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L'Unione informa
 
    11 settembre 2009 - 22 Elul 5769  
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Moked - il portale dell´ebraismo italiano
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  Roberto Colombo Roberto
Colombo,
rabbino
Rosh Hashanà è il giorno del giudizio ma nella tefillà non v’è traccia di ripensamenti su peccati commessi. E’ dunque probabile che in questo giorno ognuno sia giudicato per i peccati che si prefigge di commettere in futuro. (Rav Neventzal)
11 settembre, la stampa ricorda l'anniversario delle Due Torri. Vorrei solo riflettere su un tema trattato da Massimo Teodori oggi, la paura. E' vero che oggi abbiamo meno paura? E la paura è legata alla possibilità di difendersi, o è altro, che tocca solo marginalmente la sfera della realtà? Credo che l'11 settembre non ci abbia reso migliori, più consapevoli, più riflessivi, meno implicati in ciò che nella vita è inessenziale. Credo che abbia stimolato le paure, cioè il peggio di noi, che ci abbia trasformati pian piano, senza che nemmeno ci accorgessimo delle nostre trasformazioni. Non abbiamo meno paura, abbiamo paure più consolidate, divenute carne della nostra carne, sangue del nostro sangue. A differenza del dolore, che può in certi casi, anche se non in tutti, essere formativo, la paura è solo distruttiva. E credo che i terroristi volessero anche questo, trascinarci  nel loro mondo di odio e di chiusura, trasformarci in quel nemico che loro immaginavano. Non lo siamo ancora, ma la paura può portarci a questo: ad assomigliare a chi usa la morte come strumento di dominio, a chi concepisce solo lo scontro con chi non gli assomiglia. Anche da questo, credo, e non solo dalle bombe, dobbiamo difenderci.  Anna Foa,
storica
Anna Foa, storica  
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  Negba - Il bilancio del Festival per il Sud

Magiar
Negba - Magiar: "Il Festival ha aperto le porte sul Mediterraneo"


Della Rocca
Negba - Rav Della Rocca:" Verso Sud come il viaggio di Abramo"



pubblico

Negba - Trani, magia di lettere e numeri


pubblico

Negba - Bari, il cortocircuito della Memoria


A Roma il Comitato contro l’Antisemitismo 
Nirenstein: "Necessario predisporre strumenti concreti"

