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23 marzo 2017 - 25 Adar 5777
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Verso Pesach 

La fiamma, la luce e la natura del buio

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Un mio brillante allievo mi ha fatto notare l’esistenza di una controversia fra il Talmud babilonese e il Talmud palestinese in merito alla natura del buio. La discussione all’inizio del trattato Pessachim verte sulla mitzvah della Bediqat Chametz la vigilia di Pesach. Come è noto, la prima mishnah esordisce scrivendo che “al crepuscolo del quattordici (Nissan) si effettua la ricerca del chametz a lume di candela”. Anche se il divieto del chametz entra in vigore solo l’indomani mattina, la Bediqah è prescritta già per la sera precedente per due ragioni: la sera la maggior parte delle persone si trova a casa propria e ha il tempo di dedicarsi alla ricerca; il lume di candela si presta ad essere usato allorché tutt’intorno è buio (Talmud Bab. 4a). Rashì spiega che altrimenti la luce del giorno oscurerebbe il lume e ne renderebbe vana l’azione: shraga be-tihara may ahaney? (“a cosa serve un lume a mezzogiorno?”: cfr. Shabbat 63b, Chullin 60b). Secondo questa visione il buio è essenzialmente mancanza di luce.
Il Talmud Yerushalmì riporta a questo proposito una fonte che dà del buio un’interpretazione differente. La sua tesi è che la fiamma non illumina di giorno come illumina di notte.

Alberto Moshe Somekh, rabbino

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Società

Diseguaglianze e dignità dell’individuo
Le lezioni senza tempo del Talmud 

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Le ineguaglianze economiche sono forse la sfida economica più colossale che la società del XXI secolo si trova ad affrontare. Se la ricchezza complessiva negli ultimi decenni è cresciuta a ritmi senza precedenti nella storia dell’umanità, così in parallelo si sono allargati i divari tra chi corre avanti, accumulando fortune sempre più colossali, e chi rimane indietro, non solo o necessariamente in povertà assoluta, ma anche rispetto allo stile di vita a cui aspirerebbe. A riflettere sui problemi legati delle diseguaglianze sociali erano però già oltre 1500 anni fa i Maestri del Talmud. In diversi trattati dell’opera fondamentale del pensiero e delle regole di vita ebraiche, a partire da quello di Bava Metzia, vengono discusse regole e limiti per tutelare gli strati più deboli nella società.
“L’idea è che al potere della ricchezza vadano posti dei confini, che i ricchi abbiano dei doveri nei confronti dei poveri, è profondamente radicata nell’ebraismo” scrive sul Tablet Adam Kirsch, che da anni tiene una rubrica settimanale dedicata agli insegnamenti del Talmud come studiato secondo il ciclo del Daf Yomì.

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società  

Con gli occhi chiusi
davanti ai terroristi

Stavolta il bersaglio è un simbolo troppo importante nella nostra storia per minimizzare, mettere tra parentesi la minaccia del terrorismo jihadista. Westminster, il Parlamento britannico, la culla della democrazia rappresentativa europea, la Camera dei Comuni chiusa, Theresa May costretta ad allontanarsi su una macchina blindata. Procurarsi un Suv e un coltello è facilissimo, ma l’impatto di armi così facili e maneggevoli, che non richiedono addestramenti sofisticati e modelli organizzativi molto elaborati, è fortissimo.
Il cuore di Londra è ferito. Ma negli ultimi due anni si sono moltiplicati gli atti di guerra di matrice riconducibile all’islamismo fondamentalista che noi abbiamo cercato di non vedere. Abbiamo sperato non nella fine della guerra, ma nella trasformazione del grande terrorismo in una guerra a bassa intensità. Una normalizzazione psicologica del terrore. Cercando di non pensarci, di scacciare l’inquietudine, di non diventare prigionieri della paura. Ma l’attentato
di Londra ci ricorda che le nostre speranze sono vane.

Pierluigi Battista, Corriere della Sera
23 marzo 2017


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società 

L’idea (vera) di Europa
e di democrazia

Si fa presto a dire Brexit. Poi vedi le guglie neogotiche di Westminster, la Torre del Big Ben, i luoghi dell’ultimo ruggito del terrore, e ti sembra di non aver mai visto niente di più europeo in vita tua. La madre di tutti i Parlamenti. La culla della democrazia. Il luogo dove al Re non era permesso di entrare nella Camera dei Comuni quando sul Continente c’era ancora l’assolutismo. È probabile — dovremo tenerlo sempre a mente — che i nostri comuni nemici non facciano tante distinzioni, e ci vedano proprio così: tutti uguali, inglesi e francesi e tedeschi e italiani. Quando scelgono i simboli da attaccare lo fanno con un programma iconografico che possa parlare a tutti noi, colpirne uno per educarne cento. Così cominciarono con il World Trade Center a New York (il Mercato), e poi sono andati alla Festa della Bastiglia di Nizza (la Rivoluzione), e a un mercatino di Berlino (il Natale), e a Westminster a Londra, il Parlamento per antonomasia.




Antonio Polito, Corriere della Sera
23 marzo 2017


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Shir shishì - una poesia per erev shabbat

Lekha Dodì, vieni Mio Amato

img headerQuesto canto di luce e purità dell'anima fu composto a Safed nel XVI secolo dallo studioso e cabalista rav Shlomo Halevi Alkabetz. Quanto è giusto e quanto è bello, direbbe Noemi Shemer, cantarlo tutti insieme venerdì sera in sinagoga o in famiglia per festeggiare l'entrata della regina Shabbat. Il niggun è strutturato in dieci strofe che chiudono con un ritornello e ci sono diversi modi per recitare o cantare il testo. Tuttavia una usanza è condivisa da tutti; durante il canto dell'ultima strofa ci si alza in piedi, volgendosi verso l'ovest poiché da quella direzione arriva Shabbat, la regina, detta anche Dimora, la Shekhina.

Vieni mio Amato, incontro alla Sposa
accogliamo lo Shabbat.
Osserva e ricorda: con una sola espressione
ci ha fatto udire il Dio Unico
Dio è Uno e il Suo nome è Uno
per fama, lode e gloria.

Vieni mio Amato, incontro alla Sposa
accogliamo lo Shabbat.
Orsù andiamo incontro allo Shabbat,
perché è la fonte della benedizione.
Dalle origini più antiche fu stabilito
Fu l’ultimo ad essere creato, ma il primo ad essere pensato.

Vieni mio Amato, incontro alla Sposa
Accogliamo lo Shabbat.
Santuario del Re, città regale,
sorgi, esci dalla distruzione;
hai vissuto abbastanza nella valle del pianto
Egli avrà pietà di te.

Vieni mio Amato, incontro alla Sposa
accogliamo lo Shabbat

[…]

Sarah Kaminski, Università di Torino

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