PAGINE CONTRO I PREGIUDIZI
La lettura, vaccino contro l’intolleranza
Nella
sua celebre Blowin in the wind Bob Dylan si chiedeva “How many roads
must a man walk down / Before you call him a man?”. Quante strade deve
percorrere un uomo prima di essere chiamato uomo? Forse anche l’ascolto
di questa canzone potrebbe aggiungersi ai compiti affidati da un
giudice della Virginia a un gruppo di giovani vandali che lo scorso
anno avevano dipinto scritte razziste e svastiche sulla Ashburn Colored
School, una scuola aperta nel 1892 per dare un’istruzione ai bambini
afroamericani. Il procuratore della contea Alex Rueda lo scorso
febbraio ha deciso di punire i cinque responsabili, tutti adolescenti
incensurati con la lettura di 35 libri legati ai diritti degli
afroamericani, all’antisemitismo e alla cultura ebraica, alla parità di
genere. Tra i titoli si trovano ad esempio La notte del Testimone Elie
Wiesel, tre libri di Leon Uris (Exodus, Mila 18, Trinity), Danny
l’eletto e Il mio nome è Asher Lev di Chaim Potok, La banalità del male
di Hannah Arendt per citare quelli legati ai temi dell’a Shoah e
dell’ebraismo. Ma nell’interessante prova educativa del giudice
americano ci sono anche libri come Ragazzo negro di Richard Wright o Il
cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini. Ogni mese, gli adolescenti
devono presentare un resoconto di un libro. Devono anche scrivere un
documento per spiegare il significato delle svastiche e dei simboli del
suprematismo bianco. Nell’elenco delle cosa da fare, anche la visita al
museo della Shoah e al museo di storia americana. L’auspicio, ha
spiegato il procuratore Rueda, è che dopo quest’anno i ragazzi
impereranno ad apprezzare le diversità di sesso, cultura, religione, e
la tolleranza. “E poi quando saranno fuori nel mondo, saranno loro
insegnanti”, l’idea del giudice. E come ricordava il Guardian, anche in
Italia un magistrato ha deciso di punire un colpevole con una lista di
libri: un giudice di Roma ha infatti ordinato a un uomo condannato per
favoreggiamento della prostituzione minorile (il caso legato al
quartiere del Parioli dove due giovani si prostituivano in cambio di
denaro e doni) di comprare 30 libri legati al femminismo alla giovane,
“per farle capire il danno che le era stato fatto come donna”. Tra i
libri indicati, uno della filosofa Adriana Cavarero che aveva
commentato la vicenda sottolineando che forse sarebbe stato meglio
affidare quelle letture al criminale. Valutazioni su chi debba leggere
a parte, la domanda – soprattutto sul caso dei giovani vandali – che si
pone è se effettivamente la cultura e la parola possano essere antidoto
di fronte alla violenza delle diverse forme di estremismo. In una
fotografia scattata a Parigini che ritrae uno dei luoghi che ricordano
le stragi di Charlie Hebdo e dell’Hypercasher, spunta un pezzo di carta
in cui si legge “Books. Not bombs”. “Usare le parole – spiega a Pagine
Ebraiche il critico letterario Goffredo Fofi mentre parla dell’ultimo
libro di Frank Westerman I soldati delle parole - serve per farci
vedere quello che non vogliamo vedere, per raccontare i diversi mondi
che dobbiamo affrontare nel modo più efficace possibile”. Leggere
passato e presente degli altri aiuta a capirli ma quanto aiuta ad
evitare che diventino violenti? “Tutto ha un passato. Tutto – una
persona, un oggetto, una parola, tutto. Se non conosci il passato, non
puoi capire il presente e non potrai pianificare nel modo giusto il
futuro”, recita uno dei passaggi del citato Danny l’eletto di Chaim
Potok. La conoscenza, dicono i dati, effettivamente aiuta a valutazioni
più critiche e meno legate al pregiudizio: si vedano le elezioni in
Germania, dove Alternative fur Deutchland ha fondato la sua campagna
elettorale sulla retorica anti-immigrati e sulla richiesta di istituire
maggiori controlli alle frontiere: curiosamente, però, l’AfD è andata
meglio nelle aree del paese dove negli ultimi danni sono arrivati meno
migranti. Il sistema tedesco, infatti, distribuisce i
richiedentirichiedenti asilo sulla base della popolazione e del reddito
imponibile. Le aree più ricche del paese, quindi, ricevono in
proporzione più migranti di tutte le altre. Secondo gli ultimi dati,
per esempio, più del 50 per cento dei richiedenti asilo è stato
ospitato in tre soli Lander: Baviera, Baden-Württemberg e Nord
Reno-Westfalia, dove AfD non ha ottenuto risultati particolarmente
buoni. La Sassonia, dove AfD è andata molto bene, è invece la regione
ad aver ospitato il numero più basso di richiedenti asilo di tutto il
paese. Nella zona tedesca che fatica di più economicamente, paura e
rabbia hanno trovato – sembrano dire i numeri – facile sfogo nell’odio
contro gli immigrati anche se meno giustificato, visti i citati dati
sull’accoglienza. Anche in questo caso a fare da miccia sono state le
parole: soprattutto quelle false. Un’analisi del Washington Post
rivelava come l’AfD sia stato il partito che ha saputo catalizzare
meglio l’attenzione sui social network e tra le sue armi, la
condivisione di notizie false o parzialmente tali sui migranti. Come
rispondere a questo uso distorto delle parole? Con informazioni chiare
e con l’ironia, suggerisce Erin Marie Saltman, ricercatrice che in un
recente Ted Talk è salita sul palco per parlare di “How young people
join violent extremist groups — and how to stop them”. Saltman racconta
di alcuni progetti messi in piedi sui social network in cui si chiede a
tutti coloro che sanno fare comunicazione - artisti, scrittori,
giornalisti, videomaker, comici - di produrre materiali che spieghino
la realtà delle cose e che mettano in ridicolo i pregiudizi. Questi
materiali, spiega la ricercatrice parlando nello specifico di Facebook,
vengono poi indirizzati al pubblico specifico, individuato come più
sensibile alle fake news. “Abbiamo ottenuto risultati positivi”,
afferma Saltman.
Daniel Reichel, Pagine Ebraiche, ottobre 2017
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