Nirestein È  in visita a Roma il comitato direttivo della Coalizione Interparlamentare contro l'Antisemitismo (ICCA), organizzazione che riunisce i rappresentanti delle assemblee legislative di oltre quaranta paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Russia, Canada, Australia, Sud Africa e molti Stati europei.
Il suo intento è di promuovere misure concrete per combattere l’antisemitismo in ogni sua forma ed espressione.
Invitati dall’onorevole Fiamma Nirenstein (nell'immagine), vicepresidente della Commissione affari Esteri alla Camera, sono John Mann, presidente della Commissione parlamentare inglese contro l’antisemitismo, Irwin Cotler, presidente della Commissione parlamentare canadese contro l’antisemitismo, il tedesco Gert Weiskerchen, e il ministro israeliano per la diplomazia e gli affari della diaspora Yuli Edelstein, membri del Comitato direttivo dell’ICCA, di cui anche la Nirenstein fa parte, insieme allo statunitense Chris Smith.  
Una visita importante, dal programma fitto, in cui il Comitato direttivo, oltre a compiere una valutazione del lavoro svolto dalla Coalizione fino a questo momento, incontrerà il presidente della Camera Gianfranco Fini, e poi, accompagnato dal sindaco di Roma Gianni Alemanno, si recherà alla Fondazione per il Museo nazionale della Shoà. Il programma prevede un incontro con il Presidente della Fondazione, Leone Paserman, il Presidente della Comunità Ebraica di Roma Riccardo Pacifici, il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Renzo Gattegna, e l'assessore alla Cultura Ucei Victor Magiar.
L’onorevole Fiamma Nirenstein, di ritorno dalla Svezia dove ha preso parte alla riunione delle Commissioni esteri dei paesi dell’Unione Europea, di cui lo stato scandinavo detiene questo semestre la presidenza, spiega l’importanza di questa organizzazione.
Onorevole Nirenstein, com’è nata la Coalizione Interparlamentare contro l'Antisemitismo?
L’ICCA ha avuto il suo atto di fondazione in una conferenza che si è tenuta a Londra nel febbraio scorso, come risposta a una situazione che vede una vertiginosa insorgenza in Europa e nel mondo di episodi, atti, dichiarazioni di stampo antisemita. La conferenza ha avuto un grande successo e ha prodotto un documento in cui tutti i parlamentari partecipanti hanno sottoscritto un forte impegno a vigilare e combattere l’antisemitismo. È stato proprio a Londra che il ministro degli Esteri Frattini ha per la prima volta ipotizzato la non partecipazione dell’Italia alla conferenza di Ginevra, già allora ribattezzata Durban II, e il suo intervento è stato accolto con grande entusiasmo dall’assemblea.
Con quali intenti è stata promossa la riunione di oggi?
Quello di oggi vuole essere un incontro prettamente pratico e funzionale a organizzare il lavoro dei prossimi mesi. Abbiamo bisogno di muoverci in fretta e di disporre di strumenti concreti. Per questo vogliamo andare avanti rispetto a quanto abbiamo raggiunto a Londra, in previsione di una nuova conferenza della Coalizione che si terrà in Canada nel 2010. Puntiamo tra l’altro ad allargare il numero dei paesi partecipanti, e anche quello dei membri del comitato direttivo.
Qual'è la situazione dell’antisemitismo in Europa, anche alla luce di quello che è successo nel paese che ora ne detiene la presidenza, la Svezia, dove lei è appena stata protagonista di un duro confronto col ministro degli Esteri Bildt, a proposito dell’articolo uscito qualche tempo fa sul quotidiano Aftonbladet, in cui l’esercito israeliano è stato accusato di uccidere palestinesi per utilizzarne gli organi?
La situazione in Europa è preoccupante, considerando che gli episodi di antisemitismo continuano ad aumentare, specie in alcuni paesi, tra cui quelli del Nord Europa. In Svezia ho approfittato di questo incontro per chiedere al ministro Bildt quale sia l’approccio del suo paese al problema del dilagare dell’antisemitismo. Lui non solo si è risentito della mia domanda, sostenendo che ci sia l’intento di limitare la libertà di espressione della stampa svedese, ma ha negato addirittura l’esistenza del problema dell’insorgere dell’antisemitismo, cosa di una gravità inaudita. Penso sia molto importante riuscire ad ottenere una presa di posizione contro l’antisemitismo da parte di questa Presidenza di turno della Ue, e confido che l’ICCA possa contribuire in tal senso.
Lei è stata per tanti anni ed è tuttora una giornalista che si occupa da vicino del problema dell’antisemitismo e dell’ostilità verso Israele. Che legame pensa che ci sia tra il modo in cui i mezzi di comunicazione si occupano di Israele e l’antisemitismo?
Il rapporto è strettissimo. Ritengo che in Europa il conflitto arabo-israeliano venga trattato in maniera estremamente parziale. Anche in questo senso la Coalizione Interparlamentare contro l'Antisemitismo si è impegnata, attraverso il suo documento ufficiale, a dare il proprio contributo.
Com’è invece la situazione nel nostro paese?
Anche in Italia gli episodi di antisemitismo sono in aumento. Tuttavia non si può dire che la nostra sia una nazione in cui l’ostilità antiebraica sia particolarmente diffusa. La situazione da noi è migliore rispetto a molti altri paesi europei, anche grazie a una immigrazione islamica numericamente meno consistente, che invece altrove ha portato a un aumento vertiginoso dell’antisemitismo, come è successo per esempio in Francia.
Ci tengo anche a precisare il Comitato direttivo dell’ICCA si occuperà del Museo nazionale della Shoah che sorgerà a Roma, incontrando i responsabili del progetto, anche per lanciare il segnale di come l’impegno per ricordare e combattere il negazionismo, in Italia e nel mondo, rappresenti una priorità fondamentale.

