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16 ottobre 2018 -  7 Cheswan 5778
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protagonisti

Formiggini, il segno vivo di un editore      

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“Al tvajol ed Furmajin". Il tovagliolo del Formaggino, in dialetto locale. Così sperava fosse ricordato lo spazio della piazza su cui il suo corpo sarebbe precipitato. Il punto conclusivo della traiettoria mortale dalla sommità della Ghirlandina, la torre del Duomo di Modena, al selciato. Finiva su quel "tvajol" la vita di Angelo Fortunato Formiggini, 60 anni compiuti il giugno precedente. Uno dei più eclettici e brillanti editori del Novecento. L'uomo che per l'Italia e l'Europa sognò il riscatto attraverso una Casa del ridere in cui far confluire la miglior produzione umoristica contemporanea: un progetto a lungo rincorso, destinato però a infrangersi definitivamente con l'entrata in vigore delle Leggi razziste. Per il 29 novembre prossimo, a 80 anni esatti dal suicidio, l’amministrazione comunale è al lavoro per dare completa attuazione al proposito del suo concittadino: il "tvajol" già menzionato in un'apposita targa potrebbe così diventare, all'interno della piazza, uno spazio intitolato al solo Formiggini. L'iter per il cambio di denominazione, fortemente auspicato dal Consigliere Antonio Carpentieri che in estate ha depositato ufficiale richiesta in tal senso, è stato avviato. La speranza di molti è che possa concludersi in tempi rapidi. L'intuizione di una Casa del ridere risale alla Grande Guerra: "L’Europa nuova che dovrà sorgere dalle rovine della vecchia Europa - sosteneva Formiggini - dovrà essere civile e fraterna; non vi potrà essere fraternità se vi sarà oppressione di un popolo sull’altro, ma nemmeno se non ci sarà comunione di cultura fra i popoli. E converrà soprattutto che i popoli si conoscano nei loro aspetti più simpatici e umani, cioè appunto nella loro peculiare gaiezza e nelle particolari colorazioni che presso ciascuno di essi assume l’amore alla vita: ridere è amore di vita”.

Adam Smulevich, Pagine Ebraiche, ottobre 2018 
 

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Biografie

Malattia e guarigione tra fede e scienza

img headerPaola Fargion / DAVIDE CONTRO K / Puntoacapo

“È il tramonto e l’aereo della EL AL sta per atterrare finalmente a Ben Gurion. Una frenesia mista ad emozione si impadronisce di me man mano che l’aereo si abbassa in direzione della pista di atterraggio… E finalmente tocca con le ruote il suolo, la Terra di Israele. Non riesco a trattenere le lacrime: sono quasi quindici anni che non torno a casa, un lungo tempo lontana dalle mie radici, che ha avuto il sapore di una doppia diaspora. Ora però ci sono, ancora pochi minuti e il mio piede si appoggerà su quella Terra che il Signore promise, anzi, giurò ai miei Padri, ai loro figli e ai figli dei loro figli”. Si apre così “Davide contro K – Come ho vinto la paura del cancro”, opera di Paola Fargion appena pubblicata dalla casa editrice Puntoacapo. Può sembrare un libro di viaggio, che si addentra poi nel descrivere la frenesia dell’aeroporto israeliano, i palpiti di Gerusalemme, ma il viaggio da raccontare è molto diverso, quello della lotta contro un male terribile.

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storia

La Città eterna degli ebrei

letteratura israelianA

Ben Gurion sbaglia
la profezia 

Riccardo Calimani / STORIA DEGLI EBREI
DI ROMA / Mondadori


«Lunedi i soliti 8 ebrei corsero ignudi il palio loro favoriti da pioggia, vento et freddo degni di questi perfidi, mascherati di fango al dispetto delle gride. Dopo queste bestie bipede correranno le quadrupede domani». Rileggiamo: «queste bestie bipede». Bastano queste righe pubblicate negli «Avvisi di Roma» del 16 febbraio 1583 per capire quanto fossero radicate le ostilità anti-ebraiche nella Città eterna che ottant'anni fa si adeguò silente, per non dire di peggio, alle leggi razziali del 1938 che avrebbero aperto la strada, cinque anni dopo, alla retata nazista. Per oltre due millenni, infatti, come documenta lo storico Riccardo Calimani nella Storia degli ebrei di Roma. Dall'antichità al XX secolo appena edita da Mondadori, i rapporti tra i romani e «li giudii» erano stati segnati da periodi di conflitti e aperture, aperture e conflitti.


Gian Antonio Stella, Corriere della Sera,
9 ottobre 2018 


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Aharon Reuveni /
IN PRINCIPIO, CONFUSIONE E PAURA / Einaudi

È straordinaria, la galleria di personaggi che il lettore incontra e pian piano conosce come un parente prossimo, come un amico fidato, nel primo romanzo della trilogia su Gerusalemme pubblicata da Aharon Reuveni nel 1919, della quale esce ora in traduzione italiana la prima parte, con il titolo In principio, confusione e paura (nella traduzione dall'ebraico di Luca Colombo). Volti e storie si avvicendano in queste pagine, creando un affresco che non ha nulla di statico: tutto è sempre in movimento, tutto sta cambiando. Quando in Europa scoppia la Prima Guerra Mondiale, infatti, il progetto sionista sta prendendo forma, è carico di ideali e slancio attivo. Ma è chiaro sin dall'inizio che quanto sta succedendo al di là del Mediterraneo cambierà ben presto e radicalmente le cose in Palestina, che a quell'epoca è ancora una pigra e marginale provincia del grande Impero Ottomano: ha i giorni contati.

Elena Loewenthal,
La Stampa ttL,
13 ottobre 2018


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