dialogo…

Grande riflessione morale e teologica denota l’articolo del rabbino capo di Roma “I limiti del dialogo e una sinfonia stonata”. Effettivamente il rischio c’è. Associare la Passione con la Shoah suscita tutta una serie di questioni, tra le quali, la più scottante, secondo me, è la seguente: il popolo ebraico, innocente, morto nei campi di sterminio è stato “sacrificato” per i peccati dell’umanità come “il Cristo”? Le madri ebree che hanno assistito all’assassinio dei loro figli sarebbero assimilabili alla Vergine? Se così fosse dovremmo riabilitare il nome “olocausto” per definire lo sterminio del popolo ebraico? L’olocausto, appunto, sarebbe stato quindi “voluto” o “previsto” da D-o come disegno espiatorio per l’umanità? E gli spettatori, o i delatori contro gli ebrei innocenti deportati sarebbero comparabili a Giuda il traditore? Tutto era già previsto? Tutto è reso storia sacra?
Anche in campo ebraico le spiegazioni “teologiche” lasciano l’amaro in bocca. L’idea che la Shoah fosse una mera e diretta punizione divina non è molto diffusa nemmeno in campo ortodosso, si elabora piuttosto il concetto di “Ester Panim” (“Nascondimento del Volto”), tesi ben più elaborata e complessa, filosoficamente e spiritualmente.
A maggior ragione, proporre tesi costruite su una teologia non ebraica diventa ancora più difficile da accettare.
Tutto questo rischia di sbattere fuori la Shoah dalla verità storica, per confinarla nel mito teologico. E se così accadesse che ne sarebbe del concetto di responsabilità?

Paolo Sciunnach, insegnante

(2 dicembre 2013)