Rossella Tercatin


Sul Portale dell’ebraismo italiano è disponibile la relazione di Betti Guetta (CDEC) sulla conferenza di Londra, del febbraio 2009, che ha visto nascere l’ICCA




"Religione a scuola, una gara degna di miglior causa"

E' in corso, a mio parere, una sorta di gara per essere più realisti del re in tema di ora di religione che, occorre ricordarlo, nella scuola pubblica italiana e quindi a carico di tutti, è solo quella cattolica.
Se è fastidioso, ma comprensibile, non certo giustificabile, che a rivendicare una sorta di supremazia religiosa siano alcuni esponenti della Chiesa, è civilmente intollerabile che analoghe considerazioni vengano espresse da esponenti politici, persino componenti del Governo.
La strumentalizzazione è facilmente rilevabile ove si tenga conto che nessuno, tanto meno coloro che con le varie sentenze stanno minando (non solo a riguardo della scuola) uno stato di cose evidentemente scricchiolante, muove guerra alla Chiesa viene semplicemente posto in rilievo che non vi è un uguale trattamento nei confronti delle altre espressioni del credere e talvolta anche del non credere. Perché non indirizzare allora gli sforzi verso una soluzione che conceda a tutti pari trattamento?

Gadi Polacco, Consigliere dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane




Una Giornata travolgente

Ancora articoli, notizie e cronache degli eventi della decima edizione della Giornata della Cultura Ebraica sul Portale dell'ebraismo italiano - www.moked.it

Fra le decine di articoli segnaliamo:


Giornata della Cultura Ebraica - Qui Torino
Levi: “Un successo di partecipazione e di contenuti”


Giornata della Cultura Ebraica - Qui Torino
Una visita della delegazione leghista




Mantova letteratura

Lerner
Al Festivaletteratura con Nadime Gordimer,
Daniel Mendelsohn e Gad Lerner





Venezia cinema

Lebanon
Lebanon, claustrofobia di un conflitto



locandina
Eyes Wide Open, tensioni insanabili e amori difficili





 
 
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  Fumetto - Spiegelman torna e racconta la tragedia della St. Louis

FumettoGrande ritorno di Art Spiegelman con una tavola ripresa in versione italiana dal settimanale Internazionale del 4 settembre.
Quando nel 1986 uscì il primo volume di Maus cambiò completamente il modo con cui si poteva raccontare la Shoà. Art Spiegelman aveva trovato un canale inedito sia per la modalità metaforica di attribuire ai popoli coinvolti l’immagine di animali stereotipati, sia perché l’animale che avrebbe rappresentato il popolo ebraico non era altro che un topolino di campagna. Quell’animale preda di tutti, aquile e topi, senza nessuna particolare difesa, rappresentava l’impossibilità di difendersi, l’incapacità di opporsi al predatore. In questo caso i nazisti rappresentati dai gatti.
Maus era uscito a puntate sulla rivista d’avanguardia Raw, fondata con sua moglie Françoise Mouly, e nel 1992 Spiegelman aveva vinto il premio Pulitzer. Nello stesso anno, dopo aver lasciato la Topps, colosso della figurine statunitense, aveva iniziato a lavorare per lo studio di Tina Brown collaborando per quasi dieci anni con il settimanale New Yorker fino alla rottura in occasione dell’11 settembre, quando la copertina di Spiegelman,che  rappresentava su fondo nero le torri gemelle anch’esse nere ma visibili osservando con attenzione le sfumature del colore scuro, generò discussioni e lamentele sul modo di comunicare e in qualche modo commentare un evento così tragico per la storia statunitense.                                                                              Art Spiegelman in quell’occasione sottolineò il profondo conformismo che secondo l’autore ha colpito la stampa statunitense, ormai appiattita su posizioni “non-critiche” verso l’amministrazione repubblicana. Non è d’altra parte un caso che uno dei primi riconoscimenti ricevuti, insieme a due Will Eisner e tanti altri premi, è quello del Pulitzer a sottolineare una tensione particolare nel raccontare in modo asciutto, diretto e giornalistico storie come quelle di Maus.
FumettoSpiegelman ama parlare direttamente al lettore, in Maus ci sono due diversi livelli di lettura, quello dell’autore e quello del padre sempre rivolti al lettore, mentre in altri lavori, anche quelli nei primi anni settanta raccolti nella antologia Breakdowns, l’autore punta sempre le parole verso di noi. Dopo l’11 settembre l’autore ha combattuto anche contro uno stress post-traumatico, risolto con una serie di strisce, In the Shadow of No Towers, pubblicate su diverse riviste internazionali, tra cui il prestigioso Die Zeit.
L’accusa verso i media di essere troppo “bonari” è stata di recente riproposta sul settimanale Internazionale con una doppia pagina  dal titolo The St. Louis refugee. Art Spiegelman ripercorre la reazione di alcuni disegnatori in occasione del rifiuto da parte del governo statunitense di accogliere i 900 rifugiati della nave della Sant Louis che fu costretta a ritornare in Germania. Se commenta le strisce realizzate all’epoca esaltando l’efficacia o meno delle loro vignette, Spiegelman si preoccupa di sottolineare che oggi comunque a parte lazzi bonari, i suoi colleghi stanno sparendo dietro un conformismo senza precedenti. Le vignette invece di rappresentare l’indignazione e lo sdegno dell’autore solo un simpatico sbuffo, un sorriso forse un po’ amaro, ma niente di più di quanto più indegno possa accadere nella società civile. Spiegelman ricordando il lavoro dei suoi predecessori su una questione così grave, probabilmente cerca di sollevare l’orgoglio di una professione, quel del disegnatore, che potrebbe spingere le persone con il riso a riflettere per prendere decisioni consapevoli sul vivere civile. Da cittadini.

