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16 marzo 2017 - 18 Adar 5777
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ORIZZONTI

Europa, movimenti senza fughe

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Sono molti i politici e i giornalisti che negli ultimi tempi hanno affermato che il numero di ebrei che stanno lasciano l’Europa è in aumento, e che si tratta di un dato drammatico. Ma è vero? Dal 2000 i dati sulla migrazione ebraica verso Israele mostrano differenze evidenti tra due gruppi di paesi europei. Il trend presente in Francia, Italia e Belgio evidenzia numeri che vanno dalle due volte e mezzo (per il Belgio) alle sei volte e mezzo i dati medi relativi al periodo compreso tra il 1976 e il 2015. Nel Regno Unito, in Germania e in Svezia non si registrano variazioni statisticamente significative. Molte ricerche portate avanti negli ultimi decenni hanno studiato e analizzato la popolazione ebraica europea, cercando di capire e raccontare quanto sia forte la percezione di un pericolo o quanto, al contrario, gli ebrei in Europa si sentano al sicuro. L’ultimo lavoro di Daniel Staetsky, intitolato “Are Jews leaving Europe?”, ha un approccio differente: analizza le reazioni degli ebrei europei a ciò che succede intorno a loro.

Ada Treves, Pagine Ebraiche, febbraio 2017

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Società

La rete e il rischio delle risposte false 

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Alcune settimane fa, Peter Shulman, docente di storia alla Case Western Reserve University dell’Ohio, stava tenendo una lezione sulla popolarità del Ku Klux Klan negli anni Venti, quando uno studente lo interruppe con una domanda inaspettata, chiedendogli se il presidente degli Stati Uniti Warren Harding, alla guida del paese dal 1921 al 1923, fosse stato membro della tristemente nota società segreta e razzista. Davanti alla perplessità di Shulman, che spiegava come la cosa fosse improbabile, dato che Harding si era espresso a favore della legislazione anti-linciaggio, un altro studente armato di telefonino rispondeva che sì il presidente aveva fatto parte del KKK: a confermarlo era la risposta fornita alla domanda da Google. Una risposta falsa.
A raccontare l’aneddoto, il portale The Outline, lanciato alla fine del 2016 dal giornalista Joshua Topolsky, in precedenza caporedattore a Bloomberg, con un articolo che denuncia come le fake news, notizie false pubblicate da sedicenti siti di informazione, arrivino a inquinare direttamente anche i contenuti proposti dal colosso del web, che si potrebbe essere portati a ritenere una garanzia di affidabilità.

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società  

Le tante parole sul velo

Ringraziamo la Corte di Giustizia di Lussemburgo. Ci ha fornito l’occasione per una di quelle discussioni che, in Italia, piacciono tanto: confusa, cattiva e sostanzialmente inutile. Cos’ hanno deciso, i giudici europei? Che un’azienda privata può imporre ai dipendenti in contatto col pubblico di evitare simboli religiosi, politici o filosofici. Tra questi, il velo islamico.
 Primo punto: quale? Di «veli islamici» ne esistono tre: il burqa, che copre interamente il corpo e il volto di una donna; il niqab, che le lascia liberi gli occhi; e il hijab, che le lascia scoperto il volto. È il velo che incontriamo spesso, ormai; senza sentirci turbati. Un foulard, in sostanza. Le monache, le donne sarde e le dive del cinema anni ’60 l’hanno indossato a lungo, senza destare scandalo.
In verità la sentenza — destinata a diventare un precedente di riferimento in tutta l’Unione europea — apre più problemi di quanti ne risolva. Un’azienda privata, a questo punto, potrebbe impedire al dipendente di esibire un ciondolo a forma di crocefisso, un copricapo ebraico, un simbolo buddista. I giudici, infatti, sono stati chiari: la norma non deve essere discriminatoria.

Beppe Severgnini, Corriere della Sera
15 marzo 2017


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orizzonti 

L’Europa batte un colpo

II voto Orange sventa l'assedio dell'antislamico Geert Wilders all'Europa e proietta l'Unione verso la difficile semifinale del campionato continentale contro populisti e scettici. «Noi siamo i quarti di finale», aveva annunciato alla vigilia delle elezioni il premier dei Paesi Bassi, Mark Rutte. Era una metafora calcio-politica che immaginava un altro turno intenso alle presidenziali francesi e una fInalissima autunnale in Germania. I primi risultati suggeriscono che gli olandesi hanno votato per restare olandesi e al contempo europei, fedeli al loro pragmatismo, aperti agli altri e ai commerci, perché questo è il Dna dell'ex Regno di Batavia. Una vittoria di Wilders, che comunque non sarebbe mai andato al governo, avrebbe segnalato il prevalere del desiderio di chiudersi in casa con le proprie incertezze e senza l'euro, magari favorendo un domino distruttivo per Bruxelles. L'affermazione dei partiti più tradizionali de L'Aja consente invece di non costruire muri, dunque di continuare a fare affari e prosperare come ai tempi della Compagnia delle Indie.



Marco Zatterin, La Stampa
16 marzo 2017


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Shir shishì - una poesia per erev shabbat

Nell’alba azzurra

img headerOgni bambino in Israele, almeno fino a vent'anni fa, conosceva e canticchiava la canzone: "Aprite il cancello, apritelo tanto, da lì passerà una catena d'oro, con mamma e papà, fratello e sorella […]  Sposo e sposa su un calesse leggero, nipoti e cugini ecc. ecc. Poi tutti i parenti gusteranno miele e mele su piattini d'oro”. Era questo il sogno dei poveri bambini affamati della Varsavia ebraica e dei loro genitori, venditori di aringhe maleodoranti e calzolai vagabondi, con mogli lavandaie che stiravano per i balebait, i ricchi e i potenti del quartiere.
Le poesie di Kadye Molodowsky (1894-1975), Kadia in Israele, sono state tradotte in ebraico dai miglior poeti dell'epoca come Shlonski, Alterman e Goldberg e tutti avevano l’impressione che fossero state scritte originariamente in ebraico. E invece la grande poetessa yiddishista, non abbandonò mai la sua lingua, non si adattò alla condizione di sradicata in Israele e divenne parte della realtà ebraica di New York. Kadye è stata una donna del suo tempo, coinvolta nel campo educativo, difensore dell'identità femminile, attivista politica e ha vinto diversi premi tra cui il premio Itsik Manger, 1971. Tra poco uscirà in Italia un volume con le sue liriche tradotte in italiano, “Sono una vagabonda”, a cura di Alessandra Cambatzu e Sigrid Shon.
 
Il cielo si sta già levando.
Il cielo si sta già facendo azzurro, i galli stanno già cantando,
Il mio letto è un fiore bianco e blu e io sono sopra,
Come la rugiada appena caduta.
Il respiro è ancora caldo,
il corpo ancora stanco,
un pezzetto del mio ultimo sogno sta ancora fluttuando,
tolgo dalle labbra il calore della notte,
una preghiera pura mi ha portato il giorno.

Traduzione dallo yiddish di Alessandra Cambatzu

Sarah Kaminski, Università di Torino

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