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27 giugno 2017 - 19 Sivan 5777
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POESIA

L’arte di ricamare con le parole

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Agi Mishol / RICAMI SU FERRO / Giuntina

Scrivere poesia è, per Agi Mishol, “trovare le parole tra cui scocchi una scintilla elettrica”. Scintille che illuminano con il loro bagliore improvviso frammenti di vita quotidiana, il profilo di un oggetto, l’emozione di un incontro, la tenerezza di un contatto o di un ricordo.
Nata in Romania nell’immediato dopoguerra, figlia di sopravvissuti alla Shoah che emigrarono in Israele quando aveva quattro anni, Mishol è forse la più importante poetessa israeliana vivente. Giuntina ha mandato da poco in stampa il suo corposo “Ricami su ferro” (a cura di Anna Linda Callow e Cosimo Nicolini Coen).
Questa autrice si muove nella realtà che la circonda trasfigurando la banalità del quotidiano, conferendo significati inattesi a gesti, momenti e paesaggi. Allo stesso modo il suo sguardo ora dolente e compassionevole, ora graffiante, ma sempre alieno da ogni retorica, si posa su squarci di storia recente e contemporanea, sollecitando nuovi interrogativi e nuove risposte.
Mishol ha ricevuto numerosi riconoscimenti (anche in Italia, dove nel 2014 le fu conferito il premio Lerici Pea) ed è chiamata a tenere conferenze e interventi in molti Paesi.

Marco Di Porto

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EDITORIA

Giuntina, 2037 anni di storia

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Giuntina, 2037 anni di storia. Questo è il titolo che Daniel Vogelmann ha scelto per la sua conferenza, tenutasi negli scorsi giorni all’Università di Firenze per gli studenti della Scuola di Studi Umanistici e della Formazione, promossa e organizzata da chi scrive con il patrocinio del Dipartimento di Lingue, Letterature e Studi interculturali e del Corso di Laurea magistrale in Lingue e Civiltà dell’Oriente antico e moderno.
Sfidando l’intensa calura di una precoce estate è intervenuto un pubblico numeroso e molto attento, commosso dalle parole sommesse e toccanti di Vogelmann. Gli studenti si sono mescolati a tanti docenti e amici venuti dall’Università e dalla città.
L’editore ha inteso evocare in primo luogo la memoria del padre Schulim, ebreo galiziano, trasferitosi negli anni ‘20 a Firenze, le cui vicende drammatiche si sono profondamente intrecciate con la storia della Tipografia Giuntina, dove iniziò a lavorare come compositore a mano, per poi diventarne il direttore nel 1928.

Ida Zatelli

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STORIA

Tripoli 1967, le memorie raccolte dai ragazzi

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Dieci racconti sull’esodo forzato degli ebrei di Libia del ’67, dieci ragazzi chiamati a leggerli e interpretarli. Nel cinquantesimo anniversario dall’arrivo a Roma da Tripoli, la sfida lanciata dal Centro Ebraico Il Pitigliani ha raccolto un chiaro successo. Un racconto a più voci, ispirato dall’ormai tradizionale “Memorie di famiglia” che ogni gennaio chiama a raccolta centinaia di persone sul tema della Memoria, che è stato brillantemente condotto da Karen Hannuna e Nando Tagliacozzo con intervento di saluto della presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello e accompagnamento musicale di Evelina Meghnagi, Emanuele Levi Mortera, Arnaldo Vacca e del Pitigliani Vocal Project (coro dei bambini). Ha sottolineato Giordana Menasci, curatrice dell’evento assieme ad Anna Orvieto. “I giovani tramandano le storie dei nonni: questa è la formula che da sei anni promuoviamo e attuiamo con Memorie di famiglia per il Giorno della Memoria; decine di ragazzi ogni anno salgono sul nostro palco per leggere la storia dei propri familiari, diventando protagonisti ed ereditando il ruolo di testimone”.