Andrea Grilli
 
 
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rassegna stampa    
 
 
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Una volta tanto apriamo la nostra rassegna stampa con Madonna. Il fatto che si sia omesso al nome l’articolo determinativo dovrebbe far capire a tutti che non ci riferiamo alla figura della genitrice di Gesù bensì alla figurante (come definire altrimenti quella che è una icona pop della postmodernità?) che da più di vent’anni calca i palchi nel nome dello show-business internazionale. Lo spunto ce lo offre il Tempo, recuperando una notizia che non è tale per davvero, né nel senso della novità né, tantomeno, dal punto di vista dei contenuti, quando ci dice, con toni enfatici, che «la cantante più famosa della terra è forse il personaggio più importante per la divulgazione del pensiero cabalistico». Che l’affermazione sia in sé discutibile non occorre ribadirlo. Molti lettori di questa rassegna saranno al corrente delle polemiche, aspre e rocciose, mosse dagli studiosi, così come dai cultori e dai seguaci dei filoni della mistica ebraica, agli stravolgimenti mediatici esercitati dall’artista nel nome di un tanto facile quanto banalizzante richiamo ad essa. L’adesione alla Qaballah (che cosa vuol dire e che cosa implica, poi? Si tratta di una conversione all’ebraismo o, più semplicemente, di un interessamento ad alcuni suoi aspetti culturali, ritenuti attraenti perché vissuti come sorprendenti?) ha irritato i più seri e severi custodi della tradizione esoterica dello spiritualismo giudaico. Cosa “ci azzecchi” una figura come Madonna con il complesso universo di significati e con le rigorose pratiche esegetiche richiamate da questo pensiero iniziatico è di per sé un mistero. Ma è forse proprio il fatto che la cantante costituisca l’esatto opposto di quel rigore che lo studio delle dottrine mistiche richiede a rendere appetitose le sue performance intellettuali (se così le si vuole intendere). Personaggio stravagante, capriccioso e camaleontico, privo di qualsivoglia spessore culturale e per questo adattissimo ad occupare la scena mediatica, Madonna rappresenta, per molti versi, in maniera estremamente aderente alle pieghe delle circostanze il senso di vuoto pneumatico che si accompagna ai nostri tempi, soprattutto nelle sue espressioni più strettamente mediatiche e quindi televisive. La conclamata e strombazzata adesione al cabalismo – fatto in sé non privo di ritorni pubblicitari per l’artista, così come per i suoi scarsi sostenitori in campo ebraico – veste i panni della beffa per chi ne coltiva con costanza la complessità ma è completamente in linea con l’idea superficiale che molti hanno dell’approccio alle cose del mondo, laddove le identità e le appartenenze sono intese al pari di panni da vestire e da dimettere, a seconda dei gusti del momento. Peraltro è Fabio Perugia, sempre per il Tempo, a dirci che il Sefer ha-Zohar, il testo di riferimento del pensiero e della devozione cabalistica, è stato distribuito in alcune copie tra i pazienti del San Camillo, nosocomio romano. L’iniziativa, nella sua singolarità, è stata fortemente voluta dagli allievi del rabbino Philip Berg, animatore quest’ultimo del Kaballah Center, presente con più sedi in alcune metropoli occidentali, nel nome di una concezione “missionaria” del pensiero. Bisognerà tornare su questo aspetto, ovvero sulla vocazione di coloro che, anche nel mondo ebraico, nutrono rispetto alla divulgazione dei suoi saperi e, in alcuni casi, ancorché rari, ad una qualche forma di proselitismo, sia pure indiretto. Uno dei paradossi dei nostri tempi è che al perdurare degli antisemitismi (e usiamo il plurale poiché ci pare