Scialom Bahbout, rabbino capo
di Napoli
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La
tendenza alla disaffezione dalla vita ebraica può essere fermata?
Certamente! Come dicono i Maestri: “Chi desidera diventare saggio, vada
verso sud” (Bavà Batrà 25b).
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Gadi
Luzzatto
Voghera,
storico
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Mettere
in rete i musei ebraici mi sembra una buona idea. In genere le reti
culturali funzionano, costringono gli operatori a pensare e lavorare in
un’ottica meno legata al locale e maggiormente proiettata a una
strategia culturale condivisa con altre realtà. Ed è anche interessante
l’idea di proporre una visibilità sul web (almeno parziale) di quel che
offrono in termini di opere d’arte, testimonianze e percorsi didattici
i numerosi musei curati dalle comunità o dalle istituzioni pubbliche.
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Renzo Gattegna: "Futuro, responsabilità e risorse"
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"Se
è vero che l’immobilità è una pura illusione perché in verità chi non
avanza sicuramente retrocede, che la semplice conservazione senza
prospettive di sviluppo maschera la decadenza, che l’isolamento è la
peggiore minaccia per la nostra sopravvivenza, non possiamo e non
dobbiamo perdere l’occasione storica che le nostre generazioni stanno
vivendo di poter uscire coraggiosamente e definitivamente dal ruolo di
vittime in un mondo come l’attuale nel quale chi si sente vittima, e si
presenta come tale, prima o dopo lo diventa veramente". Lo ha
dichiarato il presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane
Renzo Gattegna nella relazione introduttiva al Consiglio UCEI dell'8
dicembre 2013.
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Voci a confronto
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Storico
accordo per salvare il Mar Morto tra Israele, Giordania e Autorità
Nazionale Palestinese. È prevista la costruzione di un acquedotto di
180 chilometri, che pomperà dal porto giordano di Aqaba l’acqua del Mar
Rosso. Oltre ad alimentare il Mar Morto, sarà trasformata in acqua
potabile. “L’accordo aiuterà la pace”?, si chiede Panorama. Giuliano
Ferrara, in un editoriale non firmato sul Foglio, prende spunto dalle
recenti affermazioni dell’onorevole Brunetta che aveva definito “una
marchetta” il finanziamento di 900mila europ alla Fondazione Memoriale
della Shoah di Milano. “L’inutile polemica fra Renato Brunetta e la
comunità ebraica – scrive – è un ‘classico dell’antisemitismo del
passato’, come è stato definito dagli storici. Poi c’è ‘l’antisemitismo
fattivo’, l’odio politico, morale e religioso per gli ebrei vivi, la
Shoah che lancia riverberi agghiaccianti sul presente”. La retorica
pseudoeducativa sull’antisemitismo, scrive ancora Ferrara, “è spesso
evocata per impedire, proibire, riconoscere la realtà attuale, di
chiamare le cose con il loro nome”. Così, mentre tutta la nostra
vigilanza morale veglia sui sei milioni di ebrei morti”, “esponiamo i
sei milioni di ebrei vivi alla violenza genocida”. Sull’inserto Sette
del Corriere della sera Stefano Jesurum riflette sul libro “Cosa
significa essere ebreo?” del sociologo Eliezer Ben Rafael (ed. Proedi,
scaricabile come ebook). “È un testo – scrive – che parla di
pluralismo, di forme di convivenza civile, di democrazia e di
cittadinanza nel rispetto della dignità individuale e delle comunità di
cui ciascuno fa parte. Palesemente, un tema che riguarda noi tutti, e
il cui respiro va ben oltre l’ambito ebraico”. La traduzione in
italiano è stata promossa dall’associazione di cultura ebraica Hans
Jonas. Sul Corriere della sera Danilo Taino parla delle lentezze della
burocrazia tedesca nel restituire le opere d’arte trafugate dai
nazisti. Un tema quanto mai attuale in considerazione del recente
ritrovamento a Monaco. “La Germania – si legge – predica bene ma
razzola male”.