Italia Ebraica, giugno 2017 

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ATTUALITÀ

Il pericolo dell’antisemitismo che non passa

img headerAlberto Giannoni Davide Romano / LE RETI DEI NUOVI ANTISEMITI /Il Giornale

"Non importa se siamo cristiani, atei o musulmani. Un fatto è certo: gli ebrei sono un termometro, e misurano la febbre della società in cui vivono.  Meglio ancora, si dice che siano come quel canarino che i minatori del secolo scorso portavano sottoterra durante gli scavi. Se il volatile moriva significava che l’aria stava diventando irrespirabile anche per gli uomini, e dunque era tempo di risalire in superficie.  Per questo è poco importante se i canarini (o gli ebrei) vi piacciono: se gli ebrei soffrono,  la libertà di religione e di pensiero è in pericolo per tutti e dobbiamo preoccuparci. È la storia a insegnarlo, e puntualmente: da Hitler a Stalin le cose sono andate così". Inizia con queste premessa il libro Le reti dei nuovi antisemiti – Dai grillini all'Islam politico. L'ossessione contro Israele, i pregiudizi verso gli ebrei firmato da Davide Romano, assessore alla Cultura della Comunità ebraica di Milano, e dal giornalista Alberto Giannoni in edicola con il Giornale. Il testo, con prefazione di Fiamma Nirenstein, è dedicato ai nuovi volti dell'antisemitismo, con riferimento in particolare a quanto accade sulla rete e nel mondo islamico contemporaneo. Di seguito è proposta la prefazione del volume.

L’Italia, nonostante ancora riesca a farsi passare per un Paese in cui l'antisemitismo è stato moderato anche ai tempi del nazi fascismo, di fatto ha prodotto disumane leggi razziali e deportazioni di massa. È stato, nei fatti, un paese antisemita e perfino genocida. Ma né agli italiani né, in generale, agli europei piace ammetterlo, e tantomeno pensare che quella tabe possa estendersi fino ai giorni nostri: la Shoah ha sterminato gli ebrei rastrellandoli nelle nostre strade e bruciandoli nei Campi di sterminio poco più di mezzo secolo fa. Mia madre Wanda Lattes fu espulsa da tutte le scuole del regno, mio nonno Giuseppe, commendatore, fu licenziato dalla Banca Commerciale. La mia famiglia ha subito deportazioni sia a Firenze che a Baranov, Polonia. Negli stessi anni, la Francia di Vichy aiutava di ottima lena i nazisti a deportare i bambini ebrei, molti altri Paesi europei collaboravano allo sterminio o facevano finta di niente, quelli che combattevano con decisione contro Hitler come l'Inghilterra badavano di non porre troppa enfasi sulla questione ebraica. I paesi comunisti hanno perseguitato gli ebrei deportandoli a loro volta, segregandoli, imprigionandoli.  

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memorIA

Bambini braccati
dai nazisti 

NARRATIVa

Se naufraga la pietà
 

Mirella Serri / BAMBINI IN FUGA / Longanesi


Da un castello, imponente e austero, a una grande villa nelle campagne italiane. Potrebbe sembrare un itinerario tra attrazioni turistiche, in cerca del pittoresco. Ma di turistico, il viaggio descritto da Mirella Serri nel suo ultimo libro, Bambini in fuga, non ha proprio nulla. È un cammino lungo il bordo di un burrone. Un crepaccio ripido, di cui non si vede il fondo, guai a scivolare. Nel luglio 1941, quando comincia il racconto, l'Europa è un dirupo scosceso. Un gruppo di ragazzi ebrei cerca di farsi coraggio, si muove con circospezione, un passo dopo l'altro, per salvarsi.








Giulio Busi
Il Sole 24 Ore Domenica
25 giugno 201
7

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Davide Enia / APPUNTI PER UN NAUFRAGIO / Sellerio

E sulla superficie del mare vedo una magliettina. / Una busta di plastica. / Un documento che galleggia. / Un morto. / Un pantaloncino. / Un paio di scarpe. / Un morto. / Due tappine. / Un braccialetto. / Tre morti». Così, in una prosa che rimanda al postmodernismo e che descrive i fenomeni per porre domande ontologiche (qual è la vera natura di noi umani), sapendo di non poterlo fare innocentemente, Davide Enia racconta quel che vede un soccorritore nelle acque del Canale di Sicilia, non lontano da Lampedusa. Enia, uomo di teatro e scrittore lo fa in un romanzo che fin dal titolo, "Appunti per un naufragio" (Sellerio; pp. 210; 15) con radicale onestà denuncia la difficoltà di narrare qualcosa che supera la nostra immaginazione.

Wlodek Goldkorn L’Espresso
25 giugno 201
7

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