Negba – Trani, la magia di lettere e numeri nella cultura ebraica

“Una parabola racconta di una lunga accesa discussione fra tutte le lettere dell’alfabeto ebraico, ognuna delle quali rivendicava il proprio diritto di iniziare la Bibbia. La scelta cadde infine sulla seconda lettera dell’alfabeto, la bet; la Bibbia inizia infatti con la parola ‘Bereshit‘, ‘In principio‘.
Apparentemente sarebbe stato più logico riservare questo onore alla prima lettera dell’alfabeto ebraico, la alef. Sempre secondo il racconto la alef si lamentò con D-o per questa ingiustizia e D-o rispose che non poteva cominciare a creare il mondo con la lettera alef perché con essa inizia la parola ‘arur‘, ‘maledetto‘, mentre con la lettera bet inizia la parola berachàh, benedizione. Se il mondo fa fatica a mantenersi in vita pur creato sotto gli auspici della bet, ci si chiede che cosa sarebbe successo se le cose fossero andate diversamente” . Inizia con questa affascinante storia l’intervento del rav Roberto Della Rocca alla conferenza Alfabeto ebraico numeri e Cabbalà, penultima tappa del Festival della cultura ebraica al Castello Svevo di Trani che si è concluso poi con la rappresentazione teatrale I silenzi di Joe di Fabio Della Seta, mentre contemporaneamente a Bari si svolgeva il concerto dei Boogie Balagan al Fortino Sant’Antonio.
La conferenza, cui hanno partecipato oltre al rav Della Rocca, il gallerista Ermanno Tedeschi che dedica da molti anni la sua attività alla cultura ebraica contemporanea e Tobia Ravà artista, che del misterioso universo delle lettere e dei numeri ebraici ha fatto il cuore della sua arte, ha tracciato un’attenta analisi dell’identità e dell’atteggiamento del popolo ebraico alla luce del suo alfabeto (nell’immagine da sinistra: Eramanno Tedeschi, Roberto Della Rocca e Tobia Ravà).
“Nell’alfabeto ebraico, spiega infatti il rav Della Rocca, ogni lettera può essere interpretata e ogni lettera ha una sua identità. L’alfabeto ebraico è da sempre qualcosa di più che un elenco convenzionale di segni”.
Sulla stessa linea interpretativa si è posto Tobia Ravà che ha proposto, al numeroso pubblico presente in sala, un’attenta analisi della storia della Cabbalà in due dei suoi filoni quello teosofico ed estatico e alla luce di una grande figura come quella di Avraham ben Samuel Abulafia (da cui questo secondo filone discende), uno dei maggiori studiosi della Cabbalà nato a Saragozza nel 1240 e giunto proprio a Trani nel 1280, con l’intento di arrivare a Roma per incontrare il papa.
Con l’intervento del gallerista Ermanno Tedeschi, l’obiettivo si sposta sull’arte. “Esiste un’arte ebraica o esiste solo una produzione di artisti israeliani e di artisti ebrei della diaspora? – e ancora – come si concilia quest’arte con il divieto imposto dalla Tradizione ebraica del culto delle immagini?”. Si domanda Ermanno Tedeschi: “Il popolo ebraico è un popolo che ha viaggiato, – osserva – e questo ha fatto sì che non si potesse creare una vera e propria arte ebraica, eppure sia in Israele che nella Diaspora esiste una grandissima produzione ebraica. L’arte avvicina, mi è capitato di organizzare mostre con artisti israeliani e artisti palestinesi e ho sentito di fare qualcosa per la pace.”
“L’arte – ha concluso Tedeschi – è un grandissimo elemento per superare il pregiudizio”.

Lucilla Efrati