…Israele

Se qualcuno scrivesse nel suo blog “Dario Calimani, come già ho avuto occasione di dire, è un signore di sinistra, molto di sinistra. E critico nei confronti di Israele, molto critico”, io forse non mi riconoscerei. A cominciare dalla fine. Come riconoscersi in una formula che fissasse una coscienza in modo così politico e definitivo? Perché essere, pensare e credere non sono atteggiamenti attoriali da proporre agli altri, ma sono modi di essere e di concepire la vita secondo principi in continua evoluzione, modi di essere mossi anche da quanto, giorno dopo giorno, avviene in te e attorno a te. E questo vale per tutti coloro che sentono e che pensano.
Io non sono così obiettivamente addentro in tutto ciò che accade in Israele da poter essere ‘critico nei confronti di Israele’. Non coltivo posizioni fisse e stabili. La verità è che la politica di Netanyahu e degli alleati che lo condizionano mi lascia perplesso, mi chiedo se abbia davvero a cuore il benessere e il futuro dei suoi cittadini. E se sia la migliore per raggiungere la pace nell’area, una pace buona per tutte le parti in conflitto. E se lo stato di conflitto eterno sia la soluzioni ideale per tutti. Dunque non sono critico nei confronti di Israele tout court, non mi sento un nemico da bandire o, come vorrebbe qualche posizione partigiana estrema, da espellere dal paese rifiutandogli il visto di entrata. Mi sento invece un amante abbandonato e deluso, che malgrado tutto continua ad amare e a coltivare la speranza che qualcosa cambi in meglio.
Se qualcuno scrivesse nel suo blog “Dario Calimani, come già ho avuto occasione di dire, è un signore di sinistra, molto di sinistra. E critico nei confronti di Israele, molto critico”, noterei, poi, quanto fosse strano che un/una blogger a difesa estrema di Israele (almeno in questo campo, dunque, ‘di destra’) si servisse delle mie parole e delle mie idee – a suo dire ‘molto di sinistra’ – per corroborare le sue, specie se le mie fossero parole e idee espresse su questo organo dell’UCEI che – certo anche per colpa mia – è sotto attacco quotidiano per essere, appunto, ‘troppo di sinistra’. Il dilemma si farebbe poi ancor più lacerante qualora mi rendessi conto che il blog in supposizione, negli ultimi quattro anni, avesse riportato integralmente almeno cinque dei miei interventi settimanali su queste pagine. Evidentemente ci sarebbe una verità che starebbe sfuggendo, a me o a chi giudica ciò che scrivo. Forse non mi gratificherebbe molto il fatto che le mie righe venissero riprese e usate da chi la pensasse in modo opposto al mio. O dovrei forse dedurre, con sommo scoramento, che le mie idee non sarebbero affatto ‘molto di sinistra’. Perché, se così fosse, il/la blogger non le citerebbe a conferma di propri assunti di destra. O dovrei forse congetturare che il blog coltivasse idee confuse, miste di destra e di sinistra. O magari che le idee confuse fossero le mie.
Una cosa è certa: un blog del genere mi spingerebbe a chiedermi se io sia davvero di sinistra o, magari, ‘molto di sinistra’, specie in un momento in cui la sinistra, in Italia, non ha più una reale, sostanziale, dignitosa, rappresentanza politica.
Mi direi, innanzitutto, per cercare di districarmi nella fitta rete delle mie contraddizioni, che non ho mai avuto tessere di partito, né iscrizioni a circoli di sorta. Unica iscrizione, quella alla mia comunità. Anzi, no. Lontana nei tempi, un’iscrizione emotiva e ben motivata al Bené Akiva. Poi, null’altro.
Quando scrivi, ma soprattutto quando senti e quando pensi, non ti preoccupi di essere fedele alla linea di un partito, di destra o di sinistra. Se sei una persona onesta, ti preoccupi di essere fedele solo alla tua coscienza, anche quando questa va in crisi per le circostanze della vita e per le cose che accadono nel mondo. Quindi, quando ti poni interrogativi su Israele e su Netanyahu non è perché tu stia facendo i conti con la politica del tuo partito o con il tuo amore per Israele o con le tue loyalties, ma perché la tua coscienza si sta interrogando. Se si è onesti, non si è di sinistra o ‘molto di sinistra’ (o di destra o ‘molto di destra’) perché si aderisce a un partito preso, ma perché si aderisce alla propria coscienza, bella o brutta che sia, e al proprio sentire. Se si crede che i migranti vadano salvati da un naufragio, costi quel che costi, è perché si crede nello spirito di umanità, di destra o di sinistra che si sia. Poi, ovviamente, sarà necessario fare i conti con i problemi della società, dell’ordine pubblico e della politica, oltre che, ancora, con lo spirito di umanità. Salvini od Orbàn, per capirci, non sono di sinistra.
Si usa dire, in questi ultimi infausti tempi, che destra e sinistra non esistono più. Credo sia vero per la sinistra. La destra invece, specie quella estrema, sembra essere ben viva nei cuori di quella gente che dà sfogo inverecondo allo spirito più truce di disumanità, di discriminazione e di razzismo. L’egoismo più bieco prevale su tutto. L’Italia agli italiani. Se fosse sempre stato così, mi interrogo, noi dove saremmo ora?
Oggi essere di sinistra non significa più, se mai per me lo sia significato, far parte di un partito o aderire a un’idea politica. Significa essere stati schiavi in Egitto, e significa ricordarsi che i propri genitori si sono salvati perché la Svizzera li ha accolti. E coloro, i tuoi nonni e i tuoi cugini, che invece sono rimasti radicati alla loro terra convinti che l’umanità sarebbe stata con loro non meno che umana, sono stati inghiottiti dalle camere a gas.
Se essere di sinistra è un modo di essere, una condizione della coscienza e nulla più, allora sì, sono ‘molto di sinistra’, esattamente come è Israele quando, ai suoi confini, si prende cura dei feriti del massacro siriano. ‘Molto di sinistra’.

Dario Calimani, Università di Venezia

(3 luglio 2018)