appare sull'Huffington Post, scrive: “Sarebbe giusto e
bello se i contestatori (della Brigata Ebraica, ndr) rileggessero la
storia, si informassero su ciò che è stato per evitare, di nuovo,
un'offesa alla Resistenza”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
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25 aprile
1945, la primavera della libertà
Il
La primavera-estate del 1945 e il ritorno alla libertà. Sono
appuntamenti sempre molto sentiti a Milano quelli in cui si ricorda la
Liberazione dal nazifascismo, ogni anno celebrata in piazza da migliaia
di persone. Quelle giornate, per alcuni, ebbero un sapore ancora più
speciale: gli ebrei milanesi, che uscivano non soltanto dal buio della
guerra, ma dall’incubo della persecuzione, delle leggi razziste, della
deportazione, per ritrovare diritti e dignità. A condividere i loro
ricordi sono per Pagine Ebraiche tre persone dalle storie diverse:
Emanuele Cohenca, che durante la guerra rimase nascosto a Milano; Paola
Sereni, che adolescente trovò rifugio in un paesino delle Marche, e poi
trascorse l’inverno 1944-1945 a Roma prima di tornare nel capoluogo
lombardo; Gustavo Latis, che riuscì a superare con il fratello la
frontiera con la Svizzera e lì rimase fino alla Liberazione. Ma il
rientro fu doloroso: suo cugino era infatti quel Giorgio Latis che fu
uno degli ultimi partigiani uccisi negli scontri a Torino il 26 aprile,
mentre la famiglia di Giorgio non fece mai ritorno da Auschwitz. Nei
racconti, la gioia, l’emozione indicibile della consapevolezza di
avercela fatta, traspaiono vibranti anche a tanti decenni di distanza,
ma si sbiadiscono quando viene rievocata l’ansia per i propri cari di
cui non si aveva notizia, e che in certi casi non sarebbero tornati. Fu
in quei giorni, che si cominciò a prenderne atto.
(Nell’immagine, uno scatto risalente al 25 aprile 1945, in via Eupili
con un soldato della brigata ebraica, pubblicata grazie all’accordo
strategico fra Archivio fotografico della Fondazione Centro di
documentazione ebraica contemporanea Milano e Archivio della redazione
giornalistica UCEI).
Rossella Tercatin
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Setirot
- Liberi |
Agghiacciante,
vergognosa vignetta postata da Magdi Cristiano Allam per la propria
campagna elettorale. Si vede un volontario avvolto in una bandiera
della Pace, vicino a diversi individui di varie nazionalità, tra questi
anche una bimba. La scritta in alto recita: “Benvenuti in Italia”. Poi
il dialogo in cui il volontario chiede alla piccola che si appresta a
entrare nel nostro paese come si chiami. La risposta: “Ebola”. È di
pochi giorni fa l'orrore della manovra 5Stelle su Auschwitz e Primo
Levi.
Stefano Jesurum, giornalista
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Time
out - Riconciliazioni |
Ora
che Hamas e Fatah hanno dato avvio alla riconciliazione siamo sicuri
che non tarderà ad arrivare la voce di qualche intellettuale ebreo per
la pace che ci ricorderà come anche questa scelta sia responsabilità
del governo Netanyahu e delle destre israeliane. Così estremiste e così
intransigenti di fronte alla possibilità di fare concessioni hanno
spinto i docili e mansueti esponenti di Fatah tra le braccia dei
terroristi di Hamas.
Daniel Funaro
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Ucraina - La salvezza nella notte |
“È
successo un grande miracolo” ha affermato l’emissario del Rebbe di
Lubavitch e rabbino capo di Mykolaiv in Ucraina, Shalom Gotlib.
Sabato mattina alle ore 2:08, un uomo si è avvicinato alla sinagoga,
ristrutturata l’anno scorso, e ha lanciato una bottiglia molotov contro
la porta principale. L'aggressore ha proseguito lanciando poi un
secondo e un terzo ordigno, che hanno colpito l’edificio, facendo
salire le fiamme nella sinagoga, ma lasciando intatto il santuario.
Menachem Lazar, rabbino
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In visita con i neocatecumeni |
Il
rabbino David Rosen è insignito di una medaglia vaticana di qualche
ordine cavalleresco, che a Roma chiamerebbero una patacca. Egli è
convinto di essere un gran conoscitore del Vaticano e ha creato un
flusso ininterrotto di esponenti comunitari ebrei provenienti dagli
Stati Uniti, impazienti di visitare il Pontefice (chiunque esso
sia). Le immagini diffuse in Vaticano faranno poi aumentare i fondi per
finanziare il viaggio a Roma. Ma in quanto a ingenuità alcuni rabbini
israeliani possono superare perfino i capi comunitari americani.
Qualche settimana fa Rosen ha condotto ad Auschwitz un gruppo di
rabbini israeliani per assistere ad una cerimonia organizzata dai
Neocatecumeni.
Sergio Minerbi, diplomatico
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