d’obbligo) si affianca la fascinazione di certuni per una qualche idea di “semitismo” vissuto come una sfera di autenticità, di contro alla freddezza delle relazioni sociali e all’alienazione del quotidiano. Le ricorrenti immagini degli ebrei come portatori del male possono quindi coesistere, allo stesso tempo e nei medesimi luoghi, con l’idea che l’ebraismo sia qualcosa di desiderabile. Nell’uno come nell’altro caso il rischio, però, è che a dominare siano gli stereotipi e non la concretezza delle cose e delle persone. Sul versante politico, poiché una sia pur veloce ricognizione è d’obbligo, dobbiamo registrare le contorsioni che di nuovo attraversano le forze politiche libanesi, raccontateci, tra gli altri, da Fabrizio Battistini su il Corriere della Sera, da Ugo Tramballi per il Sole 24 Ore, da il Giornale e da il Foglio, quest’ultimo con l’abituale dovizia di particolari e con un approfondimento sul backstage dell’intera vicenda. Se in Afghanistan lo spoglio delle schede elettorali richiede settimane in Libano la formazione di un governo può durare mesi, salvo poi cadere nel vuoto. Saad Hariri parrebbe avere fallito nell’obiettivo di dare vita ad una coalizione a causa di una serie di veti incrociati, espressi perlopiù da Hezbollah (ma forse anche dall’interno della maggioranza uscita con il voto del 7 giugno). L’esosità delle richieste, tarate ad hoc per rompere le uova nel paniere al giovane e ambizione premier incaricato, inviso alla Siria, hanno prodotto il loro effetto. Come nel gioco dell’oca, finiti nella casella sbagliata bisogna rifare tutto da capo, riavviando nuove consultazioni. Chi avrà tela da tessere la tesserà ma il paese è sempre sull’orlo di una crisi di nervi che nella lingua di quei luoghi implica il rischio di nuove fiammate nella guerra civile che dal 1958, con fasi alterne, accompagna la difficile coesistenza tra gruppi e fazioni. Di difficile coesistenza, sia pure con minore drammaticità, ci racconta ancora Battistini su il Corriere della Sera, dandoci il resoconto della nascita di un nuovo partito in Israele, Hadush, che intende contrapporsi alla presenza degli ultraortodossi nella pubbliche istituzioni del paese. Da ultimo, ma il fatto che lo si citi a chiusura della rassegna non vuole di certo essere un atto di scarsa attenzione, rammentiamo con Massimo Teodori su il Tempo, che oggi è la ricorrenza dell’11 settembre 2001, data spartiacque nella coscienza collettiva quando, come tutti i lettori rammenteranno, il mondo fermò il respiro dinanzi alla catena di attentati che colpirono gli Stati Uniti, a partire dalle Twin Towers. Cosa ne è, dopo otto anni, degli effetti di quel catastrofico evento? La domanda è destinata, in tutta probabilità, a rimanere senza una risposta condivisa.
 
Claudio Vercelli

 
 
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Vertice Obama, Netanyahu e Abu Mazen,                                         
ancora incerta la data dell'incontro
Tel Aviv, 11 sett -
E' ancora incerto il vertice fra il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente dell'Anp Abu Mazen. Secondo anticipazioni stampa dovrebbe avere luogo a New York il 23 o il 24 settembre, allo scopo di rilanciare i negoziati israelo-palestinesi, di fatto bloccati dall'inizio dell'anno. Domani sera l'emissario di Obama, George Mitchell, tornerà a Gerusalemme per riprendere le spola fra israeliani e palestinesi.
 
 
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Il servizio Notizieflash è realizzato dall'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane in collaborazione con la Comunità Ebraica di Trieste, in redazione Daniela Gross.
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