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MEMORIA
Palatucci, si riaprono gli archivi
Prima
riunione per il “Gruppo di ricerca su Fiume-Palatucci 1938-1945”
convocato su impulso di Unione delle Comunità Ebraiche Italiane e
Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano con
l'obiettivo di far luce sulla figura del Giusto tra le Nazioni Giovanni
Palatucci (nell'immagine), che fu questore di Fiume e che fu ucciso a
Dachau nell'inverno del 1945.
L'incontro, svoltosi nei locali del Cdec, ha visto la partecipazione di
tutti i componenti dell'organo: Michele Sarfatti (Fondazione CDEC;
coordinatore del Gruppo), Mauro Canali (Università di Camerino), Matteo
Luigi Napolitano (Università degli Studi Guglielmo Marconi), Marcello
Pezzetti (Fondazione Museo della Shoah di Roma), Liliana Picciotto
(Fondazione CDEC), Micaela Procaccia (dirigente della Direzione
generale per gli archivi del Ministero dei Beni e delle Attività
Culturali e del Turismo), Susan Zuccotti (Centro Primo Levi, New York).
Numerosi gli aspetti messi a fuoco già a partire da questa prima
riunione, compreso l'avvio di una significativa ricognizione degli
archivi noti o ancora da consultare. Al termine dei lavori, previsti in
sei mesi, il Gruppo pubblicherà una relazione sui risultati delle
ricerche con allegati i documenti rilevanti.
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Kasher amaro
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Prodotti
kasher con un marchio unico nazionale, facilmente disponibili e a buon
mercato: forse se lo vorremo non sarà un sogno, e ha fatto bene Pagine
ebraiche a dedicare sul numero di dicembre ampio spazio a questo tema.
Intanto, però, soprattutto nelle medie e piccole comunità, facciamo i
conti con una realtà ben diversa, e in parte paradossale. Un tempo i
prodotti kasher semplicemente non c’erano e bisognava farli arrivare da
lontano (ricordo nella mia infanzia terribili formaggi olandesi, o
qualcosa del genere, che comparivano per Pesach); oggi pare che il
mercato internazionale kasher sia sempre più interessato all’Italia, e
ogni tanto ci giungono notizie di produzioni kasher a pochi chilometri
da noi destinate in toto all’esportazione e di cui per imperscrutabili
motivi non ci è concesso di usufruire (o, meglio, potremmo usufruire
delle nostre specialità locali solo facendole tornare indietro dai
luoghi a migliaia di chilometri di distanza in cui vengono inviate).
Quando sento queste notizie mi viene l’amaro in bocca.
Anna Segre, insegnante
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Il coraggio di Nekrasov |
Nel
lontano 1987, due mesi prima che si spegnesse a Parigi, ho avuto la
fortuna di conoscere lo scrittore russo Viktor Nekrasov, uno degli
esponenti più noti dell’emigrazione russa. Nekrasov non era ebreo, ma
la sua sensibilità verso la specificità della condizione ebraica era
davvero eccezionale ed eccezionale era il suo coraggio. Al suo impegno
si deve il primo monumento che a Babij Jar (presso Kiev) commemora le
vittime delle fucilazioni di massa perpetrate dai nazisti nel 1941 (tra
le cento e le centocinquantamila persone). Sergej Dovlatov, nel libro
di ritratti “Non solo Brodskij”, così lo ricorda: “Si commemorava
l’anniversario delle fucilazioni di massa di Babij Jar. Si svolgeva un
comizio non ufficiale. Tra i partecipanti c’era Viktor Nekrasov. Andò
al microfono e cominciò a parlare. Dalla folla qualcuno si mise a
gridare: - Qui non sono sepolti solo gli ebrei! - Sì, è vero, – rispose
Nekrasov, – è vero. Qui non sono sepolti solo gli ebrei. Ma solo gli
ebrei sono stati uccisi perché erano ebrei…”.
Laura Salmon, slavista
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